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Trump 2: manifestazioni massicce negli Stati Uniti contro dazi, tagli, licenziamenti

Scritto lo 06/04/2025 per The Watcher Post https://www.thewatcherpost.it/usa/trump-2-manifestazioni-massicce-negli-stati-uniti-contro-dazi-tagli-licenziamenti/

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Trump 2 – Manifestazioni massicce in tutti gli Stati Uniti contro l’Amministrazione Trump 2: sabato 5 aprile è stato il giorno del ‘risveglio democratico’, dopo cinque mesi, 150 giorni, di tramortimento, a causa della sconfitta elettorale del 5 novembre e alle mosse incalzanti del Trump 2. Ci sono state oltre 1200 manifestazioni in tutti i 50 Stati dell’Unione e a Washington DC, con uno slogan comune #Handsoff, giù le mani, dalla democrazia, dalla sanità, dall’ambiente, dai servizi pubblici.

Fra i milioni di aderenti, anche lavoratori pubblici licenziati dal Doge, il Dipartimento per rendere più efficiente l’Amministrazione pubblica che risponde a Elon Musk.

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Una delle locandine delle manifestazioni di sabato 5 aprile

E mentre Musk interveniva da remoto al congresso della Lega in Italia, paventando – s’ignora su che base, ndr – episodi di terrorismo devastanti in Europa, la MsNbc ipotizzava che Scott Bessent, segretario al Tesoro, figura di punta della finanza da oltre trent’anni e creatore di un fondo popolare, stia valutando se dare le dimissioni, in contrasto con le scelte economico-commerciali del suo boss.

In Europa, Le Monde scrive: “Negli Usa, le persone cominciano a soffrire: perdono il posto, i soldi, la pensione e protestano contro gli abusi di potere della Casa Bianca, pochi giorni dopo l’annuncio dei dazi di Trump” preludio ad aumenti dei prezzi e a sussulti di caro vita.

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Un momento della video-intervista di Matteo Salvini con Elon Musk (Fonte: La Stampa)

Loro scandiscono “Hands off”, mentre Musk, intervistato da Matteo Salvini su guerra, burocrazia, immigrazione, fa discorsi pseudo-pacifisti, poi ‘derapa’: “Vediamo un enorme aumento del numero di attacchi in Italia e in Europa e i media cercano di minimizzare… Ma alla fine vedremo uccisioni di massa in Europa, massacri veri e propri…”.

Trump 2: il presidente gioca a golf e, domani, incontra Netanyahu

Intanto, il presidente Donald Trump, in Florida, gioca a golf, anche piuttosto bene, evidentemente non turbato nella sua concentrazione dal terremoto finanziario conseguente ai suoi dazi. A Jupiter, supera il secondo turno del Senior Club Championship e accede al Championship Round, che si disputa oggi.

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Benjamin Netanyahu e Donald Trump nello Studio Ovane (AP Photo Evan Vucci)

Domani, a Washington, Trump incontrerà il premier israeliano Benyamin Netanyahu, che giungerà già oggi nella capitale statunitense. Trump e Netanyahu – riferisce una nota del governo israeliano – “discuteranno dei dazi, degli sforzi per il ritorno degli ostaggi, delle relazioni tra Israele e Turchia, della minaccia iraniana e della Corte penale internazionale”. La nota prosegue: “Il premier apprezza il legame personale e caloroso con il presidente Trump e lo ringrazia per l’invito a essere il primo leader a incontrarlo dopo l’imposizione dei dazi, come fu anche il primo a incontrarlo dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca”.

In considerazione della visita alla Casa Bianca, Netanyahu aveva chiesto di rinviare a fine settimana una sua testimonianza prevista invece o lunedì o mercoledì nell’ambito delle inchieste a suo carico per corruzione e altro. Il Procuratore generale si oppone alla richiesta, sostenendo che il premier ha tutto il tempo per rientrare dagli Usa entro mercoledì.

Trump 2: “Hands Off”, la giornata della protesta

La giornata della protesta ce la facciamo raccontare a Claudio Salvalaggio, corrispondente dell’ANSA da Washington, che ne è stato testimone e cronista.

“Hands Off”, Giù le mani: è lo slogan della più grande protesta anti-Trump e anti-Musk negli Usa e nel mondo da quando The Donald è tornato alla Casa Bianca. Nei 50 Stati Usa e a Washington sono state organizzate oltre 1200 manifestazioni e forme di contestazione sono andate in scena in vari Paesi stranieri, dal Canada al Messico, dalla Germania alla Francia, dalla Gran Bretagna all’Italia, con iniziative tra l’altro a Londra, Parigi, Roma.

Le proteste hanno toccato grandi città Usa, da New York a Boston, da San Francisco a Portland. Ma l’epicentro è stata Washington, dove migliaia di attivisti si sono radunati sul National Mall, proprio sotto il Washington Monument, a due passi dalla Casa Bianca.

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Un momento delle proteste a New York (Fonte: Nbc)

Una folla variopinta di tutte le età e con slogan originali, come se lo smarrito popolo democratico avesse ritrovato forza e creatività per la “resistenza”, come recitava uno dei cartelli. “Wake up and smell the coup” (Svegliatevi e sentite l’odore del golpe); “Trump golfs while Usa burns” (Trump gioca a golf mentre gli Usa bruciano); “Aren’t you tariffied?” (Non sei colpito dai dazi?, con un gioco di parole con terrificato) erano alcuni degli slogan.

Molti ammoniscono a “tenere giù le mani” dalla democrazia, dalla sanità e da tutto quello che è finito nel mirino di Trump e Musk, dipinti nei cartelli come due nazisti. I numeri non sembrano, però, da record, come successe con la marcia delle donne che nel 2017 portò nella capitale Usa circa mezzo milione di persone poco dopo il primo giuramento del magnate presidente.

Finora negli Usa le contestazioni sono state isolate e di tono minore, ma la rabbia sta crescendo dopo i tagli indiscriminati alla spesa pubblica, la stretta su diritti e libertà, nonché i dazi che – secondo molti economisti – rischiano di aumentare il costo della vita. Mosse che questa settimana hanno fatto precipitare il consenso del presidente al 43%, la percentuale più bassa dall’insediamento.

Sul Mall sono arrivati migliaia di attivisti, scaricati da decine di bus provenienti da vari Stati Usa. Presenti parlamentari democratici, che tengono mini-comizi: fra gli altri, ci sono Jamie Raskin, Maxwell Frost e Ilhan Omar. “Questa si va configurando come la più grande protesta di un solo giorno negli ultimi anni della storia americana”, ha detto Ezra Levin, fondatore di Indivisible, uno dei gruppi che ha progettato l’evento.

Nel mirino l’agenda autoritaria del presidente, sostenuta da una oligarchia di miliardari. “Questa – ha aggiunto Levin – è una manifestazione enorme che sta inviando un messaggio molto chiaro a Trump, Musk, ai repubblicani al Congresso e a tutti gli alleati del movimento Maga: non vogliamo che mettano le mani sulla nostra democrazia, sulle nostre comunità, sulle nostre scuole, sui nostri amici e sui nostri vicini”.

Gli organizzatori affermano: “Questa è una mobilitazione nazionale per fermare la presa di potere più sfacciata della storia moderna”; “Trump, Musk e i loro compari miliardari stanno orchestrando un assalto totale al nostro governo, alla nostra economia e ai nostri diritti fondamentali, agevolati dal Congresso a ogni passo del percorso”; “Vogliono fare a pezzi l’America, chiudendo gli uffici della previdenza sociale, licenziando i lavoratori essenziali, eliminando le tutele dei consumatori e sventrando Medicaid, tutto per finanziare la loro truffa fiscale miliardaria”, cioè i maxi-tagli fiscali della prima presidenza Trump che ora il magnate vuole prorogare.

“Stanno consegnando i soldi delle nostre tasse, i nostri servizi pubblici e la nostra democrazia agli ultra-ricchi. Se non combattiamo ora, non ci sarà più nulla da salvare”, denuncia un manifestante sul Mall.

All’iniziativa hanno aderito 150 gruppi, tra cui Human Rights Campaign, il più grande gruppo pro – comunità Lgbtq, Greenpeace, la Service Employees International Union, sindacato che rappresenta circa due milioni di lavoratori. Nella capitale c’erano anche un raduno pro – Ucraina e una marcia pro – Palestina e a tutela della libertà di parola.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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