HomeEuropaGuerre: punto, Putin e Netanyahu seminano lutti, Trump dazi

Guerre: punto, Putin e Netanyahu seminano lutti, Trump dazi

Scritto il 16/04/2025, in versioni diverse, per La Voce e il Tempo uscita il 17/04/2025 in data 20/04/2025, per il Corriere di Saluzzo del 17/04/2024 e per il blog di Media Duemila https://www.media2000.it/pasqua-di-pace-putin-e-netanyahu-seminano-lutti-trump-dazi/

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Guerre, punto – Tre guerre, zero paci. La tregua non c’è – e neppure si avvicina – in Ucraina e nella Striscia di Gaza: le cronache riferiscono di bombe su civili e su ospedali, più che di progressi nei negoziati. C’è, invece, una pausa di 90 giorni nella guerra dei dazi, ma è parziale, perché lascia fuori Usa e Cina, due colossi del commercio mondiale, ed è fragile, perché appesa all’ “istinto” del presidente Usa Donald Trump, che ad esso si affida per le proprie scelte.

I conflitti, che, in campagna elettorale, Trump prometteva sarebbero finiti in 24 ore, non appena lui si fosse insediato alla Casa Bianca, vanno avanti c continuano a fare vittime ogni giorno. Trump mantiene un occhio di riguardo per il premier israeliano Benjamin Netanyahu, che protrae la guerra per garantire stabilità alla sua coalizione, dove l’ultra-destra religiosa ha un peso abnorme; e pure per il presidente russo Vladimir Putin, che tira in lungo le trattative e intanto migliora le posizioni sul terreno.

Guerre: punto, Ucraina, un errore considerare le bombe di Putin un errore
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Vittime a Sumy dopo l’attacco missilistico russo (Fonte: Il Fatto)

Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, conferma che contatti tra Washington e Mosca ci sono, ma nota: “La materia è così complessa che è difficile aspettarsi risultati immediati”; e attacca i Paesi dell’Ue che “continuano a lavorare per la guerra” e sostengono “l’Ucraina e il regime di Kiev”.

In un’intervista a Fox News, l’inviato speciale degli Usa Steve Witkoff, che ha di nuovo visto Putin la scorsa settimana, dice che il leader russo è aperto a “una pace permanente”, sulla base dell’annessione di cinque regioni ucraine – quelle attualmente occupate, sia pure parzialmente, e già annesse con referendum non riconosciuti dalla comunità internazionale – e dell’impegno a tenere l’Ucraina fuori dalla Nato.

Un’ipotesi del genere è respinta dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky: “Solo noi possiamo parlare dei territori del nostro Stato… Per noi. queste sono linee rosse…”.

Trump, però, continua a confondere le acque e a mischiare le responsabilità: “Biden, Zelensky e Putin sono tutti da condannare” per la guerra in Ucraina, scrive a due riprese sul suo social Truth. L’ex presidente Usa Joe Biden e Zelensky perché “hanno permesso l’inizio della guerra” e Zelensky, in particolare, perché “non si fa la guerra con uno che è venti volte più grande di te”; Putin perché “non avrebbe mai dovuto incominciarla”.

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Orribile e imperdonabile attacco missilistico russo contro la popolazione civile a Sumy nella domenica delle Palme.
Un altro crimine di guerra a carico di Putin già ricercato per lo stesso reato dalla Corte Penale Internazionale.
Contro questi personaggi che dimostrano di non tenere in nessuna considerazione la vita umana le sentenze della Corte dovrebbero avere un peso, se non fosse che troppo spesso la Corte dell’Aia viene umiliata anche da chi ne ha sottoscritto lo Statuto per ragioni di ipocrita convenienza politica (vignetta e dida di Gianfranco Uber)

Gli Stati Uniti non firmano, e quindi bloccano, una presa di posizione del G7, che condanna l’episodio più grave degli ultimi giorni, il bombardamento su Sumy che domenica mattina ha fatto 34 morti, fra cui due bambini, e un centinaio di feriti. Ufficialmente, Washington vuole proteggere la trattativa; di fatto, Trump aveva immediatamente derubricato l’episodio come “un errore”.

I russi non hanno mai accampato l’errore a scusante, sostenendo, invece, di avere colpito obiettivi militari legittimi. Tesi avallata dalla decisione di Kiev di destituire il governatore dell’area Volodymyr Artiuj, che aveva autorizzato, nella domenica delle Palme, una cerimonia militare finita nel mirino dei russi e centrata con due missili Iskander.

Diverso l’atteggiamento dei Paesi europei: i ministri degli Esteri dei 27, riuniti a Lussemburgo, chiedono l’inasprimento delle sanzioni alla Russia, perché gli attacchi russi – prima di Sumy, Kryvyi Rih, la città di Zelensky; dopo, Kharkiv – dimostrano che Putin non è interessato ai colloqui di pace” e che gli attacchi sui civili “sono una strategia” per fiaccare la resistenza degli ucraini. Zlensky stesso, accorso sui luoghi delle stragi, dice: “Solo un bastardo può fare questo”.

Guerre: Israele, Hamas propone stop ostilità con rilascio ostaggi, Netanyahu dice no
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Un’immagine di Gaza (Saher Alghorra for The New York Times)

Nella Striscia di Gaza, la situazione umanitaria resta disperata e l’esercito israeliano occupa porzioni di territorio crescenti in pianta stabile, riducendo gli spazi dove i palestinesi devono accalcarsi. L’Ap calcola che gli spazi abitativi si siano ridotti del 50%, la Cnn dice che quasi 300 mila palestinesi vivono da rifugiati nella loro terra, avendo dovuto abbandonare le loro abitazioni o quel che ne resta.

Secondo una fonte di Hamas, il gruppo terrorista è pronto a rilasciare tutti gli ostaggi israeliani, vivi o morti, in un “serio scambio con detenuti palestinesi”, purché Israele ponga fine alla guerra e lasci la Striscia. L’intesa partirebbe con la liberazione di 10 ostaggi e 45 giorni di cessate-il-fuoco.

Fonti israeliane calcolano che siano 59 le persone ancora detenute a Gaza, di cui 39 sicuramente decedute. I raid terroristici del 7 ottobre 2023 in territorio israeliano avevano fatto 1200 vittime e portato al sequestro di oltre 250 persone. Il conflitto derivatone ha fatto oltre 51 mila vittime palestinesi, nella stragrande maggioranza bambini, donne e uomini non combattenti.

Il governo Netanyahu non è però disposto a cedere il controllo della Striscia, di cui ancora s’ignora il futuro assetto, e chiede l’immediata liberazione di tutti gli ostaggi.

Proseguiranno, invece, nel fine settimana, a Mascate, i negoziati tra Usa e Iran, iniziati il week-end scorso sempre nella capitale dell’Oman. Si era ipotizzato che il secondo round si svolgesse a Roma, ma poi la presenza in quei giorni nella capitale italiana del vice-presidente Usa JD Vance ha indotto a un cambio di sede.

Gli emissari iraniani e statunitensi discutono del programma nucleare iraniano, che starebbe avvicinandosi alla soglia di rischio di arricchimento dell’uranio, e delle sanzioni applicate dagli Usa all’Iran. I due Paesi sono divisi da oltre 45 anni da una profonda reciproca ostilità.

Alla vigilia dei colloqui, il presidente iraniano Masoud Pezeshkian aveva assicurato che il suo Paese “non è alla ricerca di una bomba nucleare” e aveva prospettato la possibilità di investimenti diretti Usa in Iran, in caso di accordo. Tuttavia, dal regime degli ayatollah arrivano segnali contrastanti: fonti parlamentari affermano che “l’Iran ha il diritto di sviluppare un’industria nucleare pacifica” e avvertono che “qualsiasi aggressione o minaccia da parte dei nemici contro tale industria riceverà una risposta seria, decisa e devastante”. Inoltre, secondo il Times di Londra, il regime ha fornito missili a lungo raggio alle milizie sciite filo-iraniane in Iraq per rafforzarvi la propria presenza. Notizie che creano allarme in Israele.

Dazi, Trump a tutta Cina, pressioni sugli europei perché isolino Pechino
250416 - dazi - Usa - Cina
Il testa a testa Usa – Cina in una interpretazione grafica ripresa da The Watcher Post

L’attenzione di Trump, in questi giorni, sembra però andare, più che all’Ucraina e al Medio Oriente, agli sviluppi della ‘guerra dei dazi’. Martedì, il round di apertura, ieri, della trattativa commerciale fra Usa e Ue è stato infruttuoso, anche perché gli europei si sono presentati con una proposta già respinta da Washington – un’area transatlantica a dazi zero –. Inoltre, era l’inizio di un negoziato probabilmente destinato a durare almeno per tutti i 90 giorni della tregua unilateralmente decisa dagli Usa – e raccolta dall’Ue, che ha sospeso le contro-misure già decise -.

Molto più d’impatto, invece, gli sviluppi turbolenti sul fronte cinese, dove i dazi sono in vigore – rispettivamente del 145% e del 125% sull’export cinese e americano -, salvo eccezioni settoriali. … di qui in avanti riprende https://giampierogramaglia.eu/2025/04/16/dazi-trump-2-tutta-cina-pressioni/ …

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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