Le parole di pace che si pronunciano all’Onu giungono smorzate in Ucraina, soffocate dai boati delle cannonate e dal crepitare degli spari. Il lavorio della diplomazia vaticana e il piano elaborato dal presidente messicano Andrés Manuel López Obrador non scalfiscono i muri contrapposti russo e ucraino, mentre la Cina ha moniti sia per la Russia che per gli Usa.
A Izyum, la città dell’Ucraina nord-orientale occupata a lungo dai russi e liberata a inizio settembre, sono stati esumati da fosse comuni 436 corpi, 30 dei quali “con segni di tortura”: ne danno notizia fonti locali, nel giorno in cui una commissione d’inchiesta dell’Onu dichiara di avere documentato, in Ucraina, una vasta gamma di crimini contro i minori, inclusi casi di bambini “stuprati, torturati e confinati illegalmente”. L’età delle vittime di violenza sessuale va dai 4 agli 82 anni. In diversi casi, è stato accertato che gli autori erano soldati russi.
Il Messico ha ufficialmente presentato all’Onu la proposta di un processo di pace per mettere fine alla guerra fra Russia e Ucraina. A nome del capo dello Stato messicano, il ministro degli Esteri, Marcelo Ebrard, l’ha illustrata prima al Consiglio di Sicurezza e all’Assemblea generale.
López Obrador propone di creare un comitato per il dialogo e la pace in Ucraina, coinvolgendo capi di Stato e di governo, fra cui Papa Francesco e il premier indiano Narendra Modi. Il tentativo è quello di “offrire un canale diplomatico complementare a quelli esistenti”, di fronte all’incapacità del Consiglio di Sicurezza di agire per fermare il conflitto. Oltre che al segretario generale dell’Onu Antonio Guterres, la proposta è già stata presentata alle parti in causa, al Vaticano e all’India. L’Ucraina l’ha accolta con freddezza, la Russia l’ha respinta.
Riunitosi a margine dell’Assemblea generale, il G7 “condanna fermamente i referendum farsa che la Russia cerca di usare … per cambiare lo statuto della sovranità territoriale ucraina”. In una nota, si legge che “queste azioni violano chiaramente la Carta dell’Onu e il diritto internazionale”: i Sette sono pronti a imporre nuove sanzioni.
Nei corridoi del Palazzo di Vetro, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi continua a tessere la tela dei suoi contatti. Al ministro ucraino Dmytro Kuleba ha detto, parafrasando parole di Xi Jinping, che “sovranità e integrità territoriale di tutti i Paesi vanno rispettate e scopi e principi della Carta dell’Onu vanno pienamente osservati”. Salvo rilevare che “le legittime preoccupazioni di sicurezza di tutti i Paesi – leggasi Russia, ndr – devono essere prese sul serio”. La Cina “è sempre dalla parte della pace e continuerà a svolgere un ruolo costruttivo”, ha concluso Wang.
Il ministro cinese ha anche avvertito gli Usa che, “se non cambiano rotta su Taiwan, il confronto diventerà inevitabilmente conflitto”. Per Wang, la politica dell’ “Unica Cina” è la base su cui poggiano le relazioni tra Pechino e Washington: “la questione di Taiwan, se non gestito bene, è molto probabile che provochi conseguenze devastanti”. Frizioni sull’Ucraina fra Paesi Ue, dopo che il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, parlando dalla tribuna del Palazzo di Vetro, ha definito la guerra “un’aggressione non provocata, illegale e ingiustificata, che mira a cambiare con la forza i confini internazionalmente riconosciuti … Poiché dobbiamo fermare la macchina da guerra del Cremlino, le massicce sanzioni economiche contro Mosca sono inevitabili”.
Ma poco dopo, creando irritazione fra i partner Ue, il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto ha detto alla Tass: “L’Ungheria non vede motivo di un nuovo pacchetto di sanzioni anti-russe, specie in materia di energia … La nostra posizione è cristallina … L’energia è una chiara linea rossa per noi: non siamo pronti a costringere il popolo ungherese a pagare il prezzo di una guerra di cui non è assolutamente responsabile”.
Szijjarto, che è recentemente stato a Mosca a negoziare forniture d’energia addizionali, mentre tutta l’Unione cerca di ridurre la dipendenza dalla Russia, ha incontrato il ministro russo Serguei Lavrov, con cui ha proprio discusso “l’ulteriore sviluppo della cooperazione energetica, data la sfavorevole situazione globale”, irritando la Commissione europea..