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Ucraina, MO: le guerre non finiscono mai; anzi ne comincia una nuova, sui dazi

Scritto per La Voce e il Tempo uscito le 03/04/2025 in data 06/04/2025 e, in versione diversa, per Il Corriere di Saluzzo dello 03/04/2025

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Le guerre, quelle dove si muore morti ammazzati sul campo di battaglia oppure dentro le case, sotto le bombe, non finiscono mai: in Ucraina, si continua a combattere ed a bombardare; e, nella Striscia di Gaza, gli israeliani fanno stragi di quasi ogni giorno. Ma è appena scoppiata una guerra diversa, quella dei dazi, gli Stati Uniti di Donald Trump, contro l’Universo Mondo: un conflitto le cui cronache non sono macchiate di sangue, ma che porta i geni del nazionalismo e del protezionismo, due cancri che hanno generato le due guerre mondiali.

Il processo di pace in Ucraina, che dopo la metà di marzo sembrava essersi sbloccato, è in stallo: dieci giorni dopo l’accordo di Riad tra Usa, Ucraina e Russia, che pareva un passo in avanti verso una tregua almeno parziale, il presidente Usa Donald Trump non cela la frustrazione nei confronti dei presidenti russo Vladimir Putin, che prima di rispettare le intese ha sempre una richiesta in più da esaudire, e ucraino Volodymyr Zelensky. che cincischia sul patto sulle terre rare.

Se la tregua non scatterà e se il cessate-il fuoco non sarà generalizzato per Pasqua, Trump minaccia di imporre dazi alla Russia e ai Paesi che acquistano petrolio da Mosca, ma è pronto a tornare a fare l’amico di Vladi se Vladi “farà la cosa giusta”.

Il Cremlino chiede che cadano le sanzioni all’export di cereali e fertilizzanti, per attuare la tregua degli attacchi sulle centrali e nel Mar Nero, ma conferma la disponibilità alle trattative. Il ministro degli Esteri russo Serguiei Lavrov dice che Russia e Usa preparano un nuovo incontro. Il suo vice Sergey Ryabkov, in un’intervista al magazine International Affairs, afferma: “Non abbiamo sentito da parte di Trump un segnale a Kiev per porre fine alla guerra. Allo stato, c’è un tentativo di trovare uno schema che permetta di arrivare a un cessate-il-fuoco, ma che non va alle radici del conflitto”.

Nella Striscia di Gaza, Israele continua a usare la forza; e colpisce nei Territori, in Libano, in Siria, mentre gli americani si occupano dello Yemen degli Huthi. In un contesto ulteriormente avvelenato dalla guerra dei dazi, il segretario di Stato Marco Rubio giunge a Bruxelles per un consulto Nato: troverà un clima di disagio.

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Merci in attesa in un porto (Scott McIntyre for The New York Times)

L’Ue sta approntando una ritorsione “ben calibrata” ai dazi di Trump, Ursula von der Leyen, presidente della Commissione europea, si impegna, di fronte al Parlamento di Strasburgo, ad usare “tutte le carte in suo possesso” per reagire alle mosse di Trump, pur auspicando soluzioni negoziali alle beghe commerciali.

Quanto alla “coalizione dei volenterosi”, che mira ad offrire garanzie di sicurezza all’Ucraina dopo la tregua, si ritroverà il 10 aprile a Bruxelles: ci sono allo studio una gamma di opzioni, fra cui quella di dare sostegno a Kiev senza spiegare truppe sul territorio ucraino. Infatti, scrive Le Monde, “l’ipotesi di schierare in Ucraina una forza europea resta nel limbo”, fra contrarietà, perplessità e, soprattutto, incertezze sulle condizioni di una tregua che non c’è.

Guerre: Ucraina, Zelensky tra l’incudine Trump e il martello Putin

Stretto tra l’incudine Trump e il martello Putin, con gli europei che – al più – gli offrono un cuscino per attutire i colpi, il presidente ucraino Zelensky tentenna sulla nuova proposta avanzata da Trump all’Ucraina sullo sfruttamento delle terre rare. Le Monde parla di un “dilemma per Zelensky”, perché “il partenariatio economico suggerito dall’Amministrazione Usa appare come la riduzione dell’Ucraina a Stato vassallo degli Stati Uniti, con il trasferimento a Washington dei diritti su tutte le sue risorse e le sue infrastrutture”.

Il presidente ucraino si mostra, invece, condiscendente sulla possibilità di indire elezioni se e quando si arriverà ad una tregua con la Russia. Le presidenziali dovevano tenersi quasi un anno fa, nel maggio del 2024, ma furono rinviate in forza della legge marziale in vigore durante il conflitto. Entro il 5 maggio la Verkhovna Rada, il Parlamento ucraino, dovrà decidere se estendere o meno l’applicazione della legge marziale. A questo pounto, Zelensky avrebbe intenzione di procedere velocemente verso il voto, per non dare tempo all’opposizione di organizzarsi.

Da tempo, Putin gioca la carta dell’illegittimità del ruolo di Zelensky come presidente dell’Ucraina e come interlocutore; e ora chiede una “amministrazione transitoria” sotto l’egida dell’Onu, verso elezioni presidenziali “democratiche”. Il Cremlino sarebbe poi pronto a negoziare un’intesa di pace con i nuovi rappresentanti del popolo ucraino (ma non è affatto detto che Zelensky perda il voto).

A replicare per prima al disegno di Putin, è stata la Germania: per il portavoce del governo tedesco, Steffen Hebestreit, “Zelensky è il presidente legittimo degli ucraini e tratta per loro”. Pure gli Usa hanno respinto la proposta di Putin.

Il presidente russo ha intanto firmato un decreto sulla leva di primavera, per cui saranno reclutati 150 mila russi fra i 18 e i 30 anni di età. Un segnale in più che, in attesa del cessate-il-fuoco, che non appare imminente, Mosca sta preparando una nuova offensiva militare, per acquisire posizioni di forza nel negoziato con Kiev. Nei giorni scorsi Zelensky aveva detto che la Russia stava preparando offensive nelle regioni di Sumy, Kharkiv e Zaporizzhia.

Sul campo, i due eserciti continuano a scambiarsi colpi e, la notte, attacchi aerei con missili e droni. mentre sulla violazione dei siti energetici teoricamente esclusi dai bombardamenti, Mosca e Kiev si accusano a vicenda.

Guerre: MO, Israele aumenta la pressione, vuole librare così gli ostaggi
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Palestinesi nella Striscia di Gaza (Fonte: Awaaz)

L’esercito israeliano ha ulteriormente intensificato la campagna contro Hamas, lanciando ripetuti attacchi letali sulla Striscia di Gaza, anche nel primo giorno dell’Eid-al-Fitr, la festa che chiude il Ramadan, il mese del digiuno dei musulmani. Fra le vittime, bambini, donne, intere famiglie ed equipaggi di soccorritori, fra cui operatori al lavoro per l’Onu.

Da quando Israele ha unilateralmente rotto la tregua protrattasi dal 20 gennaio al 20 marzo, raid e incursioni nella Striscia di Gaza si sono succeduti: centinaia i palestinesi uccisi, circa 900, secondo le fonti sanitarie palestinesi – complessivamente, le vittime della guerra si avvicinano a 51 mila -. Mentre il blocco degli aiuti umanitari – viveri, medicinali, energia – è pressoché completo e l’Onu ha persino dovuto chiudere i suoi panifici che contribuivano a sfamare la popolazione.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu e i suoi ministri dell’estrema destra ultra-religiosa dicono che questo è il modo migliore per ottenere la liberazione degli ostaggi tuttora nelle mani di Hamas e di altre sigle terroristiche palestinesi, dopo i raid in Israele che il 7 ottobre 2023 fecero 1200 vittime e portarono al sequestro di oltre 250 persone. Di queste, una cinquantina non sono ancora state restituite alle loro famiglie e 24 sarebbero ancora in vita. Per Netanyahu, la pressione militare, che comprende ordini di evacuazione della popolazione da intere aree della Striscia, “sta funzionando”.

L’esercito militare non opera solo nella Striscia: colpisce in Libano, dove sostiene di avere distrutto un deposito di droni di Hezbollah nella periferia meridionale della capitale Beirut, dopo che razzi erano stati lanciati contro lo Stato ebraico. Il presidente libanese Joseph Khalil Aoun, in visita in Francia, ha accusato Israele di “violazioni della tregua continue”. Il premier Netanyahu ha replicato: “L’equazione è cambiata: ciò che è accaduto prima del 7 ottobre non si ripeterà; non permetteremo più alcun attacco contro le nostre comunità, neanche il minimo”.

Alla recrudescenza dell’attività militare in Medio Oriente, contribuiscono gli Stati Uniti: dalla metà di marzo, conducono operazioni contro le postazioni degli Huthi nello Yemen: le milizie sciite lanciano razzi contro Israele – finora, tutti intercettati – e attaccano mercantili nel Golfo Persico.

Una novità emersa negli ultimi giorni sono le proteste dei palestinesi a Gaza contro Hamas, che testimoniano come l’equazione israeliana ‘palestinesi = Hamas’ sia falsa. Secondo video condivisi sui social media, i manifestanti che per più giorni consecutivi sono scesi in strada a Jabalia, nel nord della Striscia, portavano cartelli con la scritta “Fuori Hamas”.

Le proteste contro Hamas non sono, in realtà, inedite: si sono manifestate fin dal 2017 e sono state più volte represse. Ma la comunità occidentale pare accorgersene solo adesso: “L’Unione europea – dice a Bruxelles un portavoce della Commissione europea – prende atto delle manifestazioni in atto in tutta la Striscia di Gaza e sostiene il diritto dei gazawi a manifestare pacificamente per costruire un futuro migliore per loro stessi. Abbiamo già affermato che non dovrebbe esserci alcun ruolo futuro per Hamas nel governo di Gaza”.

Groenlandia: terreno d’intesa, o di spartizione?, tra Trump e Putin
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Il vice-presidente degli Stati Uniti JD Vance in visita in Groenlandia (Fonte: WP)

La fretta di Trump a mettere le mani sulla Groenlandia ha trovato una spalla inattesa in Putin, che la giudica non sorprendente e che ne trova le radici nella storia degli Usa, da tempo interessati all’isola ricca di minerali e collocata in posizione strategica. Parlando a un forum nel porto di Murmansk, sull’Artico, Putin ha ricordato che i primi piani statunitensi di acquisizione della Groenlandia sono del XIX Secolo e che, dopo la Seconda Guerra Mondiale, Washington propose a Copenaghen d’acquistare l’allora Territorio danese.

Il presidente russo non è parso contrariato dall’attivismo di Trump verso la Groenlandia, che, invece, irrita gli europei. Purché la Russia, però, possa tutelare i suoi interessi nella regione artica. Preoccupata dalle attività della Nato nell’area, Mosca intende rafforzare la presenza militare al di là del circolo polare, dove il cambiamento climatico offre rotte alla navigazione e crescenti prospettive di sfruttamento delle risorse minerarie.

Anche la Cina, oltre ad altri Stati come Canada, Norvegia e Danimarca, hanno mostrato interesse per la regione artica, dove, secondo alcune stime, vi sarebbero un quarto delle risorse di petrolio e gas ancora non scoperte sulla Terra.

Cina: mosse e contromosse tra il Pentagono e Pechino

Intanto, il segretario alla Difesa Pete Hegseth sta riorientando il Pentagono per dissuadere la Cina dall’impadronirsi di Taiwan e per concentrare l’apparato militare degli Stati Uniti sulla difesa del territorio nazionale. Secondo un’analisi condotta dal Washington Post, il documento programmatico di Hegseth riproduce quasi parola per parola un documento prodotto dal think tank conservatore Heritage Foundation, che era all’ordigine del contestato e da Trump ufficialmente disconosciuto Project 2025, molte delle cui idee, tuttavia, si ritrovano nelle scelte e nei comportamenti dell’Amministrazione Trump 2.

A sua volta, la Cina ha condotto le ennesime esercitazioni militari intorno a Taiwan, mandando, così, un segnale “alle forze separatiste” favorevoli all’indipendenza dell’isola. Le manovre, che coinvolgevano l’esercito, la marina, l’aviazione e l’artiglieria missilistica, sono iniziative il giorno dopo che Hegseth, in visita in Asia, aveva espresso l’intenzione Usa di contrastare “ l’aggressione della Cina” nell’Indo-Pacifico. Le fonti di Taipei hanno denunciato le esercitazioni cinesi come “pericolose”, “irresponsabili” e “totalmente inaccettabili”.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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