Guerre, punto – In Ucraina, la mini-tregua pasquale di 30 ore, che non è neppure stata rispettata dalle due parti, s’è consumata senza che nessuno provasse davvero a trasformarla in un cessate-il fuoco più stabile e duraturo. Nella Striscia di Gaza, i combattimenti e i bombardamenti non hanno sosta e il bilancio delle vittime s’aggrava ogni giorno: la volontà del governo israeliano emerge chiara nelle parole del premier Benjamin Netanyahu: “Non porremo fine alla Guerra della Rinascita prima di avere sconfitto Hamas a Gaza e di avere riportato a casa i nostri ostaggi, prima d’esserci assicurati che la Striscia non rappresenti più una minaccia”.
Le paci promesse in campagna elettorale dal presidente Usa Donald Trump “in 24 ore” paiono lontane, quando s’avvicinano i cento giorni del suo mandato. L’unico fronte ‘bellico’ ora fermo è quello incruento dei dazi: Trump dice che decine di Paesi stanno già negoziando con gli Usa e continua a dispensare esenzioni – ProPublica scrive che esse avvantaggiano aziende a lui politicamente connesse -.
C’è l’attesa, la speranza, l’illusione che i funerali di Papa Francesco, sabato, a Roma, diventino un’occasione d’incontro e di confronto su Ucraina, Medio Oriente, dazi. Ma, a parte l’ipocrisia della presenza alle esequie di leader come Trump e il presidente argentino Javier Milei, le cui politiche sono l’antitesi della visione di Bergoglio su pace, migranti, inclusione, ambiente, un’ipotesi del genere è minata da assenze cruciali: per l’Ucraina, mancherà il presidente russo Vladimir Putin; per il Medio Oriente, moltissimi dei protagonisti.
Ci saranno i vertici dell’Ue: i presidenti del Consiglio, della Commissione e del Parlamento Antonio Costa, Ursula von der Leyen e Roberta Metsola. Ma né le circostanze né la tempistica sono favorevoli a una trattativa Usa – Ue al massimo livello che, per non essere generica, deve essere preparata da esplorazioni tecniche approfondite. Le più recenti dichiarazioni di UvdL, fatte a Politico, non suonano concilianti: il Mondo si sta disponendo a lavorare con l’Ue, che è un’area stabile e sicura in un contesto imprevedibile per le turbolenze conseguenti alla guerra commerciale scatenata da Trump.
Guerre, punto: Ucraina, l’idea Usa è Crimea alla Russia e fronte ‘congelato’
Si sono invece delineati, nelle ultime ore, i contorni dell’idea di pace per l’Ucraina degli Usa: riconoscimento dell’appartenenza della Crimea alla Russia, con la levata delle sanzioni decise nel 2014 al momento dell’annessione, in cambio di una sospensione delle ostilità lungo la linea del fronte attuale, lasciando di fatto Mosca in controllo delle quattro regioni occupare e già annesse con i contestati referendum del settembre 2022.
Per il Washington Post, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che deve ancora perfezionare l’accordo con gli Usa sullo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine, respinge l’idea di un riconoscimento da parte americana della sovranità russa sulla Crimea e sollecita garanzie di sicurezza per il suo Paese.
Un’altra idea ventilata da uno dei negoziatori statunitensi, Steve Witkoff, sarebbe stata invece respinta da Mosca perché giudicata “pericolosa” e “a rischio di escalation”: si sarebbe trattato di dividere l’Ucraina in zone d’influenza, come fatto in Germania, e in particolare di Berlino, dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Funzionari ucraini ed europei hanno incontrato, ieri, a Londra, esponenti Usa per discuterne – c’erano gli inviati speciali del presidente Trump Witkoff e Keith Kellogg -. A Londra, c’è pure stato uno sviluppo dei colloqui a cinque – Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania e Ucraina – svoltisi la scorsa settimana a Parigi.
Axios fa l’ipotesi di una tregua di 30 giorni per creare uno spazio negoziale; il New York Times rivela che il segretario di Stato Usa Marco Rubio salterà il prossimo round di trattative sull’Ucraina; il Washington Post, infine, osserva che la posizione di Trump è sempre più vicina a quella di Putin che a quella di Zelensky. Un sondaggio per conto del giornale rileva che l’opinione pubblica negli Stati Uniti è ora divisa sul considerare o meno la Russia un nemico.
Proprio Trump ostenta “ottimismo” sulla possibilità di giungere a una tregua in una settimana. Ma il Cremlino invita a non avere fretta: “Il tema è così complesso che non è il caso di fissare tempi stretti e puntare ad ottenere un accordo praticabile in tempi brevi”, dice il portavoce Dmitry Peskov
La pazienza negoziale, però, significa più caduti al fronte e più vittime civili. Un morto e 23 feriti, tra cui quattro bambini: è il bilancio dell’attacco aereo russo lanciato all’alba di martedì sulla città di Zaporizhzhia, nell’Ucraina sudorientale. Anche Odessa e Kharkiv sono state oggetto di raid russi.
Guerre, punto: Ucraina, Pasqua di tregua, parole del Papa, scambio di prigionieri
Teoricamente, la Pasqua in Ucraina è stata di tregua. Putin l’ha proclamata unilateralmente dalle 18 di sabato alle 24 di domenica. Zelensky ha rilanciato, “Facciamola di 30 giorni”. Ma nessuno l’ha rispettata: 59 allarmi aerei sono suonati la notte nelle città ucraine; e almeno 26 incidenti sono stati segnalati in vari punti del fronte terrestre nell’Est dell’Ucraina – i dati sono di fonte ucraina -.
Putin aveva annunciato la tregua pasquale incontrando il generale Valery Gerasimov, il capo dello Stato Maggiore delle forze armate. “Per considerazioni umanitarie, … la parte russa dichiara una tregua pasquale. Ordino la cessazione di tutte le azioni militari…”. Invitato a fare altrettanto per mostrare “la volontà di pace” ucraina, Zelensky aveva replicato: “I droni russi nei nostri cieli rivelano la vera posizione di Putin verso la Pasqua e la vita umana”.
Secondo Axios, la minaccia – ventilata venerdì dal presidente Trump – di lasciare le trattative per la fine della guerra in Ucraina era destinata a esercitare pressioni più su Kiev che su Mosca. “Lavarsene le mani” scriveva il New York Times delle intenzioni di Trump, con un’espressione molto adatta al periodo pasquale -. L’interpretazione del Washington Post è, invece, che Trump sia “stanco di sentirsi preso in giro” – una sensazione cui, invece, gli europei reagiscono, secondo Politico, preparano nuovi sanzioni anti – Russia “a prova dei veti dell’Ungheria” -.
Poco dopo la sortita di Trump, era circolata la voce, presto smentita, che Zelensky era pronto ad accettare “al 90%” l’impostazione di Washington. Invece, il Cremlino faceva sapere che l’ordine di Putin di non colpire i siti energetici ucraini, concordato nella telefonata con Trump di marzo, è “scaduto”: la sospensione, prevista di 30 giorni, non è praticamente stata mai attuata, perché i bombardamenti sono proseguiti tutte le notti.
In quello che sarebbe poi risultato il suo ultimo accorato appello, Papa Francesco, affacciandosi su Piazza San Pietro, prima d’impartire la benedizione Urbi et Orbi, aveva ammonito che “nessuna pace possibile senza vero disarmo”.
Sempre a Roma, il vice-presidente degli Stati Uniti JD Vance, un cattolico convertito, partecipava, con la moglie e i due figli, ai riti pasquali. Sabato, era stato ricevuto in Vaticano dal segretario di Stato, cardinale Pietro Parolin; domenica, ha brevemente visto a Santa Marta Papa Francesco. I colloqui di Vance non hanno però stemperato le tensioni fra la Santa Sede e l’Amministrazione Trump 2 sui migranti e sugli aiuti allo sviluppo e non hanno fatto avanzare la causa della pace.
La guerra, intanto, proseguiva: prima che scattasse la tregua, un attacco missilistico su Kharkiv aveva fatto oltre 70 feriti, fra cui alcuni bambini. La nota più positiva è che sabato Kiev e Mosca hanno proceduto allo scambio di prigionieri più grosso dall’inizio delle ostilità: ne sono stati restituiti quasi 250 per parte.
Guerre, punto: Medio Oriente, nessuna tregua, ma negoziati con Iran avanti

In Medio Oriente, invece, non c’è né c’è stata tregua: il premier israeliano Benjamin Netanyahu in un discorso ha riaffermato la visione di guerra “fino alla vittoria”; e le componenti religiose della sua maggioranza esasperano i familiari degli ostaggi non ancora restituiti alle loro case – sarebbero 59, più della metà dei quali mortiti – dicendo che il loro recupero non ha la priorità sulla sconfitta di Hamas. Fonti palestinesi denunciano almeno 90 morti nella Striscia di Gaza tra venerdì e sabato e, poi, uno stillicidio di vittime quotidiano.
David Ignatius, autorevole analista del Washington Post, vede nell’atteggiamento di Netanyahu “un riflesso di auto-preservazione”: protraendo la guerra, protrae la sopravvivenza politica sia del suo governo che sua propria. In effetti, il premier è alle prese con le sue vicende giudiziarie e con le accuse mossegli dal capo del servizio di sicurezza interno, lo Shin Bet, Ronen Bar, che dichiara, di fronte all’Alta Corte, di non essere stato rimosso per motivi professionali, ma perché il premier pretendeva da lui una lealtà personale e non alla Corte Suprema.
Tale “lealtà” doveva tradursi nell’evitare di indagare sulle responsabilità del governo nell’attacco terroristico del 7 ottobre – raid di Hamas e altre sigle palestinesi fecero 1200 vittime in territorio israeliano con la cattura di oltre 250 ostaggi – e sullo scandalo Qatargate – finanziamenti venuti dal Qatar alla politica israeliana -. Netanyahu bolla le dichiarazioni di Bar come “falsità”.
A Roma, sabato, il secondo round dei negoziati sul nucleare tra Iran e Usa, mediati dall’Oman presso l’ambasciata del sultanato in Italia, ha segnato progressi. Già previsto un terzo round, sabato prossimo, nell’Oman. Le delegazioni iraniana e statunitense evitano d’incontrarsi faccia a faccia: installate ciascuna in una stanza, dialogano tramite quella dell’Oman, che fa la spola. Alla fine, Teheran parla di “incontro positivo”.
A Roma, “l’Iran non è venuto per arrendersi, ma per raggiungere un accordo equilibrato”, spiega il consigliere della guida suprema dell’Iran, l’Ayatollah Ali Khamenei, Ali Shamkhani: “L’obiettivo è un accordo complessivo basato su nove principi: serietà, fornitura di garanzie, revoca delle sanzioni, abbandono del modello Libia/Emirati Arabi Uniti, prevenzione delle minacce, accelerazione dei negoziati, prevenzione dei facinorosi – qui, s’intende Israele, ndr – e promozione degli investimenti”.
Israele, secondo la Reuters, non esclude l’ipotesi di attaccare, nei prossimi mesi, i siti nucleari iraniani, nonostante Trump abbia cercato di distogliere il premier Netanyahu da tali propositi. I piani includerebbero attacchi aerei e operazioni di commando di vario tipo, per frenare la capacità di Teheran di dare una valenza militare al suo programma nucleare civile.
La stanchezza negoziale degli Stati Uniti per l’Ucraina si riscontra anche nel Medio Oriente, dove gli sforzi di mediazione iniziali del Trump 2 hanno ceduto il passo a un pieno appoggio alla ripresa delle ostilità da parte israeliana. Nell’imminenza dei colloqui di Roma con l’Iran, gli Stati Uniti hanno compiuto il loro attacco aereo e missilistico più letale contro installazioni degli Huthi nello Yemen, uccidendo – secondo fonti locali – circa 75 persone e ferendone oltre 170 e colpendo blindati e veicoli e installazioni portuali. Di conseguenza, secondo quanto riferisce la Ap, c’è stato sversamento di petrolio nel Mar Rosso.
L’attacco è parte dell’offensiva militare degli Stati Uniti contro i miliziani sciiti dello Yemen che, sostenuti dall’Iran, minacciano la sicurezza della navigazione all’uscita dal Mar Rosso verso il Golfo di Aden e tirano missili – quasi sempre intercettati – contro Israele.
Guerre, punto: Trump 2, il peso delle beghe interne

Sulle posizioni internazionali, a tratti ondivaghe, del Trump 2 incidono anche le beghe interne all’Amministrazione Usa, messa in imbarazzo dai comportamenti dilettanteschi del segretario alla Difesa Pete Hegseth, che avrebbe di nuovo messo a repentaglio la sicurezza nazionale. Trump, per ora, lo difende a spada tratta, avendo difficoltà ad ammettere un errore di giudizio da parte sua, ma la situazione potrebbe precipitare nelle prossime ore.
Hegseth, un ex conduttore di Fox News, avrebbe condiviso su Signal con la moglie, il fratello e decine di altri i piani riservati di un attacco aereo, traendole da un canale di comunicazione riservato dello U.S. Central Command. Per Hegseth, è il secondo incidente di questo genere, dopo che che a marzo aveva discusso piani di attacco agli Huthi nello Yemen in una chat – sempre su Signal – cui era stato ammesso, per errore, un giornalista.
La stampa liberal torna a mettere in discussione la competenza di Hegseth a ricoprire il ruolo. Secondo il New York Times, la gestione di Hegseth, in soli tre mesi, ha generato al Pentagono “un caos senza pari nella storia recente”. Il Washington Post conferma: “La confusione regna” al vertice dell’apparato militare degli Stati Uniti; “i più stretti collaboratori del segretario sono allo sbando e un clima di sfiducia seperggia e si consolida fra i dipendenti civili e militari”.
L’Ap vede riemergere. nel Trump 2, le divisioni interne che avevano “attraversato e indebolito” il primo mandato del magnate presidente, quando gli avvicendamenti alla guida di ministeri erano stati frequenti.
Un articolo inchiesta del Washington Post conferma che i viaggi negli Usa sono diminuiti, da tutte le provenienze, da quando Trump s’è insediato alla Casa Bianca. Sullo stesso quotidiano, un’analisi di Dana Milbank anticipa un bilancio dei 100 giorni del Trump 2, che cadranno a fine mese, e parla di “storico fallimento”.