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Corea: Trump fa un passo al Nord e dà la mano a Kim

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 01/07/2019

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Un passo nella storia. O solo un passo sul palcoscenico della diplomazia spettacolo, quello che Donald Trump predilige: il magnate presidente ha ieri traversato da solo il confine fra le due Coree a Panmunjom ed è così diventato il primo presidente degli Stati Uniti a mettere piede nella Corea del Nord. Dopo la stretta di mano con il dittatore nord-coreano Kim Jong-un, Trump ha detto: “Mi sento benissimo”.

“E’ un piacere vederti di nuovo”, è stato il saluto del magnate al dittatore, che ha risposto che “non si sarebbe mai aspettato” d’incontrarlo a Panmunjom. Soprattutto dopo che il loro secondo Vertice, ad Hanoi, a fine febbraio, era finito con un nulla di fatto stizzito, da ambo le parti. Nelle settimane e nei mesi successivi, Kim era di nuovo diventato il cattivo, con lanci di missili dimostrativi – tanto per ricordare che la Corea del Nord era e resta una potenza nucleare – e una serie di atrocità non confermate attribuitegli dalle intelligence americana e sud-coreana.

La sceneggiata di ieri è stata organizzata in gran segreto, appendice del G20 di Osaka in Giappone, dove Trump è stato il solito rompiscatole sui fronti multilaterali – scambi, clima, innovazione – e dove ha vantato come successi tutti i suoi bilaterali, a iniziare dai due più attesi e sulla carta spinosi con i presidenti russo Vladimir Putin e cinese Xi Jinping. Il colloquio con Xi ha prodotto – proprio come avvenne l’anno scorso al G20 di Buenos Aires – un riavvio dei negoziati commerciali Usa-Cina. Xi, che è stato di recente a Pyongyang, oltre che a Mosca, ha certamente fornito qualche input a Trump sui rapporti con la Corea del Nord.

Il magante presidente è poi andato da Osaka a Seul, per incontrare il vero artefice di questa nuova distensione coreana, il presidente sud-coreano Moon Jae-in; e, quindi, al confine tra le due Coree, lungo la linea demilitarizzata che corre sull 38° parallelo e che, dal 1953, è una delle frontiere più calde al Mondo. A Panmunjon, dove, nell’inverno del 2018, si erano già incontrati Moon e Kim, ci sono stati lo ‘sconfinamento’ di Trump e la stretta di mano con Kim.

Dopo la simbolica ‘passeggiata’ in territorio nord-coreano, i due sono tornati alla linea di confine, dove si sono messi in posa per le foto di rito. Ripassati a Sud, hanno risposto con accenti retorici alle domande dei giornalisti: Kim, “E’ un passo che apre un nuovo futuro”; Trump, “è un onore” essere stato il primo presidente Usa ad andare al Nord, “è un grande onore”.

I due sono poi stati raggiunti da Moon e, quindi, hanno avuto un colloquio informale, in un edificio di servizio. Ne è scaturita – fonte Trump – l’ipotesi di riprendere a luglio i negoziati sul nucleare, che, finora, non hanno prodotto alcun risultato, anche perché gli Usa non hanno fatto concessioni sul fronte delle sanzioni.

Il gesto di Trump, che era nell’aria da sabato a Osaka, ma che non era stato confermato, ha suscitato echi positivi in Estremo Oriente ed ha acceso una speranza in Papa Francesco (“sia un passo verso la pace”). A Washington, invece, i leader democratici e gli aspiranti alla nomination per Usa 2020 sono estremamente critici sullo “show con il dittatore” del presidente, che – osservano all’unisono – continua a legittimare con i suoi comportamenti il terzo rampollo dell’unica dinastia comunista esistente.

Senza per altro ottenere risultati: Trump tratta da amico Kim, che ha l’atomica; e tratta da nemico l’Iran, che non ce l’ha e che s’è impegnato a non dotarsene. Una contraddizione stridente, che potrebbe essere forviera di conseguenze.

Nonostante la cordialità ostentata dai due presidente e le promesse di denuclearizzare la penisola, Kim continua a percorrere la strada del nucleare. Secondo il Sipri, l’Istituto di Stoccolma che è un’autorità in materia, la Corea del Nord ha prodotto nel 2018 circa una decina di nuove testate atomiche e dispone, al 31 dicembre, di due o tre decine di ordigni. Il Nord “continui a dare priorità ai programmi militari atomici quale parte centrale delle sue strategie sulla sicurezza nazionale, anche se nel 2018 ha annunciato una moratoria sui test atomici e sui lanci di missili a medio e lungo raggio”. E a maggio c’è pure stata una prova di forza missilistica.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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