Antonio Armellini, Massimo De Angelis, Giulio Ferlazzo Ciano, Giampiero Gramaglia e Michele Mezza rispondono a otto quesiti e “ad alcuni interrogativi legittimi sulla pace in Ucraina e sui nuovi equilibri geopolitici mondiali”. sono i dubbi in merito “ai rischi di scoppio di una terza guerra mondiale” posti da Bruno Somalvico in occasione del seminario del 15/06/2023 su “La pace in Ucraina, a quali condizioni e con quale impatto sugli equilibri politici mondiali” con Lucio Caracciolo.
Qui di seguito le mie risposte. L’intero questionario su https://www.key4biz.it/democrazia-futura-i-dubbi-in-merito-ai-rischi-di-scoppio-di-una-terza-guerra-mondiale/455364/
Domane e dubbi sulla Terza Guerra Mondiale
- L’iniziativa di pace del presidente cinese Xi Jinping, che, dopo avere fatto visita a Vladimir Putin e telefonato a Volodymyr Zelensky, ha ricevuto Antony Blinken, è un punto di svolta nella ricerca d’una soluzione negoziale al conflitto ucraino?
Il fatto che la Cina si sia mossa, dopo oltre un anno di traccheggio, è positivo, anche se il documento messo in tavola da Pechino non è – ancora ? – un’ipotesi di compromesso. E il fatto che, dopo uno iato di 4 mesi, imposto da un incidente di percorso puerile – il pallone sonda / spia cinese sui cieli nord-americani -, Cina e Usa riprendano a dialogare è pure positivo.
Certo, fa un po’ specie che Kiev e l’Occidente, che volevano che Pechino dicesse la sua, poi la zittiscano perché non ha detto esattamente quello che loro volevano sentilre dire. In ogni caso, il Papa, Xi, Lula, gli africani, i percorsi della pace sono oggi molto più battuti di prima, quando c’era solo il presidente turco Racep Tayyip Erdogan a cercare di mediare.
- La discesa in campo del leader cinese segnala la volontà politica di porre fine al conflitto costringendo Russia e Usa , Ucraina e Unione europea “a più miti consigli” al fine di evitare il baratro, o è condizionata da altre contropartite nell’Asia-Pacifico da negoziare con gli Stati Uniti, in primis Taiwan?
La Cina è sicuramente preoccupata dei rischi che il conflitto in Ucraina pone alla stabilità internazionale, che le sta a cuore se non altro perché è funzionale alla sua crescita economica. E la Cina è sicuramente interessata ad acquisire, se possibile, crediti diplomatici presso i suoi interlocutori. Ma lo scenario pacifico è per lei prioritario, rispetto a quello europeo. Quando si proclama alfiere dell’integrità territoriale, Pechino parla dell’Ucraina, di cui – del resto – non precisa mai quali siano i confini intangibili, ma ha in mente Taiwan, che – a suo avviso – è parte integrante del territorio cinese.
- I servizi segreti ucraini sono all’origine del sabotaggio del NordStream e dei voli dei droni sopra Mosca? E chi li manovra? E chi sono i responsabili dell’attentato alla diga di Nova Kakhovka?
Non ho idea di chi abbia sabotato il gasdotto NordStream, anche se le indicazioni più recenti di fonte Usa fanno pensare agli ucraini più che ai russi come non ho idea di chi abbia sabotato la diga di Nova Kakhovka, dove invece le indicazioni più recenti, sempre di fonte Usa, fanno pensare ai russi più che agli ucraini. Quanto ai droni su Mosca, la loro paternità è stata riconosciuta da Kiev. Incursioni in territorio nemico e sabotaggi sono da mettere in conto in un conflitto; e la legge del ‘cui prodest’ non è sempre sufficiente ad attribuire correttamente le responsabilità.
- Dopo il freddo diniego di Volodymyr Zelensky di una mediazione papale in occasione dell’incontro con Francesco e l’avvio di una controffensiva ucraina che si sta rivelando più cruenta che efficace, che margini ci sono per la missione di pace affidata al presidente della Conferenza Episcopale italiana cardinale Matteo Zuppi?
Aspettiamo che il cardinal Zuppi vada a Mosca e veda il patriarca Kiril, prima di dichiarare la missione papale fallita o riuscita. Certo, la partenza non è stata granché: la doccia fredda del presidente Zelensky dopo l’incontro con Papa Francesco e il perimetro umanitario in cui gli ucraini confinano l’azione vaticana – scambi di prigionieri, corridoi umanitari, ricongiungimento di bambini ucraini alle loro famiglie – non fanno ben sperare, Ma tutte le iniziative di pace sono, al momento, impastoiate perché né Mosca né Kiev sono convinte di dovere negoziare.
- I conflitti non sono solo in Ucraina ma tornano ad investire i Balcani. C’è chi non manca di fare un parallelismo vedendo il Kosovo come l’Ucraina dei Serbi. Sergio Romano si chiedeva tempo fa sul Corriere della Sera se questi conflitti preludano allo scoppio della Terza Guerra Mondiale, notando le similitudini fra vecchi e nuovi imperi.
Speriamo proprio di no. La storia – si dice – procede per cicli, ma anche “non si ripete”. E credo che, rispetto a un secolo fa, ci sia molta più consapevolezza del carattere catastrofico di una nuova Guerra Mondiale: la capacità distruttiva dell’arma nucleare è, di per sé, un elemento di deterrenza fortissimo.
Ciò detto, la fiducia nel buon senso è un ancoraggio inadeguato alla sicurezza internazionale: dopo la fine della Guerra Fredda, non è stata ancora definita un’architettura di sicurezza globale che contemperi e in qualche misura soddisfi priorità ed esigenze di tutti i protagonisti della geo-politica planetaria, che sono molto più numerosi, e molto più interdipendenti, di quanto non lo fossero un secolo fa o prima della Seconda Guerra Mondiale o anche durante la Guerra Fredda.
- L’irrompere sulla scena del conflitto della Cina segna un’inversione di tendenza rispetto allo scenario della ‘lunga guerra’? Che impatto sta producendo negli equilibri europei? Quali sarebbero i rischi per il Vecchio Continente nel caso di un successo diplomatico conseguito dalla Cina nella soluzione del conflitto fra Russia e Ucraina? A quali ingerenze rischieremmo noi europei di essere esposti in caso di “assistenza” politica e diplomatica di Pechino in una mediazione fra russi e ucraini?
E che cosa dovremmo fare, noi europei?, sabotare uno sforzo di pace cinese perché Pechino non s’appunti sul petto la medaglia della mediazione? Magari, sarebbe meglio se partecipassimo con qualche creatività diplomatica alla ricerca d’una via d’uscita dal conflitto, senza far venire meno appoggio e solidarietà al popolo aggredito e invaso.
E sarebbe pure meglio se impostassimo con Pechino un dialogo fra pari, non demograficamente, ma economicamente: un dialogo davvero Cina / Ue. Ma i leader dei Paesi dell’Unione preferiscono presentarsi da Xi uno a uno in processione, invece di andarci tutti insieme, magari delegando, se riuscissero a fare squadra, Ursula von der Leyen e Charles Michel, per discutere di economia e commercio, tecnologia e sicurezza, energia e climaa.