Trump 2 – Alla vigilia dell’entrata in vigore, giovedì 7 agosto, dei dazi negoziati o imposti unilateralmente all’Amministrazione Trump 2, le dichiarazioni a raffica del magnate presidente riducono le già poche certezze e alimentano la già grande confusione. Esse hanno più eco nei Paesi potenzialmente colpiti dalle misure che sui media Usa, forse stanchi di correre dietro la ridda di cifre e di ipotesi.
La scadenza sui dazi s’interseca con l’ultimatum alla Russia perché avvii negoziati di pace, o almeno per una tregua, in Ucraina – venerdì 8 agosto – e con la vigilia della riunione del governo israeliano, che deve decidere se e come proseguire la guerra e se e come occupare la Striscia di Gaza.
Dazi: Trump, al 35% per l’Ue senza investimenti
Intervistato dalla Cnbc, Trump ha minacciato l’Ue di alzare i dazi fino al 35% sull’export europeo, rispetto al 15% concordato con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nell’incontro in Scozia il 27 luglio, se l’Unione on rispetterà l’impegno di investire negli Usa 600 miliardi di dollari “per farci quello che vogliamo”: “L’unica ragione per cui gli ho abbassati al 15% è stata questa”, ha affermato il magnate presidente.

La clausola è una delle più controverse – e di per sé misteriosa – dell’intesa intercorsa fra Trump e Uvdl, perché l’Ue non ha modo di investire negli Stati Uniti, ma può solo invitare gli Stati, e soprattutto gli imprenditori, a farlo.
Nella stessa intervista, Trump ha inoltre minacciato l’India di aumentarle “sostanzialmente” i dazi “nelle prossime 24 ore” perché continua a fare affari con la Russia, vendendole armi e comprandone energia. E ha fatto dichiarazioni apertamente contraddittorie l’una con l’altra: ha detto che annuncerà le percentuali dei dazi su chip e semiconduttori “la prossima settimana o poco dopo” e che imporrà dazi molto bassi sui medicinali; e, subito dopo, ha detto che i dazi Usa sui medicinali potrebbero arrivare al 250%.
In questo bailamme, c’è chi mostra fiducia e ‘abbassa la guardia’, come fanno i 27 dell’Ue, accantonando le ritorsioni previste in caso di ‘guerra dei dazi’ con gli Usa; e chi prova a negoziare fino all’ultimo. La presidente svizzera Karin Keller-Sutter e il ministro dell’Economia Guy Parmelin sono a Washington per cercare di evitare i dazi al 39% da domani sull’export elvetico. “L’obiettivo è presentare agli Stati Uniti un’offerta” mche consenta di “ridurre il livello dei dazi, tenendo pure conto delle preoccupazioni degli Usa”, afferma il governo di Berna in una nota.
Nel mese di giugno, secondo il Bureau of Economic Analysis del Dipartimento del Commercio, c’è stata una riduzione del deficit commerciale degli Stati Uniti, causa un forte calo dell’import di beni di consumo: è l’ennesima prova dell’impatto dei dazi di Trump sul commercio globale. Il disavanzo commerciale globale Usa si è ridotto del 16%, attestandosi a 60,2 miliardi di dollari.
Dazi: l’Ue non si scompone di fronte alle minacce di Trump
Come riferisce sull’ANSA Valentina Brini, Bruxelles non si scompone di fronte alle turbolenze che arrivano da Washington: “Il tetto del 15% continua a essere lo scudo presentato dalla Commissione come una ‘polizza assicurativa’ valida per tutti i settori, compresi medicinali e semi-conduttori”. Ma quella soglia è anche “una linea rossa”: se Washington dovesse andare oltre, l’Ue “ha gli strumenti per reagire”. Anche se le contromisure già predisposte sono ora congelate per sei mesi – ma possono essere sbloccate in qualsiasi momento -.
Secondo le fonti europee, il primo testo congiunto davvero condiviso tra Bruxelles e Washington è ormai “in fase avanzata”, sul tavolo dei negoziatori Usa Howard Lutnick e Jamieson Greer, con cui il negoziatore europeo Maros Sefcovic mantiene un canale “costruttivo”. Anche se tutti sanno bene che l’ultima parola sarà quella del magnate presidente.
Il capitolo investimenti e acquisti di energia – per un totale superiore ai mille miliardi di euro – è incandescente: l’esecutivo dell’Ue è ben consapevole di non potere garantire impegni che sono pertinenti al settore privato. Bruxelles intravvede schiarite per il settore automobilistico, dove i dazi dovrebbero scendere – è l’interpretazione europea – dal 27,5 al 15%. Ma servirà un nuovo ordine esecutivo di Trump.
La Commissione di dice “determinata a lottare su ogni singolo prodotto” ritenuto strategico, settore per settore, per strappare dazi zero o almeno il trattamento della nazione più favorita, pari al 4,8%. Gli aerei e i loro componenti dovrebbero essere i primi a beneficiarne e avrebbero già trovato posto nel testo congiunto. Per tutto il resto – dal vino ai liquori, fino ai medicinali e ai prodotti chimici – servirà pazienza e un negoziato che durerà “probabilmente mesi” per definire l’accordo finale.
Anche le tensioni interne all’Unione non sono appianate. Bruxelles insiste che il processo negoziale ha coinvolto costantemente i 27, sottolineando come la scelta dell’escalation fosse portata avanti solo da una minoranza di Paesi. Ma le critiche del ministro dell’Economia tedesco Lars Klingbeil colpiscono nel vivo l’esecutivo di UvdL, che ricorda come Berlino ha sostenuto la strada negoziale, l’unica considerata in grado “di garantire stabilità e di difendere l’interesse comune europeo”.