I dazi imposti su larga scala dal presidente Usa Donald Trump sono illegali: sono stati introdotti applicando una legge che non poteva essere utilizzata nelle attuali circostanze. La sentenza, emessa ieri sera, a mercati chiusi, da una corte d’appello federale monopolizza le prime pagine, anche se l’impatto resta incerto. Non ci aprono solo i media Usa, ma anche molti europei, come Le Monde e Financial Times.
“Con un’importante sentenza, una corte federale infligge uno smacco devastante ai dazi di Trump”, titola Fox News, che in genere non ci va giù pesante con il magnate presidente. Il titolo della Cnn è molto simile: “Una corte d’appello federale smantella gran parte dei dazi imposti da Trump”.
Che, però, restano in vigore, almeno fino alla metà di ottobre, in attesa del ricorso già annunciato dell’Amministrazione Trump 2, che si rivolgerà alla Corte Suprema, dove conta di avere una spalla nei giudici amici (sei su nove sono conservatori e almeno due sono apertamente trumpiani).
Dazi: la sentenza dei giudizi e l’impatto nel racconto dei media
Che cos’è dunque successo? Una corte d’appello federale ha ritenuto incostituzionali i dazi imposti da Trump, pur lasciandoli per ora in vigore. “Il verdetto – nota l’Ap – complica il disegno di Trump di stravolgere a modo suo decenni di politica commerciale degli Stati Uniti”.
I giudici d’appello – spiega il New York Times – hanno confermato una sentenza di primo grado, secondo cui i dazi di Trump sono stati decisi in modo illegale, usando una legge che conferisce sì poteri straordinari al presidente, ma solo in caso di crisi internazionale e di minaccia alla sicurezza degli Stati Uniti – circostanze assenti, a parere dei giudici -.
La legge in questione – precisa il Washington Post – è del 1977 ed è nota come the International Emergency Economic Powers Act ed è pensata per contrastare minacce all’Unione, mentre Trump l’ha usata per scatenare una guerra commerciale globale. La corte s’è pronunciata a maggioranza – sette contro quattro –. L’Ap aggiunge che il presidente ha altre vie legali per imporre dazi, ma che esse sono meno rapide e meno radicali di come lui vorrebbe.
Non è affatto chiaro che cosa accadrà ora. Il Wall Street Journal puntualizza che i dazi in vigore restano validi “in attesa di ulteriori sviluppi giudiziari”. Ma di certo la situazione di incertezza, negativa di per sé per l’economia, è destinata a protrarsi.
Trump 2: come Crono, divora, cioè licenzia, i suoi figli
La sentenza sui dazi non è stata l’unica sconfitta giudiziaria subita dall’Amministrazione Trump 2 ieri: un giudice ha temporaneamente bloccato la deportazione con modi spicci di migranti illegalmente presenti sul territorio statunitense, senza previo esame giudiziario delle loro istanze.
Secondo il WP, la sentenza, innescata dal ricorso di gruppi per i diritti dei migranti contro l’espansione brusca e indiscriminata delle deportazioni, segna “una battuta d’0arresto” per l’agenda anti-migranti di Trump, che prevede deportazioni di massa.

Facendo riferimento alla decisione di Trump di licenziare la direttrice del Centro per il controllo delle malattie, il Cdc di Atlanta, Susan Monarez, insediatasi da meno di un mese dopo essere stata confermata nell’incarico dal Senato, il Wall Street Journal scrive che il magnate presidente, come già fece nel primo mandato, quando pochissimi collaboratori da lui scelti resistettero al loro posto per quattro anni, “ha iniziato a mangiare i propri figli”, come faceva Crono, il padre di Giove, e cioè a sbarazzarsi di quelli da lui scelti.
Intanto, però, continua a ‘fare fuori’ quelli che non condividono le sue scelte: ieri alcuni funzionari dell’Agenzia per l’Ambiente che avevano firmato una lettera critica sugli orientamenti ‘ecologici’ della nuova Amministrazione sono stati licenziati, in un’ennesima dimostrazione di intolleranza verso il dissenso in seno alla burocrazia federale. Complessivamente, sono quasi 150 i dipendenti dell’Epa licenziati per avere firmato quella lettera.

In un altro gesto di ritorsione verso i suoi avversari, il presidente Trump ha revocato la protezione del Secret Service alla ex vice-presidente e sua rivale nelle presidenziali 2024 Kamala Harris, proprio nel momento in cui Harris si accinge a intraprendere un viaggio promozionale in tutti i 50 Stati dell’Unione per il lancio di un suo libro (e magari per tastare le sue chances verso Usa 2028).
La legge stabilisce che gli ex vice-presidenti godano della protezione del Secret Service per sei mesi dopo la fine del loro mandato, ma il presidente Joe Biden, prima di lasciare l’incarico, aveva esteso tale protezione per Harris a un anno, cioè fino al 20 gennaio 2026.
Infine, in un’ennesima sfida all’autorità del Congresso in materia di spese, Trump ha informato Camera e Senato che non intende spendere 4,9 miliardi di dollari in aiuti all’estero già autorizzati, ricorrendo a una manovra, chiamata ‘pocket rescission’, non utilizzata da quasi 50 anni.
Trump intende così confermare i drastici tagli agli aiuti internazionali e al contempo ridurre di fatto il bilancio senza l’autorizzazione del potere legislativo, creandosi spazi di spesa per il 2026. L’iniziativa si presterà a proteste politiche e, probabilmente, a contestazioni giudiziarie.