Medaglioni sugli Anni Novanta e il primo scorcio del XXI Secolo scritti per il libro sui 110 anni del Corriere di Saluzzo
Gli Anni Novanta: la grande (e breve) illusione
Gli Anni Novanta sono quelli della Grande – e breve – Illusione: l’Occidente, che ha appena vinto, senza sparare un colpo, la Guerra Fredda e che assiste alla disgregazione dell’Unione Sovietica, assapora l’euforia di un futuro senza conflitti. E, invece, vivrà un decennio segnato da guerre senza posa. Lo smantellamento del mondo comunista e delle sue strutture – l’Urss, il Comecon e il Patto di Varsavia – non è indolore e innesca conflitti regionali che il centralismo sovietico aveva fin lì impedito: Nagorno Karabakh, Cecenia, Abkhazia, Transnistria, Ossezia sono terreni contesi di cui ignoravamo persino l’esistenza. E il peggio verrà dallo smembramento della Jugoslavia, una Federazione di cui il maresciallo Tito aveva mascherato, col suo prestigio, fragilità e tensioni.
Il decennio si apre con una prova di forza dell’Occidente e dell’ordine internazionale: non bloccata per una volta dai veti, l’Onu avallò l’intervento militare per ristabilire la legalità internazionale restituendo l’indipendenza al Kuwait, occupato e annesso dall’Iraq di Saddam Hussein. La Guerra del Golfo del 1991 vede costituirsi una coalizione di 35 Paesi, fra cui l’Italia, a guida Usa: la notte del 17 gennaio, con il bombardamento di Baghdad, scattò l’operazione militare Desert Storm, che era stata preceduta nei sei mesi precedenti dall’Operazione Desert Shield, la più grande operazione logistica e di posizionamento dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. In poco più di un mese, entro fine febbraio, il Kuwait fu liberato e la legalità internazionale ristabilita. E la coalizione si limitò alla missione che l’Onu le aveva affidato, senza perseguire il cambio di regime a Baghdad.
Nella scia di quel successo, crebbe in Occidente il favore per gli interventi umanitari: gli Stati Uniti di Bill Clinton ne furono interpreti nel 1993 con Restore Hope in Somalia, uno Stato fallito, dove bande armate e poteri locali impedivano agli aiuti umanitari di raggiungere le popolazioni affamate. Ma gli Stati Uniti e i loro alleati dovettero presto rendersi conto che una presenza militare straniera, per quanto umanitaria sia, non è mai ben percepita dalla popolazione indigena: episodi da film come Black Hawk Down o, per gli italiani, la battaglia del check point Pasta o le uccisioni dei giornalisti Italia Alpi e Mirko Hrovatin e poi Marcello Palmisano mostrarono i limiti del nuovo interventismo.
Intanto, la penisola balcanica s’era accesa di conflitti sanguinosi: lo smembramento della Jugoslavia non fu indolore, perché le repubbliche che la componevano non rispettavano i confini delle etnie serba e croata e albanese né quelli delle fedi religiose (cattolici, ortodossi e musulmani); e la Bosnia era un coacervo di tutti i contrasti. La comunità internazionale non fu neutrale e fu impotente: la strage di Srebrenica – 8.000 persone trucidate – avvenne sotto gli occhi dei caschi blu olandesi. E alla fine del decennio la guerra della Nato alla Serbia spense le illusioni residue di un nuovo ordine internazionale giusto e pacifico. Mentre nell’agosto del 1998 gli attentati di Nairobi e Dar es Salaam avevano annunciato il tema di fondo del primo decennio del XXI Secolo, il terrorismo integralista.
In Italia, gli Anni Novanta sono quelli di Mani Pulite e della Seconda Repubblica, con l’avvento nella politica e al governo di Silvio Berlusconi e la nascita dell’Ulivo. La generazione di partiti e leader del dopoguerra esce di scena, talora in modo brusco, e talora in modo tragico, ma il nuovo che avanza non si rivelerà migliore: conflitti d’interesse, corruzione, rivalità personali, interventi della magistratura mineranno dal 1994 al 2000 la stabilità politica. Ma l’Italia riuscirà a qualificarsi per l’ingresso nell’euro, restando nel gruppo di testa dell’integrazione europea.
Il XXI Secolo, terrorismo e globalismo
Il Terzo Millennio, e il XXI Secolo, viene tragicamente aperto dall’evento destinato a caratterizzare il primo decennio e a condizionare anche il secondo: l’attacco all’America dell’11 Settembre 2001, quasi 3000 vittime tra New York e Washington, con il dirottamento di quattro aerei ad opera di 19 terroristi integralisti islamici. Due dei velivoli andarono a schiantarsi contro il World Trade Center di New York, causando il crollo delle Torri Gemelle, e un terzo contro un’ala del Pentagono, mentre sul quarto un’insurrezione dei passeggeri impedì ai dirottatori di centrare il loro obiettivo, forse il Campidoglio di Washington – l’aereo si schiantò al suolo in Pennsylvania -.
L’11 Settembre inaugurò una stagione di attentati sanguinosi, a Madrid, a Parigi, a Londra e altrove. L’Occidente rispose rovesciando il regime al potere in Afghanistan, dove i talebani assicuravano impunità ai terroristi di al Qaida nei loro santuari: e, due anni dopo, invadendo, senza alcun motivo, né alcuna valida connessione con gli attacchi all’America, l’Iraq.
Le due operazioni militari furono entrambe fallimentari. In Afghanistan si determinò una situazione di conflitto endemica: lo Stato corrotto e fantoccio mantenuto in piedi della presenza occidentale sarebbe collassato, nell’agosto del 2021, ancora prima che i militari occidentali lasciassero il Paese, mentre i talebani riprendevano il potere. In Iraq, la dittatura di Saddam Hussein è stata abbattuta e sostituita da un simulacro di democrazia, dove milizie settarie e bande armate la fanno da padrone: lì, l’occupazione creò i presupposti per la nascita, dieci anni dopo, dell’Isis, l’auto-proclamato Stato islamico a cavallo tra Iraq e Siria, che avrebbe innescato una raffica di attentati in Europa – Francia, Belgio, Germania, Gran Bretagna, Spagna e altrove – e che sarebbe stato sconfitto e dissolto solo dopo anni di guerra.
I primi dieci anni del nostro Secolo sono stati difficili. Ma un bagliore di speranza li illuminò, quando, la notte del 4 novembre 2008, Barack Obama, il primo nero, venne eletto alla presidenza degli Stati Uniti: parve aprirsi un’era nuova, ma, in realtà, il cielo era già riempito dalle nuvole d’una crisi economica figlia della speculazione e della globalizzazione e destinata a costringere l’Occidente e il Mondo a inseguire per anni il livello di benessere del 2008 perduto con la crisi e con la successiva ricaduta del 2012, pesante soprattutto in Europa e in Italia, oltre che in Grecia.
In questo contesto, la Cina aumentava la propria rilevanza economica, commerciale e geo-politica; e la Russia, che inaugurava l’era di Vladimir Putin, ritrovava fiducia in se stessa, faceva un’intesa con la Nato e conquistava un posto fra i Grandi al G7 divenuto G8.
Nell’Unione europea, il decennio è aperto dall’entrata in vigore dell’euro, la moneta unica, ma è pure segnato dal fallimento del progetto di Costituzione europea e dall’allargamento ad Est dell’Ue, con l’ingresso dei Paesi dell’Europa orientale sottrattisi al comunismo, dei Baltici, di Malta e Cipro.
In Italia, i primi dieci anni del XXI Secolo vedono l’alternanza tra governi di centro-destra, sempre a guida di Silvio Berlusconi, e governi di centro-sinistra, sempre a guida di Romani Prodi. La crisi del 2008 arriva, come ovunque, inattesa e improvvisa: prelude al tramonto dell’era Berlusconi e della Seconda Repubblica, senza che la Terza sia mai nata davvero. La gemma italiana è la vittoria ai Mondiali di Calcio del 2006 in Germania: gli Azzurri di Lippi ci regalano un inatteso successo e un momento di ottimismo, che sarà breve.