Per causare il danno fatto ai gasdotti NordStream, devono essere stati utilizzati esplosivi equivalenti in potenza a 500 chilogrammi di tritolo: le valutazioni di fonte tedesca, riferite da Der Spiegel, avallano ulteriormente l’ipotesi che dietro il sabotaggio possa esserci un attore statale.
Il settimanale scrive che sommozzatori o un robot telecomandato avrebbero già raccolto elementi sul fondo del Baltico, ma non è chiaro se e quante tracce utili abbiano trovato. Berlino ha finora evitato di fare ipotesi sulle origini del danneggiamento.
Il misfatto, che è correlato all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, c’è stato: all’inizio della settimana, in seguito a esplosioni avvertite anche dai sismografi e la cui natura non sarebbe accidentale, grosse falle si sono aperte nei gasdotti NordStream e NordStream 2, ancora inattivo. L’allarme viene Il NordStream porta il gas proveniente dalla Russia in Europa occidentale, passando sotto il Baltico e traversando poi la Germania.
La pista del sabotaggio
Né il responsabile né il movente sono noti: s’intrecciano accuse e illazioni; il classico ‘cui prodest’, questa volta, non è di grande aiuto, perché non punta in nessuna direzione in modo convincente. Anzi, in realtà, nessuno pare avere interesse a che il NordStream non funzioni: gli europei rischiano di perdere un flusso di gas ancora importante per le loro economie e il loro benessere; i russi rischiano di perderci un mucchio di soldi; americani e ucraini non paiono guadagnarci nulla.
Intanto, la situazione s’aggrava: una quarta fuoriuscita di gas è stata scoperta; e molte fonti, a partire da quelle svedesi e danesi, le più vicine alla ‘scena del crimine’, a 80 metri di profondità, indicano che si tratta di un atto di sabotaggio.
Ieri, il Consiglio Atlantico, in una dichiarazione sottoscritta anche da Svezia e Finlandia, affermava: “Il danneggiamento dei gasdotti Nordstream nelle acque internazionali del Mar Baltico desta profonda preoccupazione: le informazioni attualmente disponibili indicano che si tratta del risultato di atti di sabotaggio deliberati, sconsiderati e irresponsabili”.
Mosca respinge i sospetti e li scarica su Washington, che respinge le illazioni come “ridicole”. E Mosca chiede una riunione straordinaria del Consiglio di Sicurezza dell’Onu e una commissione d’inchiesta indipendente. Il rimpallo di responsabilità non ha finora condotto a risultati certi: la Cnn riferisce della presenza nei pressi delle esplosioni di quattro unità navali russe, ma si ignora se esse abbiano qualcosa a che vedere con l’accaduto o se non siano lì per raccogliere informazioni. Parallelamente, fonti russe segnalano la presenza di unità navali e mezzi militari Usa nell’area.
Per indagare sull’accaduto, e per garantire la sicurezza della navigazione, la Danimarca ha disposto un perimetro di sicurezza di cinque miglia nautiche intorno al luogo dell’esplosione, dove il mare ribolle per il gas che sale in superficie, e una no fly zone al di sopra dell’area. La Svezia collabora con i danesi.
Il giallo del tweet dell’ex ministro polacco
L’ex ministro degli Esteri polacco, attualmente europarlamentare, Radoslav Sikorski crea scalpore con un tweet che sembra suggerire che gli Stati Uniti siano, in qualche modo, coinvolti nell’attacco al NordStream. Sikorski posta una foto del luogo dell’incidente con la didascalia “Grazie, USA”. E poi aggiunge: “Non c’è carenza di capacità nei gasdotti per il trasporto di gas dalla Russia all’Europa, compresa la Germania. L’unica logica di NordStream – sostiene – è quella di permettere a “Putin di ricattare impunemente o dichiarare guerra all’Europa orientale”.
La portavoce del ministero degli Esteri russo Maria Zakharova, che aveva già chiamato in causa Biden, si chiede se la dichiarazione di Sikorsky “significa che si tratta di un attacco terroristico”. L’ex ministro risponde ancora in maniera sibillina: “Tutti gli Stati baltici e l’Ucraina si sono opposti alla costruzione di NordStream per 20 anni. Ora 20 miliardi di dollari di rottami metallici giacciono sul fondo del mare: un altro costo per la Russia per la sua decisione criminale di invadere Ucraina. Qualcuno ha fatto un’operazione di manutenzione speciale” – il gioco di parole finale non indica, però, a chi Sikorsky stia pendando).
Fin dai primi momenti, agli esperti è parso difficile che la perdita di pressione avvertita nei gasdotti sia frutto di un caso o di un incidente. La pista più battuta è stata subito quella d’un’operazione fatta da sommozzatori di una marina o con un sommergibile.
Il quotidiano tedesco Tagesspiegel scrive: “La nostra fantasia non sa trovare uno scenario diverso dall’ipotesi di un attacco mirato … Tutto fa pensare che non sia stato un caso”. Il giornale esplicita ipotesi: all’origine del sabotaggio, potrebbe esserci l’Ucraina o qualche suo alleato; oppure potrebbe trattarsi di un’operazione russa sotto falsa bandiera, per alimentare maggiore insicurezza e fare ulteriormente salire i prezzi del gas. Cosa che, nell’immediato, s’è puntualmente verificata, anche se i flussi non sono stati intaccati, non essendo il NordStream in servizio al momento delle esplosioni.
La struttura societaria e i dati del gasdotto
La società che gestisce il gasdotto è la Nord Stream AG, che ha sede a Zugo in Svizzera ed è posseduta al 51% da Gazprom, il gigante del gas russo, con partecipazioni tedesche – Ruhrgas e Wintershall -, francesi – Gaz de France – Suez – e olandesi – Gasunie -.
La capacità del gasdotto è di 55 miliardi di m3 di gas l’anno su due linee parallele. Il diametro interno del tubo è di 1153,0 mm, oltre un metro. La lunghezza del gasdotto è di 1.220 km: partenza da Vyborg, in Russia, e arrivo a Greifswald, in Germania, dove NordStream si collega alla rete onshore tedesca e da qui al sistema continentale europeo.
Il raddoppio del NordStream con il NordStream 2, sostenuto dalla Germania, era sempre osteggiato dagli Usa. A febbraio, prima dello scoppio del conflitto, il presidente Joe Biden aveva detto che un’invasione dell’Ucraina avrebbe segnato la fine del NordStream2.
I costi e chi paga cosa
Gli analisti non hanno ancora fatto stime precise dei possibili costi di ripristino del NordStream, ma una domanda ricorrente è: ‘Chi pagherà?’. Secondo gli accordi, gli operatori del NordStream, filiali di Gazprom, devono effettuare riparazioni. E, molto probabilmente, dovranno assumere per farlo organizzazioni specializzate.
Ma a spese di chi? L’agenzia di stampa statale russa Ria Novosti scrive: “Logicamente, i costi dovrebbero essere coperti dai responsabili delle perdite. Ma non è chiaro come chiamarli a renderne conto. Forse il tribunale arbitrale di Stoccolma o un altro tribunale internazionale se ne occuperà”, afferma Leonid Khazanov, un esperto industriale indipendente.
Due fonti del mercato assicurativo dicono a Ria Novosti che i gasdotti NordStream e NordStream 2 erano assicurati da compagnie straniere, ma i termini dell’assicurazione sono sconosciuti. Se l’incidente viene riconosciuto come un evento assicurato, l’assicuratore pagherà, ma sarà necessario un processo, ha osservato Dmitry Adamidov, analista indipendente nel settore energetico.
Tuttavia, secondo Adamidov, la questione principale non sonol al momento, i soldi. Dati gli attuali problemi tra la Russia e l’industria e la logistica europee, nonché le sanzioni reciproche, non sarà così facile effettuare un ordine per il ripristino del gasdotto e delle unità. Né molte persone o aziende hanno la competenza per riparare un condotto marittimo a quella profondità e in condizioni di sicurezza. Tanto più se l’acqua del Mar Baltico fosse penetrata nelle tubature.
L’impatto ambientale
Greenpeace scrive che, secondo calcoli preliminari, il potenziale impatto climatico della fuoriuscita di metano dai NordStream potrebbe essere di 30 milioni di tonnellate di CO2eq nell’arco di 20 anni: “Le perdite di gas sono un disastro climatico”.
Il gas che fuoriesce è quasi interamente metano. Nel prossimo ventennio, un arco di tempo cruciale per l’azione sul clima, ogni tonnellata di metano emessa avrà impatto pari a 84 tonnellate di CO2eq.
Il governo danese fornisce misure più a misura d’uomo: il danno ambientale è pari alle emissioni di gas serra di due milioni di auto in un anno. Nelle due condutture si stima ci fossero 778 milioni di m3 di metano, circa 400.000 tonnellate: un gasdotto, anche fermo, deve comunque essere pieno e in pressione. Le quattro falle dovrebbero svuotare completamente le condutture entro domenica.
A quel punto, a poche miglia marine dalla Danimarca, in cinque giorni sarà uscito tanto gas serra quanto il 32% delle emissioni annuali di tutto il Paese. E’ il peggiore disastro ambientale del tipo nella storia: peggio della falla di Aliso Canyon, nel 2015, in California, quando erano fuoriuscite 100.000 tonnellate di metano.