HomeMondoHong Kong: i botti di festa della Cina sono pallottole

Hong Kong: i botti di festa della Cina sono pallottole

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 02/10/2019

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Quando uno sparo in una strada di Hong Kong fa più rumore del rombare dei carri coi super-missili sulla piazza Tienanmen a Pechino. Nel giorno in cui la Cina comunista celebra il 70° anniversario della sua fondazione, sfoggiando una potenza militare inedita, le manifestazioni di Hong Kong sciorinano di fronte al Mondo le sue fragilità: la difficoltà di dialogare con il proprio popolo, se non è docile e remissivo; e l’incapacità di evitare che il confronto degeneri in scontro.

La sequenza del poliziotto che spara al petto, all’altezza del cuore, a un manifestante di 18 anni diventerà un’icona come quella del ‘rivoltoso sconosciuto’ che il 4 giugno 1989 si parò, solo e inerme, davanti alla colonna di blindati giunti a sedare la protesta.

Il video è un condensato di violenza: la rabbia del giovane, la paura dell’agente, bardato in tenuta anti-sommossa. La scena è su Hoi Pa Street, nel distretto di Tsuen Wan, sulla baia, di fronte all’isola di Tsing Yi.  Il colpo viene esploso a meno di un metro di distanza: l’intento è di colpire, non di dare un avvertimento.

Bilanci ancora provvisori della giornata forse più tesa e drammatica di questa lunga e convulsa stagione di proteste a Hong Kong riferiscono di 100 manifestanti arrestati, 51 persone ricoverate o curate in ospedale, due gravi – una è lo studente di 18 anni -. Gli scontri violenti – la polizia schierava agenti dei corpi speciali – sono maturati in 13 distretti; in nove, sono stati usati più volte gli spray al peperoncino, i lacrimogeni; in molti, i cannoni ad acqua con getti blu per ‘marchiare’ i protagonisti della protesta.

La governatrice Carrie Lam non era in città: guidava a Pechino una delegazione di 240 persone; ed è rientrata solo a tarda sera, via Shenzen. Eppure, c’erano tutti i presupposti perché la giornata fosse calda: le manifestazioni si succedevano da giorni ininterrotte, tiri in aria, arresti, marce di solidarietà un po’ ovunque nel Mondo, dal Giappone all’Australia passando per Taiwan, finita di recente nuovamente nel mirino della Cina.

Le garanzie sull’autonomia di Hong Kong ribadite lunedì dal presidente cinese Xi Jinping non potevano bastare ad acquietare gli animi. E neppure l’appello dei professori agli studenti perché protestassero senza violenze. La polizia aveva preventivamente classificato le proteste di ieri come “molto pericolose”.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump sceglie di fare lo struzzo davanti a quanto accade: esprime, con un tweet, i suoi rallegramenti al presidente Xi ed a tutto il popolo: “Congratulazioni nel 70° anniversario della Repubblica popolare cinese!”. Non una parola, invece, su quanto avviene a Hong Kong, neppure un appello alla moderazione, al dialogo e al rispetto dei diritti umani, come invece ne vengono dall’Ue, che invita alla ‘de-escalation’, e dalla Gran Bretagna (Londra giudica la reazione della polizia “eccessiva”). In poche settimane, le forze dell’ordine di stanza a Hong Kong sono raddoppiate.

Il capo della polizia, Stephen Lo, definisce “legali e ragionevoli” i comportamenti dei suoi uomini: in una conferenza stampa convocata a mezzanotte, spiega che l’agente che ha sparato s’è sentito in condizioni “di estremo pericolo” e “ha preso la decisione che ha preso. Penso sia legale e ragionevole”.

Lo studente colpito al torace e soccorso in loco è stato trasferito dal Princess Margaret Hospital e poi al Queen Elizabeth Hospital, dove è stato sottoposto ad intervento chirurgico, per l’estrazione del proiettile, che era rimasto in corpo nonostante fosse stato esploso da distanza molto ravvicinata. Secondo il South China Morning Post, gli agenti avrebbero sparato in aria colpi di avvertimento a più riprese e in diverse parti della città: un episodio, documentato da un video postato sui social, mostra agenti all’incrocio tra Waterloo Road e Nathan Road che, per sottrarsi all’assedio degli attivisti, esplodono proiettili in aria.

Lunedì sera, il presidente Xi, brindando con la governatrice Lam e altri 4000 suoi ospiti, alla fine della cela di gala nella Grande Sala del Popolo su piazza Tienanmen, aveva detto: “Continueremo ad applicare in pieno il principio ‘un Paese due sistemi'” sia per Hong Kong sia per Macao, mantenendo “un alto livello di autonomia”. “Hong Kong e Macao prospereranno e progrediranno insieme alla madrepatria e avranno un futuro ancor più luminoso”: parole di apertura, forse tardive.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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