Donald Trump lascia il G7 con un giorno di anticipo, ma, prima di andarsene, avalla il documento sulla guerra tra Israele e Iran cui si era inizialmente opposto: un testo che, nella versione finale, colpevolizza l’Iran, dice che Teheran non dovrà mai avere l’atomica e ribadisce il diritto alla difesa di Israele, oltre che auspicare una de-escalation del conflitto, invitare alla moderazione e suggerire la via della diplomazia per risolvere i contrasti. Il massacro di Gaza finisce in una riga in fondo: Benjamin Netanyahu protesterà, perché non c’è la richiesta di liberare gli ostaggi, ma di sicuro non è scontento.
Per Trump, lasciare un G7 prima della fine dei lavori non è una novità. Lo fece anche sette anni fa, nel 2018, ancora una volta a un Vertice presieduto dal Canada. Allora, doveva volare a Singapore per incontrare, senza poi costrutto, il leader nord-coreano Kim Jong-un. Questa volta, vuole rientrare alla Casa Bianca, dove convoca una riunione del Consiglio di Sicurezza nella situation room: motivo, seguire gli sviluppi della guerra tra Israele e Iran, giunta al quinto giorno.

Il magnate presidente considera i Vertici multilaterali una perdita di tempo: così, evita di trattenersi a Kananaskis, nell’Alberta, fino alla conclusione dei lavori, che proseguono per tutta la giornata, ovviamente depotenziati dalla sua assenza. Prima di piantare i partner in asso, Trump semina screzi con il premier canadese Mark Carney e con il presidente francese Emmanuel Macron (“Che lo faccia apposta o meno, Emmanuel non ne azzecca una”, dice, a proposito dell’ipotesi di negoziare un cessate-il-fuoco tra Israele e Iran).
G7: la dichiarazione sul Medio Oriente

Sul Medio Oriente, i Sette Grandi modificano la bozza secondo i desiderata di Trump e pubblicano una dichiarazione congiunta “sui recenti sviluppi tra Israele e Iran” – il titolo è in sé un programma di reticenza -. Nella premessa, il G7 rinnova “l’impegno per la pace e la stabilità in Medio Oriente”, afferma che “Israele ha il diritto di difendersi”, conferma “il suo sostegno alla sicurezza di Israele”, ma ricorda “anche l’importanza della protezione dei civili”.
Quindi, i sette Grandi il dito contro Teheran, accusandola di essere “la principale fonte di instabilità e terrore nella regione” e ricordando di avere sempre “affermato con chiarezza che l’Iran non dovrà mai avere un’arma nucleare”. Il passaggio chiave, dopo la modifica della formulazione iniziale, che citava solo un appello alla de-escalation del conflitto tra Israele e Iran, è questo: “Sollecitiamo che la soluzione della crisi iraniana porti a una più ampia de-escalation delle ostilità in Medio Oriente, compreso un cessate il fuoco a Gaza”. Infine l’assicurazione che i Sette resteranno “vigili rispetto alle implicazioni sui mercati energetici internazionali e pronti a coordinarsi, anche con partner che condividono i nostri stessi valori, per tutelare la stabilità del mercato”.
L’unità del Gruppo è salva. L’efficacia un po’ meno. La dignità ancora meno: viene da chiedersi chi siano i partner con cui coordinarsi e quali siano i valori condivisi: il rispetto dei diritti umani?, o, piuttosto, la tutela del profitto?
G7: Israele – Iran, le sortite di Trump
Fino alla settimana scorsa, Trump pareva contrario all’idea che Israele attaccasse l’Iran, mentre Washington e Teheran negoziavano la rinuncia al nucleare da parte dell’Iran in cambio dell’ammorbidimento, o della fine, delle sanzioni occidentali. Ora, il magnate presidente sembra, invece, acquisito alla dottrina Netanyahu della guerra preventiva.

Dopo avere evocato – ma sembra una boutade – una mediazione di Vladimir Putin tra Israele e Iran, Trump, prima di lasciare il G7, posta sul suo social Truth l’invito a evacuare “immediatamente” Teheran, come se la capitale iraniana non fosse una megalopoli di otto milioni e mezzo di abitanti; e poi scrive tutto maiuscolo “IRAN CAN NOT HAVE A NUCLEAR WEAPON”.
Lasciando il G7 in anticipo, Trump evita di incontrare il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, dopo avere espresso il parere che fu “un grosso errore” espellere la Russia dall’allora G8, dopo l’annessione della Crimea nel 2014 e dopo avere detto no a nuove sanzioni Usa contro la Russia (“Che lo facciano prima gli europei, se lo vogliono”). E sempre Trump ‘butta lì’ che “non sarebbe una cattiva idea” invitare ai Vertici dei Grandi il presidente cinese Xi Jinping.
Secondo il New York Times, gli Stati Uniti stanno valutando se dare a Israele bombe di profondità, per consentirgli di colpire e ‘neutralizzare’ le installazioni nucleari iraniane allestite nel sottosuolo. Intanto, il Pentagono rafforza i dispositivi militari degli Usa nel Medio Oriente.
Israele – Iran: la guerra al quinto giorno
Le cronache dall’Iran e da Israele riferiscono di continui reciproci bombardamenti: massicci quelli degli israeliani, che dispongono del controllo dei cieli e che hanno fatto centinaia di vittime, anche fra la popolazione civile, oltre che avere ‘decapitato’ i vertici militari iraniani ed ‘eliminato’ diversi scienziati nucleari; sporadici quelli degli iraniani, che hanno sì fatto decine di vittime civili, ma che sono a corto di missili e droni e i cui alleati nella Regione – gli Huthi nello Yemen e gli Hezbollah in Libano – non sono più in grado di aiutarli.

Particolarmente impressionante, ieri, l’attacco alla tv di Stato iraniana, avvenuto in diretta durante una trasmissione: l’esplosione ha interrotto la conduttrice, mentre lo studio era invaso da fumo e detriti. Secondo Israele, l’edificio, oltre a essere un centro di propaganda del regime, ospitava installazioni militari.
Il premier Netanyahu dice alla Abc: “Uccidere il leader supremo iraniano Ali Khamenei porrebbe fine al conflitto, non lo aggraverebbe”; e sostiene che il programma nucleare iraniano è stato “ritardato per un tempo molto lungo” dagli attacchi israeliani. Netanyahu, inoltre, nega di cercare “un cambio di regime” a Teheran, ma non esclude che ciò possa avvenire a seguito del conflitto; e conferma che gli aerei israeliani possono ormai operare nei cieli iraniani in totale libertà.