Guerre, punto – La confusione è grande sotto il cielo della pace, che in Medio Oriente conserva a stento i colori d’una tregua e in Ucraina mantiene quelli della guerra. Tra Israele e Hamas, il cessate-il-fuoco è fragile: per cementarlo, tornano nella regione il vice-presidente Usa JD Vance, l’inviato speciale Steve Witkoff e il ‘primo genero’ Jared Kushner.
In Ucraina, l’incontro dato per imminente tra i presidenti Usa Donald Trump e russo Vladimir Putin è invece in alto mare, dopo che una telefonata fra il segretario di Stato Marco Rubio e il ministro degli Esteri Serguiei Lavrov non va come sperato. Ma la situazione è fluida.
Guerre: Gaza, negoziati su sfondo di scambi di accuse e intimazioni
Israele accusa Hamas di continuare a violare la tregua “deliberatamente”, superando la linea gialla, cioè la linea di demarcazione delle posizioni mantenute dall’esercito israeliano. Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa, lo stillicidio di uccisioni da parte dei militari israeliani è incessante: ogni giorno ha le sue vittime.
Lunedì, Trump aveva detto che le provocazioni non venivano da Hamas ma da altri gruppi islamisti. Martedì, ricevendo il premier australiano Anthony Albanese, ha commentato: “Se Hamas romperà la tregua, sarà annientato”.

Il magnate presidente ha spiegato: “Molti dei nostri ora grandi alleati, in Medio Oriente e lì intorno, mi hanno informato in modo esplicito e con grande entusiasmo che sarebbero pronti a cogliere l’opportunità, su mia richiesta, di entrare a Gaza con una forza massiccia e di ‘mettere in riga’ Hamas, se non agirà in modo corretto e se violerà l’intesa” con Israele trovata il 10 ottobre e sancita il 13 al vertice di Sharm-el-Sheikh. Il vice Vance, dal canto suo, ha incalzato: “Hamas deve consegnare le armi”.
Ma, al di là delle minacce ad Hamas, la presenza a Gerusalemme di Vance, Witkoff e Kusher serve pure ad esercitare pressioni sul premier israeliano Benjamin Netanyahu e sul suo governo, nella cui maggioranza vi sono forze che vorrebbero riprendere i combattimenti e annientare Hamas.

Gli islamisti continuano a restituire, sia pure con estrema lentezza, i cadaveri degli ostaggi deceduti in cattività: solo una metà dei 28 che risultavano mancanti sono già stati resi. Israele ha intanto riaperto il valico di Kerem Shalom per fare transitare gli aiuti umanitari, il cui flusso resta, però, inferiore alle attese e alle esigenze.
L’Egitto si prepara ad ospitare al Cairo i colloqui con Khalil Al-Hayya, il capo politico di Hamas, per discutere la ‘fase 2’ della tregua, cioè il disarmo di Hamas e la formazione di un organo tecnico che gestisca la Striscia. E’ un passaggio delicato: Hamas vuole restare nella Striscia e si mostra riluttante a consegnare le armi; mentre l’Anp, cioé l’Autorità nazionale palestinese, che ‘governa’ quel che le resta della CisGiordania, si candida, col suo presidente Abu Mazen, a gestire anche la Striscia.
Guerre: Ucraina, l’incontro a Budapest fra Trump e Putin sfuma o s’allontana
Meno di una settimana dopo averlo annunciato in fanfara, la Casa Bianca dice che “non ci sono piani” per un vertice Usa–Russia a Budapest “nell’immediato futuro”. Tra Washington e Mosca, sarebbero emersi dissapori per un appello al cessate-il-fuoco lanciato da Trump, contraddicendo quanto convenuto nella telefonata con Putin giovedì scorso e presentato come un dato certo nell’incontro di venerdì alla Casa Bianca con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky.

Trump spiega così la piroetta: “Non voglio perdere tempo, non voglio sprecare un incontro”; ma lascia aperta la porta a ulteriori sviluppi: “Non ho ancora preso una decisione… Lo farò a giorni… Vediamo che succede… Sia Putin che Zelensky vogliono la pace…”, anche se, a giudicare quel che accade sul terreno e nei cieli, non si direbbe proprio: la notte tra martedì e mercoledì è stata una delle più ‘esplosive’ dall’inizio dell’invasione.
A Rubio, Lavrov ha detto che la Russia è contro una tregua in Ucraina perché significherebbe “dimenticare le cause profonde di questo conflitto”. Una cessazione dei combattimenti andrebbe contro quanto convenuto tra Putin e Trump nel vertice di Ferragosto ad Anchorage in Alaska: entrambi ne uscirono affermando che era meglio cercare subito la pace piuttosto che accontentarsi d’un cessate-il-fuoco.
Sul vertice di Budapest, il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov stempera attese e tensioni: non c’è una data perché “è necessaria una preparazione seria”. E denuncia “ingerenze” europee.

Dal canto suo, Zelensky da una parte si sbilancia: “Siamo vicini a una fine della guerra possibile…. Ve lo dico con certezza”; dall’altra, sollecita gli europei a rinnovargli l’appoggio che avverte vacillare da parte Usa. Sulla conclusione del conflitto, Trump è vago e ondivago: “Kiev potrebbe ancora vincere… Ma non credo che ci riuscirà… Una fine? Penso che ci arriveremo…”. Zelensky ottiene, da una decina di leader europei, fra cui la premier italiana Giorgia Meloni, jun attestato d’ulteriore sostegno.
L’Unione europea lavora a un piano di pace in 12 punti, per porre fine alla guerra con la Russia: si fa l’ipotesi, secondo quanto scrive la Bloomberg, di congelare le posizioni sul terreno, senza che Kiev accetti, come chiede Mosca, di barattare la cessione di territori con lo stop al conflitto. Se ne potrebbe parlare al Consiglio europeo di Bruxelles questo giovedì e alla riunione dei Volenterosi a Londra questo venerdì.
L’Ue ha intanto approvato la proposta della Commissione europea per uno stop graduale all’import di gas russo: il bando totale entrerà in vigore a partire dal primo gennaio 2028. I 27, ad accezione di Ungheria e Slovacchia, s’impegnano a vietare l’import già dal primo gennaio 2026, consentendo, però, un periodo di transizione per i contratti esistenti.














