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Guerre: punto, Israele minaccia ripresa conflitto, Ucraina cerca negoziato, Ue a finestra

Scritto il 12/02/2025 in versioni diverse per The Watcher Post https://www.thewatcherpost.it/top-news/guerre-il-punto-israele-minaccia-la-ripresa-del-conflitto-ucraina-cerca-il-negoziato-ue-alla-finestra/, La Voce e il Tempo uscita il 13/02/2025 in data 16/02/2025 e il Corriere di Saluzzo del 13/02/2025

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Guerre, punto – Quello che era un timore è ormai purtroppo una realtà e rischia di divenire tragedia a fine settimana: il piano da immobiliarista senza scrupoli del presidente Usa Donald Trump per la Striscia di Gaza – deportare i palestinesi e farci nelle sue parole una “Riviera del Medio Oriente” – non è un viatico per la pace tra israeliani e palestinesi, ma è l’innesco di una nuova fase della guerra sanguinosa che speravamo si fosse chiusa dopo quasi un anno e mezzo di combattimenti e devastazioni e circa 50 mila vittime complessive.

La minaccia di Hamas di posticipare la liberazione –prevista sabato 15 febbraio– di alcuni ostaggi catturati nei raid terroristici del 7 ottobre 2023 spinge il premier israeliano Benjamin Netanyahu a replicare: “Sarà di nuovo guerra”. E Trump gli dà un pieno avallo: se Hamas non rispetterà le intese, “si scatenerà l’inferno”, anche se spetta a Israele decidere il da farsi. Hamas, dal canto suo, osserva che gli accordi “vanno rispettati da entrambe le parti” – Israele sta facendo melina nei negoziati sulla seconda fase della tregua avviata il 20 gennaio – e che “il linguaggio delle minacce non ha valore e complica le cose”.

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Un momento della conferenza stampa di Benjamin Netanyahu e Donald Trump (Ericv Lee / The New York Times)

Hamas spiega che la decisione di posticipare la liberazione degli ostaggi deriva dal fatto che Israele ritarda il ritorno a casa degli sfollati e rallenta il flusso degli aiuti. C’è ancora tempo per aggiustare le cose, di qui a domenica, ma, nel clima di sfiducia alimentato dalla proposta di Trump per Gaza, ha a rilievo la notizia che il più anziano degli ostaggi, Shlomo Mantzur, 86 anni, non farà più ritorno a casa: l’uomo è morto, anzi sarebbe stato ammazzato già nel giorno del sequestro. A essere restituito, sarà solo il suo corpo.

In Israele, le famiglie degli ostaggi vivono nel terrore che i tre liberati sabato scorso – tre uomini, apparsi in condizioni fisiche precarie – possano essere gli ultimi restituiti, almeno per ora. Le idee di Trump, osteggiate dai Paesi arabi e non condivise dagli alleati europei, non sono fin qui d’aiuto: Abdallah II, re di Giordania, gli ha detto chiaro e tondo, martedì 11, nello Studio Ovale, di essere contrario alla deportazione dei palestinesi dalla Striscia e di non essere disposto ad accoglierli, nonostante la minaccia di tagli degli aiuti Usa al suo Paese.

Guerre: punto, Ucraina, fermento negoziale, contatti Usa – Russia

Sul fronte ucraino, a quasi tre anni dall’inizio del conflitto – l’invasione russa scattò il 24 febbraio 2022 -, c’è fermento negoziale, nonostante sul terreno i russi continuino ad avanzare e la notte piovano sempre ordigni sulle installazioni militari e industriali ucraine. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky prospetta “uno scambio di territori” con la Russia al tavolo delle trattative: quelli nell’area di Kursk, occupati dagli ucraini con un blitz l’anno scorso, e quelli – molto più vasti – occupati dai russi in Ucraina.

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Fronte di guerra in Ucraina d’inverno (Mauricio Lima for The New York Times)

In un’intervista a The Guardian, Zelensky non indica di quali dei territori ucraini occupati chiederà la restituzione: ”Tutti i nostri territori sono importanti: non c’è una priorità”. In parallelo, agli Usa, perché continuino a fornire aiuti militari al suo Paese, il presidente offre le terre rare di cui l’Ucraina è ricca e che sono indispensabili alle tecnologie d’avanguardia.

Le terre rare sono un insieme di 17 elementi necessari, fra l’altro, alla telefonia mobile, ai computer e alle auto elettriche. Trump ne vuole l’equivalente di 500 miliardi di dollari, in compensazione degli aiuti già forniti e prossimi venturi. Attualmente, l‘estrazione in Ucraina è rallentata, se non bloccata, dalla guerra, oltre che dalle normative esistenti. Stati Uniti ed Unione europea vogliono ridurre la loro dipendenza dalla Cina, che è il maggior produttore mondiale di terre rare.

Ci sono anche ciontatti diretti tra Washington e Mosca. Il presidente russo Vladimir Putin “vuole che la gente smetta di morire”: è quanto Trump ha ricavato da un colloquio telefonico di cui lui è finora lì’unica fonte – ne ha parlato in un’intervista al New York Post –. I riscontri da Mosca sono vaghi, ma da settimane circolano indiscrezioni su un possibile imminente vertice fra i due leader.

Il clima di dialogo tra Washington e Mosca trova un riflesso nel rilascio dalle prigioni russe, avvenuto l’11 febbraio, di un cittadino statunitense Marc Fogel, nel quadro di un’intesa annunciata dal consigliere Usa per la Sicurezza nazionale Michael Walz. Fogel, un insegnante di storia, originario della Pennsylvania, detenuto dall’agosto 2021, stava scontando una condanna a 14 anni: era stato trovato in possesso di una modesta quantità di marijuana terapeutica, prescritta per il mal di schiena negli Usa, ma vietata in Russia, Walz ha definito l’accordo “uno scambio”, senza però chiarire i termini, negoziato dall’inviato di Trump per il Medio Oriente Steve Witkoff.

Guerre: punto, l’Europa alla finestra tra minacce commerciali e incertezze elettorali

In tutto questo fermento, l’Europa alla finestra nell’imminenza delle elezioni tedesche, che, domenica 23 febbraio, incideranno sugli equilibri politici nell’Unione: dovrebbero rafforzare il peso dei popolari, con la vittoria dei cristiano-sociali, e indebolire quello dei socialisti, mentre un’avanzata, largamente pronosticata, dell’estrema destra di Alternative fur Deutschland, confermerebbe la forza nel continente dei movimenti nazionalisti, sovranisti, anti-migranti.

Il voto tedesco arriva in un contesto febbrile per molti Paesi Ue, dalla Francia, dove il governo ha appena superato il test del bilancio e può solo ora lavorare con qualche serenità, alla Romania, dove il presidente Klaus Iohannis ha annunciato le sue dimissioni, nelle more di nuove elezioni dopo quelle cancellate fra molte contestazioni lo scorso anno.

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FILE – Sen. J.D. Vance, R-Ohio, speaks at a press conference, May 13, 2024, in New York. Republican presidential candidate former President Donald Trump says Ohio Sen. JD Vance will be his vice presidential pick. He says on his Truth Social Network that, “After lengthy deliberation and thought, and considering the tremendous talents of many others, I have decided that the person best suited to assume the position of Vice President of the United States is Senator J.D. Vance of the Great State of Ohio.” (AP Photo/Stefan Jeremiah, File)

Questa settimana, i leader dell’Ue hanno avuto i primi contatti diretti con il Trump 2, per la presenza in Europa, al vertice di Parigi sull’intelligenza artificiale, organizzato dal presidente francese Emmanuel Macron, e all’annuale simposio sulla sicurezza di Monaco di Baviera, del vice di Trump JD Vance, arrivato dopo l’imposizione di dazi universali sull’acciaio e l’alluminio e venuto a fare lezione sull’approccio da avere sulle nuove tecnologie e sulla difesa.

L’atteggiamento di Vance ha suscitato riflessi negativi. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen anticipa “una risposta ferma e proporzionata” ai dazi che colpiscono l’export dei 27: “Reagiremo… Tuteleremo i nostri interessi economici, proteggeremo i nostri lavoratori, imprenditori, consumatori…”.

Politico rileva la difficoltà della missione “potenzialmente contraddittoria” di UvdL con Vance, venuto in Europa come un ‘missionario del trumpismo’: cercare di avere relazioni transatlantiche “produttive” e, nel contempo, affermare la capacità e la volontà dell’Europa di darsi e di seguire proprie regole.

Vale pure per i dazi imposti e levati e poi re-imposti (del 25% su acciaio e alluminio da ogni dove), che segnano il ritorno al protezionismo che fa binomio con l’imperialismo dei progetti su Canada, Panama, Groenlandia. Un quadro da Anni Trenta del XX Secolo: un viatico per la guerra, altroché la pace.

Anche Papa Francesco ha criticato il Trump 2 e specialmente le politiche sui migranti: in una lettera ai vescovi statunitensi, che ha avuto larga eco sui media Usa, Francesco contesta la difesa quasi “teologica” del programma di deportazione dei migranti fatta da Vance. L’Ap rileva l’importanza – e l’eccezionalità – dell’iniziativa del Papa.

Trump 2: immobiliarismo imperialista e tentazioni d’autoritarismo

Sarà pure il presidente degli Stati Uniti, ma Donald Trump tratta gli affari del Mondo con lo spirito dell’imprenditore immobiliare. Per Trump, Gaza “è l’ultimo obiettivo del destino manifesto degli Stati Uniti”, dopo i proclami d’annessione del Canada, d’acquisizione della Groenlandia, di controllo sul Canale di Panama. Per Ishaan Tharoor del Washington Post, il futuro della Striscia s’inserisce nel disegno neo-imperialista del magnate presidente.

Se Trump gioca al risiko dell’immobiliarista, il suo sodale Elon Musk rende più efficiente l’Amministrazione americana con i metodi a suo tempo usati per trasformare Twitter (una macchina per soldi abbastanza rispettosa della verità) in X (una macchina per soldi che fa fango): licenzia quanti assicurano la qualità del prodotto e mantiene quelli che servono alla redditività. Solo che l’Amministrazione pubblica non deve rendere ricco chi la gestisce, ma offrire servizi ai cittadini.

Sul Washington Post, Amber Phillips si chiede “che cosa succede, se Trump non rispetta gli ordini dei giudici”, che gli contestano illegalità e incostituzionalità dei suoi ordini? E altri media si fanno la stessa domanda e parlano apertamente di “una crisi istituzionale negli Stati Uniti”. Allargando lo sguardo, Foireign Affairs, la rivista del Center foìr Foreign Relations, un thing tank, esplora “la via all’autoritarismo americano: che cosa succede quando la democrazia si guasta”.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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