L’avanzata turca in territorio curdo, nel Nord-Est della Siria, è sanguinosa: bombardamenti da terra e dal cielo, morti, feriti, sfollati – già 140 mila, potrebbero diventare 400 mila. Ma i curdi resistono, mentre l’America di Trump scappa: facendo l’ennesima giravolta nell’ultima settimana, il magnate ordina l’evacuazione dei mille soldati statunitensi dislocati nell’area del fronte, proprio come cuscinetto tra turchi e curdi.
Il Pentagono spiega che l’ordine di Trump, che lo aveva già annunciato via tweet, ma che l’aveva poi ridimensionato, parlando del riposizionamento d’una cinquantina di uomini, è venuto dopo un consulto alla Casa Bianca, per evitare che le unità di terra Usa rimangano intrappolate sulla linea dei combattimenti.
Il migliaio di uomini verranno per il momento trasferiti più a sud, in altre basi Usa siriane. Non si tratta, quindi, di un “venire via da una guerra lontana e inutile”, come Trump ha ripetutamente definito il conflitto siriano; ma di abbandonare i curdi al proprio destino, cioè alla ‘macelleria’ turca e dei loro alleati, fra cui fonti locali indicano bande di taglia-gola del sedicente Stato islamico, l’Isis, che ritrova vigore nella recrudescenza dei combattimenti.
Sull’altro piatto della bilancia, ci sono le “severe sanzioni” che gli Stati Uniti stanno per imporre alla Turchia: per Trump, c’è “un ampio consenso” nel Congresso su questo punto, cui stanno lavorando senatori repubblicani e democratici.
Sul fronte dell’avanzata, il ministero della Difesa turco comunica che le forze di Ankara hanno preso il controllo di Suluk e Tel Abyad e della M-4, l’autostrada strategica nel Nord-Est della Siria, nei pressi della quale sabato sei civili siriani erano stati sommariamente fucilati a sangue freddo da miliziani filo-turchi. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani fonti, ieri almeno 24 civili sono stati uccisi. Secondo fonti curde, 800 miliziani dell’Isis sarebbero scappati dalle loro carceri. Ed è grande in tutto il mondo l’eco della morte, sabato, a Qamishli, vittima di un bombardamento o di un attentato, non è ancora chiaro, dell’attivista per i diritti delle donne Havrin Khalaf.
Fra i ‘caduti’ di ieri, anche due giornalisti, uno curdo e uno straniero – se ne ignora la nazionalità -: viaggiavano con sei colleghi su un pulmino centrato da proiettili d’artiglieria turca sulla strada tra Qamishli e la città di frontiera di Ras al Ayn / Serekaniye. Ne dà notizia Hawar News, il sito curdo-siriano per cui lavorava il giornalista curdo ucciso, identificato come Saad al Ahmad.
Abbandonati dagli americani, nonostante le promesse di Trump di colpire con sanzioni la Turchia, se non rispetta gli impegni – ma quali?, quelli di esercitare la forza con moderazione? -, i curdi starebbero trovando alleati scivolosi nei russi e nei siriani. Le forze curdo-siriane si sono accordate con la Russia per consentire all’esercito governativo siriano d’entrare in due località chiave nell’Est del Paese, ancora controllate dalle forze curde, per aiutarle a respingere l’avanzata turca. In base all’intesa, ufficialmente confermata ieri sera, truppe di Damasco sono pronte a entrare a Manbij e Kobane, rispettivamente a ovest e a est dell’Eufrate: Kobane è il simbolo per antonomasia dell’eroismo dei combattenti curdi di fronte ai miliziani dell’Isis; ed è là che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan vuole che i suoi uomini arrivino.
Secondo media di Damasco e fonti dell’opposizione, il regime siriano e responsabili curdi si sono scambiati, con il tramite dei russi, messaggi per verificare la reciproca disponibilità al dialogo e alla cooperazione.
Spiazzata da Trump, la diplomazia internazionale preme su Ankara perché fermi l’avanzata. Oggi, a Lussemburgo, i ministri degli Esteri dei 28 discutono se bloccare le vendite di armi alla Turchia, come chiede l’Italia. Diversi Paesi dell’Ue, e della Nato, lo hanno già fatto, Germania, Francia, Norvegia, Svezia, Danimarca, Olanda, Finlandia; e nulla vieta all’Italia di farlo autonomamente, senza aspettare un’intesa europea. Che, dice Erdogan, al telefono con Angela Merkel, “non ci fermerà”:
Scavando negli oltre otto anni di guerra civile in Siria, dove molti fronti si sono intrecciati, anti – Assad, anti – Isis, anti – curdi, il New York Times ha accertato che a Russia ha ripetutamente bombardato ospedali in Siria per sopraffare le sacche di resistenza dei ribelli al regime. L’inchiesta del giornale si basa su migliaia di registrazioni radio dell’aviazione militare russa. Tra il 5 e il 6 maggio scorso sarebbero stati condotti almeno quattro attacchi a ospedali civili nel giro di 12 ore. Le rivelazioni del giornale acuisce le preoccupazioni per quanto può avvenire in Siria, nel momento in cui gli Usa stanno lasciando campo libero ad altre forze, turche, lealiste, russe.