Trump 2 – Sono passati sei mesi da quando, il 20 gennaio, Donald Trump s’è insediato per la seconda volta alla Casa Bianca. In ognuno dei 181 giorni di questo semestre, Trump ha dettato l’agenda mediatica interna e internazionale: annunci fragorosi, retromarce repentine, minacce, lusinghe. Ma la tempesta di notizie non ha prodotto molti cambiamenti allo scenario mondiale: come nel gioco dell’oca, ci si ritrova alla casella di partenza,
Trump 2: le guerre non finiscono mai, anzi ne cominciano di nuove
L’invasione dell’Ucraina, che doveva cessare il giorno dopo il suo insediamento, va avanti: colpa all’inizio di Zelensky che non voleva arrendersi, ora di Putin che non la smette di bombardare, sempre di Biden, mai di Trump.

E il massacro nella Striscia di Gaza, che pure doveva cessare il giorno dopo il suo insediamento, va avanti implacabile, con le tregue rinviate di settimana in settimana e occasionali appendici: a giugno la ‘guerra dei 12 giorni’ all’Iran; adesso la crociata pro-drusi contro i nuovi signori siriani, tagliagola jihadisti promossi da Trump a interlocutori rispettabili, ma verso cui Netanyahu mantiene profonda diffidenza.
E la guerra dei dazi? Sei mesi fa, temevamo che scoppiasse; e ancora lo temiamo; perché Trump l’ha dichiarata più volte, ma l’ha sempre rinviata. Adesso, l’ora X è imminente, il 1° agosto, ma nessuno è pronto a scommettere che non ci siano colpi di scena nei prossimi dieci giorni. Intanto, l’incertezza fa più danni delle tariffe: investimenti paralizzati, affari in stallo, l’inflazione che torna a crescere.
Trump 2: l’agenda interna, con il vento della Corte Suprema in poppa
L’agenda interna procede più spedita, anche se pure qui gli intoppi non mancano. I due più grossi hanno un nome e un cognome: Elon Musk, incubo vivente, e Jeffrey Epstein, zombi d’oltretomba. A fare da contrappeso, c’è il nume tutelare della Corte Suprema: in una dozzina di occasioni almeno, il collegio, quasi sempre spaccato tra conservatori (sei) e progressisti (tre) ha autorizzato Trump 2 a portare avanti le proprie politiche,

Sono tutte sentenze provvisorie, che non entrano nel merito delle questioni costituzionali sollevate, ma dicono che i singoli giudici federali non possono interdire un ordine presidenziale su tutto il territorio dell’Unione. Restano, però, pendenti i ricorsi sul fondo dei provvedimenti, alcuni dei quali, come il disconoscimento dello ius soli, appaiono palesemente anti-costituzionali.
Il risultato è che Trump tira dritto sui fronti della deportazione dei migranti; dei tagli dei programmi a favore dei meno abbienti; del ridimensionamento dell’apparato burocratico federale; del contrasto alle ‘woke culture’ e, quindi, alle politiche di diversità, equità e inclusione; di una rilettura No-Vax della prevenzione sanitaria; della revoca di misure di contrasto al cambiamento climatico. Ha avuto dal Congresso, dove pochissimi repubblicani osano contraddirlo, la legge finanziaria “bella e grande” che voleva. E insiste nelle azioni d’intimidazione degli oppositori, dei media, degli atenei, degli studi legali ‘nemici’.
Trump 2: da sodali a ingombri, i percorsi paralleli di Elon e Jeffrey

Da sodale a rivale, Musk ha le ali tarpate: l’uomo più ricco al Mondo ipotizza un nuovo partito, ma deve badare alle sue aziende, su cui affari pende la spada di Damocle del vendicativo presidente.
Per Trump, i cui indici di popolarità non sono alti, l’insidia viene dal ‘caso Epstein’, che lascia scontenta e attonita la sua base, quei ‘Maga’ nutriti di populismo e cospirazionismo. Per capre l’impatto della vicenda, ci vuole un po’ di background: ricchissimo e depravato, Epstein morì suicida in carcere, a New York, nel 2019.
Prima di finire in prigione per le sue frequentazioni sessuali seriali di minorenni, vantava amicizie e conoscenze altolocate nel mondo dei vip della politica, della finanza e dello ‘show business’, oltre che fra le teste quasi coronate della Vecchio Europa – leggi il principe Andrea -.

In campagna elettorale, l’allora candidato Donald Trump, i cui rapporti con Epstein sono noti, ma non hanno mai innescato accuse, aveva promesso alla sua base di rendere pubblici tutti i documenti del caso, su cui circolano le teorie complottiste più disparate. Adesso, il presidente Trump, tramite la segretaria alla Giustizia Pam Bondi, fa sapere che Epstein s’è davvero suicidato e che nelle carte non c’è niente che valga la pensa di essere divulgato. La base fatica a crederci e insorge.
Negli ultimi giorni, Trump è apparso molto nervoso sulla vicenda Epstein, accusando i suoi seguaci d’essere caduti in una trappola democratica e alzando il tiro contro la stampa. Ma ha, nel contempo, invitato Bondi a chiedere a un giudice di autorizzare la pubblicazione di parte dei documenti, cioè delle testimonianze rese a un Grand Jury.
Sospettosa, la base Maga si chiede se davvero non vi sia qualcosa da tenere nascosto, specie dopo che il Wall Street Journal, sotto la foto già nota di Epstein sorridente accanto a un Trump relativamente giovane, che gli mette una mano sulla spalla sorridendo a sua volta, rivela che gli amici di Epstein nel 2003 gli mandarono messaggi di auguri “osceni” per il suo 50° compleanno, raccolti in un album rilegato in pelle e confezionato per l’occasione.
Uno di questi messaggi è firmato Donald: c’è il disegno di una donna nuda e un biglietto, non è chiaro se dattiloscritto o scritto al computer, che simula una conversazione immaginaria tra Trump ed Epstein, in terza persona. Il dialogo si chiude così: “Avere un amico è una cosa meravigliosa. Buon compleanno e che ogni giorno possa essere un altro meraviglioso segreto”.
L’album fu curato da Ghislaine Maxwell, partner sessuale e organizzatrice degli incontri di Epstein, attualmente in carcere. Il presidente Trump dice che la lettera che lo coinvolge “è un falso”. Basterà ai Maga?