Risposta positiva, ma condizionata, di Hamas al piano di pace condiviso all’inizio della settimana dal presidente Usa Donald Trump e dal premier israeliano Benjamin Netanyahu. E, di fronte al sì alla restituzione di tutti gli ostaggi, Israele riduce al minimo le operazioni militari nella Striscia di Gaza, ormai ridotta a un cumulo di macerie dopo quasi due anni di sanguinoso conflitto.
Tutto ciò si situa nell’imminenza del secondo anniversario degli attacchi terroristici di Hamas e altre sigle palestinesi in territorio israeliano che, il 7 ottobre 2023, fecero circa 1200 vittime e portarono alla cattura di circa 250 ostaggi, Il successivo conflitto ha fatto oltre 66 mila vittime solo nella Striscia, in gran parte donne e bambini, senza contare le migliaia di morti in Libano e i morti in Siria, nello Yemen e in Iran.
Il presidente Trump, che, nella giornata di ieri, aveva dato una sorta di ultimatum ad Hamas – se non avesse accettato il suo piano entro il week-end, si sarebbe “scatenato l’inferno” -, posta un video sul suo social Truth eccezionalmente positivo: “E’ un grande giorno, un giorno speciale, forse senza precedenti”, dice con le consuete iperboli.
Il presidente ringrazia i Paesi che hanno collaborato agli sforzi di pace. E assicura che tutte le parti “saranno trattate in modo equo”: “Siamo stati tutti uniti nel volere la fine della guerra e la pace… E siamo molto vicini a conseguire” questi obiettivi.
Il commento di Trump, che pare ispirato, più che dalla realtà dei fatti, dal desiderio di qualificarsi per il Nobel per la Pace, avrebbe sorpreso – secondo fonti di stampa israeliane – Netanyahu, piuttosto incline, invece, a leggere in negativo la risposta di Hamas, ma pronto ad adeguarsi, dando ordine all’esercito di ridurre l’attività nella Striscia, dove ancora ieri c’erano state oltre 50 vittime.
A cascata, sono seguiti i commenti positivi dei leader delle organizzazioni internazionali e dei Paesi di mezzo Mondo. Sui media, ci sono valutazioni contrastanti sull’impatto degli ultimi sviluppi. Secondo il Washington Post, la mossa di Hamas rinvia nell’immediato la liberazione degli ostaggi – una ventina ancora in vita e una trentina ormai deceduti – ed esclude quindi una tregua immediata.
MO: le condizioni di Hamas

Hamas, infatti, giudica irrealistico, nelle condizioni attuali, il termine di 72 ore per la restituzione degli ostaggi, non si impegna al disarmo e vuole discutere il futuro assetto della Striscia, accettando l’idea di un’amministrazione tecnica transitoria, ma senza riferimenti al ‘Board of Peace’ presieduto da Trump e guidato dall’ex premier britannico Tony Blair. Hamas, inoltre, chiede l’immediato ritiro delle forze israeliane, che il piano prevede, invece, graduale senza tempi certi.
E’ comunque positivo che Hamas accetti in modo esplicito di rilasciare tutti e 48 gli ostaggi rimasti nelle sue mani, une ventina dei quali ancora vivi. La Cnn ha un approccio positivo: “Israele e Hamas pronti ad andare avanti con il piano di pace di Trump: entrambe le parti segnalano di volerne attuare la prima parte, la restituzione degli ostaggi e la cessazione dei combattimenti”.
Il Wall Street Journal, invece, scrive che “Hamas è ancora in guerra con se stesso sull’accettazione del piano di pace di Trump”: “I leader politici in Qatar sono inclini a dire sì… I comandanti militari a Gaza oppongono resistenza a deporre le armi e restituire gli ostaggi”. Il New York Times racconta come Trump sia riuscito a ottenere l’avallo di Netanyahu al piano, facendo leva sulla sua irritazione per l’attacco al Qatar del mese scorso.
Nella sua analisi, Le Monde parla si “sì, ma” di Hamas al piano di pace, ma osserva che per Trump l’organizzazione terroristica palestinese “è pronta a una pace duratura” e che quindi Israele “deve immediatamente sospendere i bombardamenti su Gaza”














