Il cessate-il-fuoco “completo e totale” tra Israele e Iran, annunciato, a sorpresa, ieri sera, intorno alle 18.00 ora di Washington, la mezzanotte italiana, dal presidente Donald Trump, è in vigore dalle 06.00 di questa mattina, con modalità articolate e ancora da verificare. La tregua dovrebbe preludere alla “fine ufficiale” – parole di Trump – delle ostilità fra i due Paesi.
L’annuncio del presidente degli Stati Uniti seguiva di 36 ore i bombardamenti, la notte tra sabato e domenica, di tre siti nucleari iraniani da parte americana e chiudeva una giornata densa d’incontri diplomatici, ma pure d’attacchi incrociati.
L’entrata in vigore del cessate-il-fuoco coincide con l’inizio all’Aia, in Olanda, del Vertice della Nato, che deve fissare, fra l’altro, l’obiettivo del 5% del Pil di spese per la difesa, da raggiungere entro il 2035 – ma gli Usa chiedono che sia il 2032 -.
Trump arriverà all’Aia in serata, dopo avere rinviato d’un giorno la partenza inizialmente prevista ieri per seguire gli sviluppi della crisi con l’Iran. Non è chiaro se Trump avesse già percezione dell’eventualità d’una tregua o se volesse ribadire il disinteresse per la diplomazia multilaterale, come già fatto la settimana scorsa in Canada, abbandonando con un giorno d’anticipo il Vertice del G7. Il Vertice della Nato si concluderà domani.
Israele-Iran: prima e dopo l’annuncio di Trump, ore concitate
Nel suo messaggio, un lungo e piuttosto confuso post sul suo social Truth, il magnate presidente si congratula con entrambi i Paesi, dicendo che il conflitto, senza l’intervento degli Stati Uniti, poteva “andare avanti per anni e distruggere l’intero Medio Oriente”. Invece, Trump ha già deciso il nome con cui questa guerra passerà alla storia: “La guerra dei 12 giorni”, che echeggia ‘La guerra dei sei giorni’ del 1967 vinta da Israele contro i Paesi arabi confinanti, Siria, Giordania, Egitto.
Né l’Iran né Israele hanno immediatamente corroborato con annunci ufficiali le parole di Trump, anche se non si hanno notizie di attacchi israeliani su obiettivi iraniani dalle quattro del mattino: fino a quel momento, c’erano stati pesanti attacchi israeliani su Teheran e altre città. Israele, invece, segnala lanci di missili iraniani su Beer Sheva, con quattro vittime e decine di feriti.
L’Iran, tramite il ministro degli Esteri Abbas Araghchi, ricevuto ieri a Mosca dal presidente russo Vladimir Putin, ha detto che sospenderà gli attacchi, se Israele sospenderà i suoi. E la tv di Stato iraniana ha pure confermato l’accordo, la cui tenuta va comunque verificata nei fatti.
La repentina svolta nella guerra tra Israele-Iran, cui gli Stati Uniti si erano appena uniti, è arrivata poco dopo che l’Iran aveva fatto una ritorsione pressoché simbolica contro la presenza militare degli Stati Uniti in Medio Oriente, lanciando un numero di missili pari alle bombe Usa sganciate contro i suoi siti nucleari – 12 – contro una base nel Qatar, la Al Udeid Air Base, la maggiore base militare Usa nella Regione, potenziale obiettivo primario della prevista ritorsione iraniana.
Le modalità della ritorsione, però, erano state interpretate più come un segnale di distensione che come un segnale di escalation: l’Iran aveva infatti avvertito il anticipo il Qatar di quel che stava per fare e il Qatar ne aveva informato le autorità statunitensi, consentendo la messa in sicurezza di civili e militari e la chiusura dello spazio aereo: i missili iraniani sarebbero stati tutti intercettati e non avrebbero causato vittime. I militari italiani presenti nell’area sono tutti sani e salvi.
Una base degli Usa in Iraq è stata attaccata con un missile. Un’installazione militare in Siria, nella provincia di Hasakah, è stata oggetto di tiri di mortaio. L’allarme s’è esteso a Kuwait e Bahrein. E mentre ancora Israele e Iran si scambiavano colpi, la guida suprema iraniana, l’ayatollah Ali Khamenei, sentenziava che “il nemico sionista ha commesso un grande crimine e un grave errore”: “Deve essere punito e verrà punito”.
Incontrando il ministro Araghchi, Putin gli ha detto che “l’aggressione contro l’Iran non ha giustificazioni” e che “in nessun caso Paesi terzi” possono decidere un cambio di regime altrui. Ma il leader del Cremlino ha tenuto a precisare che i raid americani sui tre siti nucleari iraniani “non intaccano il dialogo” tra Washington e Mosca, specie sulla guerra in Ucraina.
La capa della diplomazia europea Kaje Kallas, dopo una riunione dei ministri degli Esteri dei 27, ha detto che “l’Ue è unita per mantenere il dialogo aperto”, anche se osservatori rilevano che Antonio Costa e Ursula von der Leyen, i presidenti del Consiglio e della Commissione europei, non sono perfettamente allineati nella valutazione degli ultimi sviluppi mediorientali.
Trump, in giornata, se l’era presa con l’ex presidente ed ex premier russo Dmitry Medvedev, che aveva minimizzato i danni inferti agli Stati Uniti dai bombardamenti statunitensi e aveva detto che Teheran può proseguire i suoi programmi nucleari.
A proposito dell’entità dei danni subiti dagli impianti iraniani, il direttore generale dell’Aiea, l’Agenzia dell’Onu per l’energia atomica, Rafael Grossi, chiede che i suoi ispettori possano valutarli, anche per capire la pericolosità della situazione e lo stato delle scorte d’uranio, “specie dei 400 kg arricchiti al 60%”.
Nella giornata di ieri, prima dell’inizio della tregua, Israele ha scagliato l’attacco più violento dall’inizio dei bombardamenti sull’Iran, colpendo obiettivi simbolo, come l’ingresso del carcere di Evin, dove il regime rinchiude i dissidenti, e il quartier generale della sicurezza interna delle Guardie Rivoluzionarie. Altro ordigni hanno ancora preso di mira la televisione di Stato iraniana.
Nato: l’aumento delle spese per la difesa e il ‘caso Spagna’
Sul fronte Nato, resta aperto il caso Spagna. Madrid non intende superare il 2% del Pil in spese per la difesa. E’ polemica tra il segretario generale della Nato Marc Rutte e il premier spagnolo Pedro Sanchez su una deroga a Madrid.
L’accordo prevede di portare le spese per la difesa al 5% del Pil entro il 2035 (3,5% di spese propriamente militari e 1,5% di spese per la sicurezza), con una verifica nel 2029. Si osserva che nessuno dei leader che prendono oggi l’impegno sarà presente alla scadenza (e moltissimi neppure al momento della verifica).
Intanto la guerra in Ucraina prosegue: bombe russe su Kiev hanno fatto ieri nove morti e 31 feriti; due vittime anche a Odessa. Per Putin, l’obiettivo ora è conquistare Sumy. I servizi segreti ucraini sostengono di avere sventato un attentato al presidente ucraino Volodymyr Zelensky nell’aeroporto di Rzeszów, in Polonia. Al Vertice della Nato, non ci sarà occasione d’incontro Trump – Zelensky.