E’ la settimana dei Vertici brevi: quello della Nato dura un solo giorno, complice il ritardo all’arrivo del presidente Usa Donald Trump; quello dell’Ue s’è già concluso, a tarda notte, mentre si pensava che potesse proseguire questa mattina.
Alla Nato, la decisione cruciale era già acquisita: l’aumento delle spese per la difesa dal 2 al 5% del Pil di ogni Paese entro il 2035 (il 3,5% di spese militari e l’1,5% di spese per la sicurezza).
All’Ue, non erano attese decisioni importanti: ne escono spinte, blande, alla pace in Medio Oriente; appelli umanitari per la popolazione della Striscia di Gaza; sostegno – al solito, con l’Ungheria defilata – all’Ucraina.
Tutte cose ‘déjà vues’. La sospensione dell’accordo di associazione con Israele, chiesta da Spagna e altri Paesi, osteggiata da Germania e Italia, con la Francia tiepida, resta un’ipotesi: se ne riparlerà.
Nato/Ue: Vertici, la partita dei dazi tra Usa e 27

Il fatto nuovo è la proposta che viene da Washington in materia di ‘guerra dei dazi’: tariffe del 10% su tutto l’export dall’Ue verso dli Usa e maggiori acquisti europei d’energia statunitense, malgrado abbia costi elevati, oltre che di armi (ma questo è un corollario delle decisioni della Nato); inoltre, è possibile che la scadenza del 9 luglio – fissata unilateralmente dal presidente Trump – per trovare un’intesa slitti.
Resta tutto aperto, in attesa – magari – di altri Vertici.
Israele/Iran: il controverso impatto dell’attacco Usa sui siti iraniani

L’attenzione mediatica, negli Stati Uniti, resta focalizzata sul controverso impatto degli attacchi Usa contro tre siti nucleari iraniani, la notte tra il 21 e il 22 giugno. Ci sono stati un briefing alla stampa del segretario alla Difesa Pete Hegseth e un rapporto a porte chiuse al Senato dell’intelligence militare, che ha però lasciato, secondo il Washington Post, “i senatori divisi”
D’altro canto, la guida suprema iraniana Ali Khamenei, tornata a parlare dopo un lungo silenzio, offre una lettura alternativa – e poco attendibile – di quanto avvenuto, esaltando la vittoria dell’Iran su Israele e la lezione inferta da Teheran agli Stati Uniti.
Mentre si torna a parla della Striscia di Gaza, delle decine di vittime palestinesi fatte ogni giorno dall’esercito israeliano e del permanere di una emergenza umanitaria drammatica, il Wall Street Journal afferma, in un’analisi, che la guerra tra Israele e l’Iran “ha riordinato il Medio Oriente, ma non come ci si aspettava”. L’esito del conflitto, con l’indebolimento dell’Iran, ha, infatti, diminuito gli incentivi dell’Arabia saudita a normalizzare le relazioni con Israele e ne ha accresciuto i timori per il crescente potere dello Stato ebraico.
Sempre il Wall Street Journal segnala l’ascesa, nell’ ‘inner circle’ del magnate presidente, del capo di Stato Maggiore della Difesa Usa, il generale Dan ’Razin’ Caine. La Cnn, invece, anticipa dettagli di quello che sono, o sarebbero, le proposte degli Usa all’Iran per un accordo sul nucleare. Ancora la Cnn ha un divertente articolo sull’effetto provocato sul presidente Trump dalle adulazioni fattegli al Vertice Nato:, oltre che da quelle ricevute ai Vertici del G7 e dell’Ue “Il Babbo torna a casa contento”, è il titolo: quel che segue è in sintonia.
Trump 2: legge ‘grande e bella’, svolta anti-vaccini, candidato sindaco NYC
Sui fronti interni del Trump 2, torna elevata l’attenzione per la legge finanziaria “grande e bella” che il magnate presidente vuole approvata entro il 4 Luglio, la festa nazionale, e che è attualmente in discussione al Senato, dopo essere stata passata alla Camera per un solo voto. Alcuni senatori repubblicani esprimono riserve sul provvedimento, che conferma i tagli delle tasse ai ricchi e riduce le spese per i meno abbienti, creando una voragine nel bilancio federale nei prossimi dieci anni, con un aumento di oltre tremila miliardi di dollari del deficit federale.
Il New York Times s’inquieta della svolta, sempre più netta, sui vaccini, anzi anti-vaccini, del Dipartimento della Sanità sotto la guida di Robert F. Kennedy jr: la notizia di ieri sono nuove linee guida per i vaccini anti-influenzali.

Infine, c’è una stella nascente nel ‘partito dei sindaci’ contro nazionalisti e populisti: Zohran Mamdani, 33 anni, musulmano, progressista o addirittura socialista, vincitore delle primarie democratiche a New York, “ha compiuto – scrive il New York Times – una notevole impresa, conducendo una campagna di base sorprendente ed emergendo dal nulla per sconfiggere l’establishment democratico” della Grande Mela, rappresentato dall’ex governatore, e figlio di sindaco, Andrew Cuomo. Il Wall Street Journal spiega “l’improbabile ascesa” di Mamdani “con il suo mix di politiche radicali e fascino da vendere”.