“Un martire” che lascia un segno nel futuro del Partito repubblicano e del movimento Maga: così, Donald Trump e i suoi sodali politici e religiosi, a partire dal suo vice JD Vance, hanno ieri dato l’ultimo addio a Charlie Kirk, l’attivista conservatore ucciso il 10 settembre da un giovane di destra, mentre parlava a una folla di studenti alla Utah Valley University di Orem. La cerimonia funebre viene descritta dai media liberal come “un intreccio di fervore religioso, al limite del fanatismo, e d’opportunismo politico”, al termine di dieci giorni che “hanno approfondito la polarizzazione” negli Stati Uniti – e, davvero, non ce n’era bisogno -.

Gli oratori che si sono succeduti hanno fatto di Kirk un leader religioso “di statura quasi biblica” – scrive il Washington Post -, la cui memoria “sarà sempre ricordata”, che ha “trasformato il partito” ed è stato essenziale per la vittoria elettorale di Trump l’anno scorso. L’uccisione di Kirk – è stato detto – galvanizzerà il movimento Maga (Make America great again) “per le generazioni a venire”.
Nei loro discorsi, il presidente Trump e la vedova Erika hanno esaltato il ruolo dell’organizzazione di Charlie, Turning Point USA, nel plasmare le attuali posizioni del Partito repubblicano. Ed Erika s’è proposta come l’erede di Charlie alla guida del movimento, uscendo dalla dimensione familiare dov’era stata finora confinata.
Allo State Farm Stadium di Glendale in Arizona, dove s’è svolta la cerimonia funebre, c’erano centinaia di migliaia di persone – 200 mila è la stima di molti media -, accorse da tutta l’America e in fila dall’alba di domenica per onorare la memoria dell’attivista. Nei pressi dello stadio, la polizia ha arrestato un uomo armato: si ignorano le circostanze dell’episodio.

I cancelli dello Stadio sono stati aperti ore prima dell’inizio della cerimonia funebre: la folla entrava mentre sugli schermi ruotavano le foto dell’attivista di destra, con una ‘playlist’ di lodi e adorazioni. Come suggerito dagli organizzatori, la gente vestiva di rosso, bianco e blu, i colori della bandiera; molti avevano berretti Trump Maga. Intorno alla scritta “Ricordando Charlie Kirk 1993-2025”, c’era un fregio di bandiere americane.
Le dimensioni e i livelli di sicurezza dell’evento erano comparabili a quelli d’un funerale di Stato, così come la presenza di figure istituzionali di alto livello, sia pure di una sola parte politica: “E’ notevole – osserva ancora il Washington Post -, visto che Kirk era un privato cittadino e che non era noto a una larga parte di americani fino alla sua morte”.
Secondo il New York Times, l’evento, “un misto tra la cerimonia funebre e adunata politica”, mobilita “un impegno straordinario di risorse pubbliche”: era presente – viene notato “l’intera linea di successione presidenziale”, il presidente, il suo vice, lo speaker della Camera Mike Johnson
Un sondaggio condotto per conto della Ap, la cui interpretazione non è agevole e non è univoca, indica che, dopo l’assassinio di Kirk, la percentuale di repubblicani che pensano che il Paese stia andando nella giusta direzione è precipitato dal 70% di giugno al 50% circa e che la percentuale è ancora più bassa fra le donne e fra gli ‘under 45’. Non è chiaro se e che peso abbia in questi giudizi la vicenda Kirk.
Kirk: cronaca di una cerimonia funebre
Per la cronaca della cerimonia, ci affidiamo all’ottima corrispondente dell’ANSA Serena Di Ronza. Per Trump, Kirk è “un gigante della sua generazione, un eroe americano e un martire della libertà”, che “ha cambiato la storia”.
Accolto da un’ovazione allo stadio, il presidente ha raccontato il suo Charlie, che è anche riuscito, post mortem, a farlo riavvicinare a Elon Musk: lui e l’uomo più ricco al Mondo hanno parlato amichevolmente, dopo che la loro separazione in giugno era stata segnata da attacchi e critiche reciproci e aspri.
Trump sul palco ha usato toni da comizio, parlando per oltre 40 minuti: ha ricordato il ruolo chiave avuto dall’attivista nel suo ritorno alla Casa Bianca e il coraggio con cui parlava nelle università; poi ha attaccato la “sinistra radicale”: “Charlie l’avrebbe chiamata solo sinistra, ma io non ci riesco”.
A introdurre il presidente è stata Erika Kirk, al termine di un discorso appassionato e fra le lacrime. La vedova di Charlie è salita sul palco con le mani al cielo, mentre tutto lo stadio la applaudiva. E s’è impegnata a portare avanti la missione del marito. “Quando ho visto il suo corpo, non c’era né paura né sofferenza sul suo viso, ma un sorriso”, ha raccontato; e, piangendo, ha poi perdonato l’assassino, Tyler Robinson, 22 anni. “Mio marito Charlie voleva salvare i giovani, come quello che gli ha tolto la vita. Perdono quel giovane. La risposta all’odio non è altro odio”, ha detto.
Buona parte dell’Amministrazione Trump 2 è salita sul palco per ricordare l’attivista. Il segretario alla Sanità Robert F. Kennedy Jr lo ha paragonato a Gesù. Per il segretario di Stato Marco Rubio, quello di Kirk è stato “un omicidio politico”. Il vice-presidente Vance ha descritto “l’amico Charlie” come un “martire della fede”: “Era Atene e Gerusalemme nella stessa persona”, ovvero la capitale della ragione e quella di Dio. “Amava il suo Paese, tanto da morire per lui. In Charlie Kirk avevamo un leader”, ha aggiunto.
Il capo del Pentagono Pete Hegseth lo ha descritto come “un eroe che combatteva non con le armi ma con il microfono”; la direttrice della National Intelligence Tulsi Gabbard come “un guerriero della verità e della libertà”. “Finiremo il suo lavoro e raggiungeremo la vittoria in suo nome. La luce batterà le tenebre: vinceremo”, ha detto con toni combattivi Stephen Miller, vice-capo di gabinetto e consigliere di Trump, l’architetto della stretta sull’immigrazione. Stessi toni ha usato Donald Trump Jr: “Per me era come un fratello. “We are all Charlie”, ha gridato dal palco il figlio del presidente: “Non ci lasceremo intimidire. Il nostro messaggio di fede e famiglia non sarà messo a tacere”.
La cerimonia si è chiusa con l’abbraccio sul paco di Trump ed Erika Kirk, dopo che il presidente aveva sfoggiato il suo slogan ‘fight, fight, fight,’, assicurando che la battaglia nel nome di Charlie continuerà.