Che fosse brutta, ‘sta storia di Trump presidente degli Stati Uniti, lo s’era capito subito. Ma così brutta, pochi forse se l’aspettavano. Molti s’illudevano che il Trump presidente fosse una cosa diversa dal Trump candidato. Probabilmente gli stessi inguaribili ottimisti che, avendo ora constatato che il Trump presidente è la stessa cosa del Trump candidato, anzi è peggio, perché ha il potere di fare quel che prima si limitava a dire, azzardano l’ipotesi che Trump faccia il duro per negoziare.
Ma con chi?, e perché? Trump, in realtà, per il momento negozia pochissimo: licenzia ministri come manco in The Apprentice; distribuisce ceffoni e/o pacche sulle spalle; e, sulle misure anti-Islam e anti-rifugiati, ha dalla sua la maggioranza dell’opinione pubblica degli Stati Uniti, secondo gli ultimi sondaggi – per quello che valgono, visto che un altro dice che più del 50% degli americani lo disapprova -.
Il magnate presidente agisce senza freni e senza remore, all’interno e all’esterno, dove attacca la Germania e la Merkel (“Profitta dell’euro”). Il 20 febbraio sarà il President Day negli Stati Uniti: a New York, si preparano a celebrare il ‘Not My President Day2’, mentre in Gran Bretagna i Comuni, investiti da due milioni di firme, discuteranno, il 21 febbraio, una mozione contro la visita di Stato di Trump in Gran Bretagna prevista per marzo.
Nella lettera d’invito ai leader dei 28, per il Vertice europeo di Malta, venerdì prossimo, Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, esprime preoccupazione perché le scelte di Trump sembrano rovesciare gli ultimi anni della politica estera degli Stati Uniti e mettono l’Ue in una situazione difficile, con l’avallo alla Brexit e con l’appello ad altri Stati a lasciare l’Unione. Il ciclone che investe l’America travolgerà l’Europa?