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Guerre, punto: Ucraina, tregua, manca sì Mosca; MO, Gaza a corto d’elettricità, Siria cruenta

Scritto in due versioni successive per The Watcher Post https://www.thewatcherpost.it/top-news/lucraina-verso-una-tregua-parziale-gaza-a-corto-di-elettricita-giorni-cruenti-in-siria/ e, in versioni diverse, per La Voce e il Tempo uscita il 13/03/2025 in data 16/03/2025, per il Corriere di Saluzzo del 13/0'3/2025 e per il blog di Media Duemila https://www.media2000.it/ucraina-verso-tregua-manca-il-si-mosca-e-il-ruolo-delleuropa/

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Guerre, punto – La parola al Cremlino. L’accordo raggiunto martedì in Arabia Saudita tra Usa e Ucraina appiana, senza cancellarle, le tensioni fra Washington e Kiev – esplose il 28 febbraio nello Studio Ovale, con la sceneggiata maramalda del presidente Donald Trump, spalleggiato dal suo vice JD Vance, sul presidente ucraino Volodymyr Zelensky -. Ma l’intesa non segna la fine, e neppure la sospensione, del conflitto in Ucraina, dove militari al fronte e civili nelle città sotto attacco continuano a morire, tre anni e tre settimane dopo l’invasione.

Manca l’ok di Mosca, che potrebbe anche essere imminente: Trump dice che conta parlare presto con il presidente russo Vladimir Putin e crede che tutto possa risolversi in settimana. Ma è possibile, anzi probabile, che la Russia chieda qualcosa in più di quanto ha già ottenuto: i territori occupati – ed è molto, un premio all’aggressione . Mosca vorrà un’Ucraina imbelle ai propri confini e, magari, l’uscita di scena di Zelensky.

E manca anche la definizione del ruolo che l’Europa dovrà, o potrà, avere nella pace ucraina, fornendo garanzie di sicurezza, partecipando alla ricostruzione, ancorando con la prospettiva dell’adesione la democrazia ucraina.

Martedì sera, la Ap sintetizzava così, in ottica americana, le notizie sull’Ucraina dall’Arabia Saudita: “L’Amministrazione Trump riprenderà immediatamente l’aiuto militare all’Ucraina e la condivisione delle informazioni di intelligence, poco più di una settimana dopo averli sospesi per spingere Kiev ad avviare negoziati per concludere la guerra con le forze d’invasione russe. L’Ucraina ha detto d’essere pronta a un cessate il fuoco di 30 giorni, sempre che il Cremlino lo accetti”.

Nell’ottica di Zelensky, ora tocca a Trump convincere Putin. Ma non è chiaro che cosa l’Ucraina abbia ottenuto dagli Stati Uniti in termini di garanzie di sicurezza. Mentre è abbastanza chiaro che Washington ha ottenuto da Kiev l’ok – ancora da formalizzare – allo sfruttamento delle sue risorse minerarie ed energetiche, terre rare in primo luogo -.

Quello di martedì è stato il primo incontro ad alto livello fra Usa e Ucraina dal 28 febbraio: l’ ‘esame di riparazione’ e andato bene, soprattutto perché Kiev s’è rassegnata alla ‘pace predatoria’ ipotizzata da Washington (fin dall’inizio c’era “un clima costruttivo”, come aveva riferito Euronews, captando sensazioni delle delegazioni). La dichiarazione congiunta diffusa dopo circa nove ore di discussioni cita “misure importanti per ripristinare una pace duratura per l’Ucraina”: il cessate-il-fuoco “immediato e provvisorio” potrà essere esteso di comune accordo tra le parti ed è soggetto all’accettazione e all’attuazione simultanea da parte della Russia.

Guerre, punto: Ucraina, combattimenti e attacchi
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Scena di guerra in Ucraina (Fonte: Euronews)

Se è vero che più i negoziati sono vicini, più i combattimenti sono furiosi, le ultime tragiche cronache ucraine vanno lette come segnali incoraggianti: i contendenti cercano di guadagnare posizioni, o di mostrare vitalità, prima di intavolare le trattative. Dopo notti di attacchi russi intensi e cruenti su obiettivi ucraini, la notte tra lunedì e martedì circa 350 droni ucraini sono stati lanciati sulla Russia (oltre 90 su Mosca), proprio nell’imminenza dell’inizio dei colloqui fra Usa e Ucraina.

La Russia sostiene di averne abbattuti 337, tra cui quasi tutti quelli diretti sulla capitale : l’obiettivo era una raffineria di petrolio -. Ma l’allarme è stato generalizzato: i voli da e per due degli aeroporti di Mosca, Domodedovo e Zhukovsky, hanno subito ritardi o sono stati dirottati su altri scali.

I raid ucraini sono costati la vita a tre persone, dicono i russi. I bombardamenti russi sul Donetsk hanno ucciso sei civili, fra cui due bambini, dicono gli ucraini.

Sul terreno, russi e ucraini si danno battaglia, dal Kursk al Donbas. Kiev starebbe valutando il ritiro dalla regione russa di Kursk, che ha parzialmente occupato ad agosto, perché 10 mila soldati sono a rischio accerchiamento, dopo che la Russia ha sfondato le linee di difesa principali. Media ucraini ammettono: “la logistica ucraina nell’Oblast di Kursk è stata distrutta” e “i soldati lì schierati vogliono ritirarsi”.

Guerre, punto: Ucraina, le proposte sul tavolo
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Manifestazione pro – Ucraina (Fonte: Euronews)

Nelle proposte ucraine inizialmente presentate oggi ai negoziatori statunitensi in Arabia Saudita, non c’era un cessate-il-fuoco generale, anche di terra, ma una tregua parziale, di cielo e mare. L’avvio dei colloqui era stato preceduto da un incontro tra il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman e il presidente Zelensky, la cui urgenza sono gli attacchi a lungo raggio sull’Ucraina condotti dalla Russia con droni e missili, oltre che le operazioni di combattimento nel Mar Nero. Kiev considera pure prioritario uno scambio di prigionieri su larga scala.

Per avere un cessate-il-fuoco, Zelensky era disposto a riprendere e a portare a termine il negoziato sulle risorse minerarie ed energetiche ucraine che interessano agli Stati Uniti, trattativa interrotta dopo la lite nello Studio Ovale. Per il segretario di Stato Usa Marc Rubio, quello del leader ucraino “è un atteggiamento incoraggiante”.

Dal canto suo, il magnate presidente resta interessato ad accaparrarsi le ‘terre rare’ e altre risorse ucraine. Steve Witkoff, l’uomo di fiducia di Trump per il Medio Oriente, presente a Gedda, ritiene che l’accordo possa chiudersi in settimana. E così, constata il Washington Post, lo strapotere Usa sul commercio di armi globale uscirebbe ulteriormente rafforzato dopo tre anni di invasione russa.

Guerre, punto: l’Europa cerca un ruolo e la sicurezza

Nel frattempo, l’Europa cerca di trovare un proprio ruolo nella coda del conflitto ucraino e una via per affrancarsi dal possibile disimpegno statunitense. Keir Starmer ha indetto una nuova riunione, questa volta virtuale, per sabato prossimo, fra i leader della cosiddetta “coalizione dei volenterosi”, disposti a garantire con uomini sul terreno la pace in Ucraina dopo un accordo di cessate-il-fuoco con la Russia.

Ed esponenti della Difesa di oltre 30 Paesi sono confluiti martedì a Parigi per partecipare a colloqui sulla creazione di una forza di sicurezza internazionale per l’Ucraina: c’erano capi di Stato Maggiore e alti ufficiali Nato. Il consulto è stato reso più febbrile dalle indiscrezioni d’origine svedese, e non confermate, circa un possibile disimpegno degli Stati Uniti da Europa e Nato: un’anticipazione potrebbe esserne la decisione di Washington di non partecipare alla pianificazione delle future esercitazioni militari in Europa. Il segretario generale dell’Alleanza atlantica Mark Rutte, che sarà a Washington giovedì e venerdì, s’appresta a incontrare Trump.

Per altre fonti, gli Usa stanno valutando di ritirare 35 mila soldati dalla Germania e di ridistribuirli nell’Europa dell’Est, in primis in Ungheria: una decisione che rischierebbe di rendere ancora più tese le relazioni transatlantiche. Il leader Usa ha più volte avvertito i partner europei che dovranno provvedere da soli alla loro sicurezza; ed è ora irritato perché proprio gli europei “paiono spingere per la guerra”, invece di indurre Kiev ad accettare una ‘pace resa’. “Non ci sono annunci imminenti, ma l’esercito sta considerando il ridispiegamento di truppe in tutto il mondo per affrontare al meglio le attuali minacce ai nostri interessi”, ha detto Brian Hughes, portavoce della Sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Le notizie che arrivano da Washington inducono molti in Europa ad alzare i toni. Il premier polacco Donald Tusk pensa di tornare al servizio di leva e ipotizza di avere mezzo milione di uomini in armi per fronteggiare la minaccia russa; e Politico gli attribuisce pure l’intenzione di dotarsi dell’atomica.

Guerre, punto: Usa/Ue, anche i dazi, non solo la sicurezza

L’entrata in vigore alla mezzanotte di martedì dei nuovi dazi del 25% su tutto l’import degli Usa d’acciaio e alluminio, da dovunque esso provenga, non migliora certo le relazioni con l’Ue e con tutti i partner commerciali degli Stati Uniti. La Commissione europea ha già pronta – riferisce Politico – una lista di ritorsioni lunga 99 pagine, dove ci sono i prodotti più disparati, ali di pollo, bikes, négligés.

Nonostante Trump assicuri che i nuovi dazi contribuiranno a creare posti di lavoro negli Usa ed a migliorare l’andamento dell’economia, le sue altalenanti decisioni stanno mettendo in confusione i mercati finanziari e stanno facendo crescere i timori di un rallentamento dell’economia. Le misure entrate in vigore eliminano tutte le esenzioni previste sui dazi già imposti dal 2018 e alzano i dazi sull’alluminio, che erano al 10%.

L’interrogativo, adesso, è quanto dureranno, visti gli ‘stop & go’ delle ultime settimane. Ad aprile, dovrebbero scattare altri dazi nei confronti dei Paesi Ue. I mercati finanziari continuano a reagire male all’altalena di annunci, decisioni e marce indietro.

Martedì, a Strasburgo, al Parlamento europeo, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha confermato la sua linea: riarmo dell’Europa per tenere lontana la minaccia russa, ma anche per parare al disimpegno statunitense. “Putin ha dimostrato di essere un vicino ostile, non ci si può fidare di lui, si può solo dissuaderlo – ha detto UvdL -… Il complesso militare russo sta superando il nostro… La produzione Europea è ancora su un ordine di grandezza inferiore…”. Ma, nei corridoi dei passin perduti dell’Assemblea comunitaria, c’è chi constata: “Dobbiamo guardarci da un aggressore, che è Putin, ma anche da un traditore, che è Trump”.

Guerre, punto: Israele preme sui palestinesi, Siria, bagliori di guerra civile

Mentre l’attenzione internazionale è più puntata sull’Ucraina, Israele taglia l’elettricità a Gaza, dopo avere già frenato i rifornimenti umanitari. Non è chiaro che impatto possa avere la nuova misura, ma si sa che gli impianti di desalinizzazione dell’acqua marina, indispensabili per la sopravvivenza nella Striscia, funzionano con l’energia israeliana.

250312 - Guerre - Hamas
Miliziani di Hamas a una delle cerimonie di liberazione degli ostaggi presi il 7 ottobre 2023 (Fonte: Euronews)

Il taglio dell’elettricità e la riduzione degli aiuti umanitari sono tutte forme di pressione dìu Hamas perché accetti, dopo la fine della prima fase della tregua iniziata il 20 gennaio e conclusasi a inizio marzo, di restituire tutti gli ostaggi ancora in suo possesso – una cinquantina, di cui solo 15, però, sarebbero ancora vivi – in cambio della liberazione di detenuti palestinesi dalle carceri israeliane, ma senza che le forze israeliane abbandonino la Striscia e senza ancora un’intesa sul futuro assetto del territorio devastato da oltre 17 mesi di guerra letale.

Si negozia, cogliendo l’opportunità della successione tra ilo Ramadan, il mese del digiuno islamico, in corso, e la Pasqua ebraica, ad aprile.

Ad accendersi, è invece di nuovo la Siria, dove, dopo giorni cruenti, il governo di Damasco ha fatto un accordo con i curdi del Nord-Est del Paese: l’intesa dovrebbe portare una gran parte della Siria sotto l’effettivo controllo delle forze che rovesciarono a dicembre il presidente Bashar al -Assad. L’accordo prevede un cessate-il-fuoco fra gli ex jihadisti ora al potere e le milizie curde, nel tempo foraggiate dagli Usa, e la confluenza degli armati curdi nell’esercito siriano.

La notizia dell’intesa viene dopo giorni di violenze nel Paese che avrebbero fatto oltre mille vittime, fra cui 750 civili, specie nella comunità alauita, sostenitrice del deposto presidente Assad: scontri, ma anche vendette ed esecuzioni. E’ stato uno degli scoppi di violenza settaria più sanguinosi dall’inizio della guerra civile in Siria, nel 2011. Le fonti del regime attribuiscono la responsabilità dei combattimenti, lungo la costa, a Latakia e a Tartus, a sostenitori del deposto presidente, che avrebbero teso imboscate alle forze governative.

 

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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