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Usa 2020: Trump positivo, per chi vota il coronavirus?

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 03/10/2020

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A un mese esatto dall’Election Day, il contesto della corsa alla Casa Bianca cambia radicalmente. E non è chiaro a favore di chi. La notizia che il presidente degli Stati Uniti eè positivo al coronavirus, potenzialmente letale, congela in queste ore la campagna. Il contagio del magnate non significa solo un’unità in più nei conteggi della Johns Hopkins University, che, alle 12.00 di ieri sulla East Coast, contava nell’Unione oltre 7.300.000 casi e oltre 208.000 decessi.

Donald Trump, positivo come la moglie Melania, accusa “lievi sintomi”, “tipo raffreddore”, riferisce il capo dello staff della Casa Bianca Mark Meadows, ma continua a lavorare e può adempiere ai compiti del suo ufficio, garantisce il suo medico, Sean Conley. La sorpresa d’ottobre, che si pensava potesse essere un vaccino a fine mese, è arrivata presto ed è stata un contagio.

Il presidente era parso “letargico” a quanti erano giovedì a una raccolta di fondi nel suo club di golf a Bedminster, nel New Jersey: Ma poteva anche essere solo la stanchezza della campagna e il calo di tensione dopo il dibattito zuffa di martedì notte con il suo rivale Joe Biden.

Il vice-presidente Mike Pence e sua moglie, che come i Trump si sottopongono al test ogni giorno da mesi, continuano a risultare negativi. Pence “rimane in buona salute” e augura al presidente pronta guarigione. Come fanno Biden e Kamala Harris e, da ogni parte del Mondo, leader che, magari, non lo amano e non lo stimano, ma che mostrano vicinanza. Il più caloroso è il messaggio di Vladimir Putin: “La tua energia, il tuo spirito e il tuo ottimismo ti aiuteranno a battere il virus”. E ancora non sappiamo che cosa gli abbia scritto, se gli ha scritto, il suo ‘amico’ Kim Jong-un, che gli manda ‘lettere d’amore’. Borse e mercati subiscono qualche scossone, ma non è un terremoto.

L’incognita è se fra gli americani che sanno di avere un presidente positivo e sintomatico   scatterà la sindrome del ‘ben gli sta!’ o quella del ‘poverino’: per uno che va in giro ostentatamente senza mascherina e che snobba medici e virologi; o per uno che lavora senza posa per il bene dell’Unione (e per la sua rielezione).

La prima è la reazione di chi pensa con sarcasmo al filotto dei più o meno ‘negazionisti’, finiti tutti contagiati, Boris Johnson, Jair Messias Bolsonaro e ora Trump: se prevale, sarebbe politicamente letale. La seconda ridarebbe fiato a una campagna alle prese con l’epidemia e l’economia, Law&Order e la Corte Suprema, le tasse e i dibattiti: la malattia può ‘umanizzare’ il magnate e rendere più esitante Biden, che già non ha l’istinto del killer ed esita ad affondare il colpo. Sarà però difficile mettere il virus in un canto, come il presidente cercava di fare.

Per il momento, Trump ha sospeso i suoi impegni e fa il ‘positivo’ modello: rispetta le disposizioni dei medici – del resto, a 74 anni è un soggetto a rischio, sovrappeso e con problemi di cuore -.

Il buon senso di queste ore non cancella, però, i comizi senza mascherina e senza distanziamento, da Tulsa in poi; le ammucchiate senza precauzioni durante la Convention repubblicana a Baltimora e alla Casa Bianca; la spinta a riaprire business, scuole e sport; le contrapposizioni con gli esperti e gli inviti a curarsi con farmaci non avallati dalla scienza o addirittura “con una goccia di candeggina in un bicchiere d’acqua”; i voli affollati sull’AirforceOne e quelli addirittura pigiati in elicottero, dove c’era pure la responsabile della comunicazione Hope Hicks, l’ ‘untrice’ – i media dicono che sta male -.

Di sicuro, erano quasi quarant’anni, dal 1981, da quando Ronald Reagan fu vittima di un attentato e fu in pericolo di vita, che non c’era tanta apprensione per la salute di un presidente degli Stati Uniti. L’annuncio con un tweet all’una di notte è un fattore di drammatizzazione, in un Paese fortemente polarizzato, nel pieno di una campagna elettorale e con il voto già in corso in molti Stati.

E c’è chi mette sotto accusa i comportamenti della Casa Bianca: la positività della Hicks non è stata subito annunciata e i suoi colleghi e collaboratori hanno continuato giovedì a lavorare come se nulla fosse. La giovane e disinvolta (nelle sue affermazioni) portavoce del presidente Kayleigh McEnany, che aveva appena viaggiato con la Hicks, ha fatto il suo briefing senza parlarne e senza mascherina.

L’impatto del contagio del presidente candidato sull’Election Day è impossibile da prevedere: non è escluso che gli giovi. Ma lo scenario delle prossime settimane sarà soprattutto funzione del decorso del virus sul presidente: tutto è incerto, a cominciare dai dibattiti tv restanti, il 15 e il 22 – un’opzione è di farli a distanza: così, almeno, si eviterebbero le interruzioni -. Pare invece confermato il dibattito fra i vice, la prossima settimana.

Biden, 78 anni e la Harris hanno fatto il test e sono risultati negativi. Il candidato democratico è stato fin qui molto più prudente di Trump e continuerà a esserlo.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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