Trump 2 – In sordina dopo la tregua con la Cina, la guerra dei dazi torna in primo piano: il presidente Usa Donald Trump minaccia d’applicare dazi del 50% sui prodotti importati negli Stati Uniti dall’Unione europea, a partire dal primo giugno, in aperta violazione della pausa di 90 giorni da lui stesso decisa ad aprile e che doveva durare fino ai primi di luglio e in costanza dei negoziati in atto tra Usa e Ue.
L’impennata di Trump viene così annunciata sui social: “È molto difficile trattare con l’Ue, che è stata formata con l’intento primario di approfittarsi degli Stati Uniti sul commercio. I nostri colloqui con loro non stanno portando da nessuna parte. Quindi, io raccomando di andare direttamente a dazi del 50% a partire dal primo giugno”.

La mossa di Trump manda in tilt le borse di tutto il Mondo, che virano in rosso. La sortita coincide con una conversazione telefonica tra il capo negoziatore europeo, il commissario al Commercio Maros Sefcovic, e uno dei due capi negoziatori Usa, il rappresentante speciale per il Commercio Jamieson Greer. L’Ue ha ribadito la sua proposta di “zero dazi” sui prodotti industriali. E’ possibile che Trump, informato dell’andamento delle trattative, abbia voluto ‘incoraggiarle’ a modo suo.
Poco prima, il magnate presidente aveva già scosso i mercati sui dazi minacciando di tassare al 25% gli iPhones della Apple se non sono prodotti negli Usa. Le mosse di Trump “iniettano caos fresco” nel contesto economico-finanziario mondiale e, osserva la Ap, “potrebbe fare drammaticamente aumentare il prezzo degli iPhones, danneggiando le vendite e i profitti di una delle aziende tecnologiche leader negli Usa”.
Ieri, Trump era in vena di decisioni radicali: ha pure licenziato numerosi funzionari del Consiglio per la Sicurezza nazionale (Nsc), nel quadro di un ridimensionamento e di una riorganizzazione dell’organismo, dopo averne già rimosso il responsabile da lui stesso nominato Mike Waltz. Attualmente, l’Nsc è sotto la responsabilità ‘ad interim’ del segretario di Stato Marco Rubio.
Trump 2: guerra università, Harvard ricorre, giudice le dà ragione, ma danno è fatto

Sul fronte della guerra tra la Trump 2 e le università, c’è il ricorso di Harvard contro la decisione dell’Amministrazione di impedirle l’immatricolazione di studenti stranieri e c’è l’immediata conseguente decisione di un giudice federale del Massachusetts, di bloccare il provvedimento. Accade tutto nel giro di 24 ore. Spiega l’Ap: “L’ordine giudiziario temporaneo blocca la decisione dell’Amministrazione di escludere Harvard dallo Student and Exchange Visitor Program, che consente agli atenei di accogliere studenti stranieri dotati di visto per studiare negli Usa”.
Ma, come osserva il New York Times, che apre su questo tema, il danno è ormai fatto, perché è difficile che, nella situazione di incertezza attuale, studenti stranieri decidano di iscriversi al pur prestigioso ateneo; e molti che sono già iscritti saranno tentati, per sentirsi tranquilli, di trasferirsi altrove, in qualche università non colpita dagli strali dell’Amministrazione in quanto compiacente con le direttive in materia di diversità, equità e inclusione”.
I dati mostrano come sia in atto una sorta di fuga dagli Usa di Trump: secondo il NYT, dall’inizio dell’anno un numero record di cittadini statunitensi ha chiesto la cittadinanza britannica, come conseguenza del clima politico negli Stati Uniti.
Trump 2: anniversario Floyd, stop a riforma polizie

All’avvicinarsi del quinto anniversario della brutale uccisione di George Floyd a Minneapolis – era il 25 maggio 2020, il presidente era Trump -, l’Amministrazione Trump 2 ha sospeso i programmi di revisione delle pratiche di polizia in alcune città dove la brutalità degli agenti si era manifestata in modo letale.
In particolare il Dipartimento della Giustizia ha deciso di lasciare cadere le riforme della polizia locale negoziate dall’Amministrazione Biden in una manciata di città dove le forze dell’ordine hanno una storia di violazioni dei diritti civili, fra cui Minneapolis nel Minnesota e Louisville nel Missouri, dove nella primavera 2020 venne uccisa Breonna Taylor. I casi di Taylor e Floyd innescarono proteste a livello nazionale contro l’ingiustizia razziale.
Trump 2: manovre al Senato sulla legge “grande e bella”
Sul fronte politico, l’attenzione si sposta sul passaggio dalla Camera al Senato della “grande e bella legge” – la definizione è del presidente Trump – che conferma la riduzione delle tasse ai ricchi e taglia le spese federali a favore dei meno abbienti.
Nell’analisi del Washington Post, l’approvazione della legge alla Camera, dove i repubblicani hanno una maggioranza risicatissima, prova la forza del rapporto tra Trump e lo speaker Johnson.
Anche al Senato, la legge deve sormontare perplessità fra i repubblicani: c’è chi considera i tagli alla spesa insufficienti e che ritiene gli sgravi fiscali troppo generosi. In un caso e nell’altro, si rischia un’impennata del debito: una preoccupazione accresciuta dalla recente decisione dell’agenzia Moody di declassare il rating degli Stati Uniti.
Il capo della maggioranza al Senato, il senatore John Thune, ha un margine di tre voti, ma sono ben più di tre i senatori repubblicani perplessi. Anche se Trump ha già dimostrato alla Camera di avere argomenti per convincere i riluttanti.