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Ucraina / MO: Trump e il nuovo ordine mondiale delle paci “predatorie” e “affaristiche”

Scritto il 26/02/2025 in versioni diverse, e riprendendo passim articoli precedenti, per La Voce l Tempo uscita il 27/02/2025 in data 02/03/2025, per il Corriere di Saluzzo del 27/02/2025 e per il blog di Media Duemila https://www.media2000.it/ucraina-mo-trump-e-il-nuovo-ordine-mondiale-delle-paci-predatorie-e-affaristiche/. Questo articolo, insieme a quelli postati sul mio sito il 23 e il 24/02/2025, è poi confluito in articoli per il numero 01/2025 de l'Antifascista e per il sito https://tuttieuropaventitrenta.eu/

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“Il nuovo ordine mondiale di Trump sta prendendo forma”, scrive il Washington Post, riferendosi, in particolare, alla pace in Ucraina: una pace “predatoria”, che remunera l’aggressore e penalizza l’aggredito, ma il cui processo appare difficilmente reversibile. Ma anche la risposta europea all’ordine ‘trumpiano’ si va definendo: dopo i vertici di Parigi della scorsa settimana, ci sono state, questa settimana, le visite a Washington del presidente francese Emmanuel Macron, in coincidenza con il terzo anniversario dell’invasione russa, e del premier britannico Keir Starmer.

Mercoledì, Macron ha informato i suoi partner sui colloqui con Donald Trump, che, al di là delle apparenze, non hanno riproposto la chiacchierata “bromance” fra i due leader. Domenica 2 marzo, a Londra, ci sarà un vertice per discutere di difesa europea fra Paesi Ue e Gran Bretagna – l’Italia sarà presente -: si ipotizza la creazione di un fondo comune -. Giovedì 6 marzo, a Bruxelles, ci sarà poi un vertice dei 27, il primo dopo le elezioni in Germania di domenica scorsa.

In tutto questo fermento, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sarà a Washington, venerdì, per perfezionare un accordo sull’accesso preferenziale degli Stati Uniti alle ricchezze minerarie ucraine, specie terre rare ed energia, come forma di rimborso di Kiev agli aiuti ricevuti da Washington. Le cifre inizialmente fatte erano a tassi di usura: 500 miliardi di dollari di ‘compensazioni’ a fronte di circa 170 miliardi di dollari di aiuti ricevuti –per le fonti ucraine, solo 100 -. Mancano dettagli sull’intesa raggiunta, che è una delle pressioni esercitate da Trump su Zelensky per spingerlo a una sospensione delle ostilità con la Russia.

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Fotomontaggio di al Jazeera di immagini tratte dall’osceno video sulla ricostruzione di Gaza realizzato con l’IA e rilanciato da Trump

In Medio Oriente, non è chiaro che cosa accadrà una volta conclusa a fine settimana la prima tappa della tregua ipotizzata in tre fasi. Nonostante intoppi anche drammatici e violazioni degli accordi reciproche, la restituzione degli ostaggi ancora in mano ad Hamas dopo i raid terroristici del 7 ottobre 2023 e la liberazione di detenuti palestinesi dalla carceri israeliane vanno avanti.

Un segnale allarmante in prospettiva futura è la decisione statunitense di togliere il vincolo, posto dall’Amministrazione Biden, per l’utilizzo di armi dagli Usa al rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, nel tentativo, fallito, di temperare l’azione israeliana. Il progetto di Trump, ben accetto solo a Israele, di svuotare di palestinesi la Striscia di Gaza e di farne “una Riviera” può essere foriero di una ripresa delle ostilità-

Se il nuovo ordine mondiale di Trump sembra delinearsi dall’Ucraina al Medio Oriente, condiviso con i suoi ‘sodali’, il presidente russo Vladimir Putin, il principe saudita Mohammad bin Salman e il premier israeliano Benjamin Netanyahu, sul fronte interno, non tutto fila liscio.

In questa fase, il tallone d’Achille del Trump 2 è Elon Musk, l’uomo più ricco del Mondo messo a capo del Doge, il Dipartimento per rendere più efficiente l’Amministrazione pubblica. Ci sono contestazioni per tagli alle spese e licenziamenti e ci sono timori per l’economia e l’inflazione. L’indice della fiducia dei consumatori registra a febbraio il peggior arretramento mensile dall’agosto 2021, tra annunci di dazi e aumenti dei prezzi.

Ucraina: tre anni di guerra, la retorica e le ipocrisie di tutti gli anniversari
250224 - Ucraina - anniversario - leader a Kiev
Leader del G7 e dell’Ue oggi a Kiev (Fonte: Avvenire)

Lunedì 24, ci siamo lasciati alle spalle tre anni di guerra in Ucraina, aperta dall’invasione lanciata dalla Russia il 24 febbraio 2022. E sono ormai oltre 500 giorni di conflitto nella Striscia di Gaza, innescato dagli attacchi terroristici di Hamas in territorio israeliano il 7 ottobre 2023. Centinaia di migliaia le vittime in Ucraina – mancano stime attendibili dei militari caduti dall’una e dall’altra parte -, quasi 50 mila nella Striscia.

Su entrambi i fronti ci sono fermenti di pace, ma non ci sono speranze di paci giuste: disegni che portano il marchio di Trump. Tornato alla Casa Bianca da poche settimane, il magnate ha ribaltato “un secolo di approccio americano ai destini mondiali” – scrive il Washington Post -, abbracciando la legge del più forte e ruotando di 180° gradi la posizione sull’Ucraina. Da alleati dell’aggredito, gli Usa si ritrovano fiancheggiatori dell’aggressore.

L’Europa assiste alle convulsioni statunitensi, resa fragile dalle sue divisioni, ma anche indebolita dalle difficoltà economiche e politiche della Germania, spaventata dalla crisi e paralizzata, almeno fino a domenica scorsa, dalla scadenza delle elezioni politiche, che hanno visto il successo netto della Cdu/Csu di Friedrich Merz –un ritorno al centro – e l’avanzata, forte, ma ininfluente, dell’estrema-destra dell’Afd sostenuta oltre Oceano da Musk (il che, a conti fatti, l’ha penalizzata).

Superato il voto, si può sperare che un ritrovato asse franco – tedesco, con il concorso britannico (indispensabile, se si parla di sicurezza e difesa) e con il puntello di Spagna, Polonia e Italia, se Giorgia Meloni saprà resistere alle sirene trumpiane, possa offrire un argine, se non un’alternativa, al Mondo fatto di uomini forti e di diritti conculcati prospettato da Trump e Putin (e forse dal cinese Xi Jinping). Merz, futuro cancelliere tedesco, ipotizza di porre l’Europa sotto l’ombrello nucleare franco-britannico, temendo di non potere più contare su quello degli Usa.

Ucraina: nel giorno dell’anniversario, processioni e frizioni

Lunedì 24 febbraio, molti leader occidentali sono andati in processione a Kiev: metaforicamente, indossavano il saio del penitente più che la mimetica del combattente, venivano a espiare le colpe (soprattutto quelle dell’assente, Trump) più che a sostenere la resistenza all’invasore.

C’erano i vertici dell’Ue – la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ed il presidente del Consiglio Antonio Costa – e i leader di 13 dei 27; e c’era il premier canadese Justin Trudeau, presidente di turno del G7, per gestire una riunione virtuale dei Sette Grandi, come aveva fatto l’anno scorso nelle stesse vesti Meloni.

L’impressione è che Trump abbia tratto d’impaccio Putin, ridandogli legittimità internazionale e facendolo apparire il vincitore di una guerra che, nei calcoli russi, doveva durare molto meno ed essere molto meno dispendiosa, in termini di costi e di perdite. Sui suoi Appunti Stefano Feltri si chiede se vi sia un metodo “nella gestione caotica” del presidente Usa; e propende per il no.

Euractiv.it scrive che “l’Europa paventa che sia arrivato un suo secondo ‘momento di Monaco’”, quando, nel 1938, temendo una nuova guerra, i leader europei credettero di rabbonire Adolf Hitler accettando di lasciargli i Sudeti.

Su la Repubblica, Timothy Garton Ash scrive che “l’Europa deve reagire a Trump”: per farlo, deve, però, trovare una coesione su difesa e sicurezza che a 27 è a priori impossibile, perché alcuni leader sono più tentati di cercare grazia a Washington che di organizzare la resistenza a Bruxelles.

L’anniversario dell’invasione è un’esplosione di retorica pro-Ucraina, dopo una notte di ‘fuochi d’artificio’ letali russi su tutto il Paese: “Sempre al vostro fianco”, assicurano i leader dell’Ue incontrando Zelensky. Ma tutti sono consapevoli che l’impegno suona oggi incrinato e compromesso dal voltafaccia statunitense.

Alle parole, l’Unione europea aggiunge almeno qualcosa di concreto: c’è un pacchetto di aiuti da 20 miliardi di euro; e c’è l’ennesimo pacchetto, il 16°, di sanzioni economiche e individuali alla Russia – colpiti 48 individui e 35 entità -.

Dall’Onu alla Nato passando per il G7, tutti gli organismi multilaterali di cui gli Usa fanno parte sono imbarazzati, impastoiati, paralizzati. Lo stesso Zelensky cerca di porre condizioni alla pace che sono in realtà una resa alla legge del più forte che Trump e Putin interpretano all’unisono: l’uno vuole i territori occupati, l’altro i tesori ucraini; le due facce di una medaglia ‘neo-imperialista’.

Zelensky dice di volere incontrare Trump prima che questi veda Putin e si dice disposto a dimettersi se la sua presenza è di ostacolo alla pace, non appena l’Ucraina sia entrata nella Nato. Condizione, però, impossibile da realizzarsi, sia perché un Paese in guerra non può aderire all’Alleanza sia perché Trump – e, in fondo, molti altri – non vogliono che ciò accada (e bisognerà poi contare quanti vogliano davvero che Kiev entri nell’Ue: il negoziato rischia d’eternizzarsi).

La diplomazia internazionale è confusa e interdetta dalla rapidità e dalle estemporaneità delle mosse di Trump. Le Nazioni Unte sono teatro di un balletto senza precedenti. L’Assemblea generale vota una risoluzione intitolata ‘Path to Peace’: il testo, non vincolante, è inizialmente proposto dagli Usa, ma subisce emendamenti per iniziativa di Gran Bretagna e Francia – contro il parere di Washington – e, nella versione finale, chiede l’immediato ritiro delle truppe russe (passa con 93 sì, fra cui quello dell’Italia, 18 no e 65 astensioni, dopo la bocciatura di un emendamento russo). Ma viene pure approvata una risoluzione di Kiev, che sollecita il rispetto dell’integrità territoriale ucraina – gli Usa votano contro -.

Nel Consiglio di Sicurezza, invece, passa un testo che auspica la fine del conflitto, senza attribuirne la responsabilità ai russi e senza chiedere il ritiro degli invasori o il rispetto della sovranità ucraina: votano sì nove Paesi su 15, fra cui Usa, Russia e Cina. Gran Bretagna e Francia, che potrebbero bloccarla con il diritto di veto, si astengono.

Sull’Ucraina, Costa ha convocato un consulto straordinario dei leader Ue il 6 marzo a Bruxelles. Sarà il primo dopo le elezioni tedesche, ma non è detto che vi partecipi il cancelliere in pectore Merz, che non avrà certo completato in dieci giorni i negoziati per la formazione di una coalizione con i socialdemocratici. Toccherà a Merz, però, scrive Politico, “navigare la nuova era in cui l’Europa non si ritrova al fianco l’America nell’alleanza con l’Ucraina”.

Trump 2, poche settimane per mettere a soqquadro l’Europa e il Mondo

La “oscura svolta anti-Ucraina” – scrive il Washington Post – segna il compimento del primo mese del secondo mandato di Donald Trump: la musica è del presidente degli Stati Uniti, ma le parole sono spesso quelle del russo Putin; e il bersaglio è l’ucraino Zelensky.

Trump gli attribuisce la responsabilità per l’invasione del suo Paese, che – dice – avrebbe dovuto scongiurare; e lo delegittima, affermando che ha il consenso solo del 4% dei suoi cittadini. Affermazioni, come spesso capita quando parla Trump, senza fondamento e senza riscontro.

Scrive El Pais: “Trump 2 ha messo a soqquadro” gli Stati Uniti “in un mese da capogiro”: decreti, deportazioni, licenziamenti, ‘tagli’. E, adesso, Trump mette a soqquadro pure le relazioni con gli alleati europei degli Stati Uniti.

Per l’Ap, “Trump avverte Zelensky di negoziare in fretta la fine della guerra con la Russia, se non vuole ritrovarsi senza un Paese da guidare”: “la retorica anti-ucraina del presidente Trump … alza le tensioni tra gli Usa e gran parte dell’Europa sull’approccio Usa a concludere il maggior conflitto nel Continente dalla fine della Seconda Guerra Mondiale”.

Politico nota: “L’America di Trump è ora l’alleato di Putin. L’Europa e l’Ucraina stanno imparando quanto poco gli Usa si curino di loro, mentre il presidente si allinea con il loro peggiore nemico”. Ma le scelte del Trump 2 innescano contraccolpi: “L’Ucraina si stringe intorno a Zelensky, ridicolizzato da Trump che chiede che il Paese devastato dalla guerra indica elezioni”. E, sempre secondo Politico, “una ‘coalizione di crisi’ occidentale va formandosi”: “Dimenticatevi la Nato e l’Ue. I leaders occidentali stanno costruendo una nuova cornice diplomatica per gestire l’allineamento di Washington con Mosca”. Una visione forse ottimistica. Ma, se si rivelasse realistica, l’Europa uscirebbe da questa difficile e delicata prova più unita e più forte.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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