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Ucraina: punto, di Vertice in Vertice, l’Occidente mostra i muscoli

Scritto per La Voce e il tempo uscito il 30/06/2022 in data 03/07/2022 e, in altra versione, per Il Corriere di Saluzzo del 30/06/2022

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Di Vertice in Vertice, l’Occidente mostra i muscoli alla Russia sull’Ucraina. E Mosca reagisce rovesciando piogge di missili su Kiev e diverse altre città ucraine, mentre l’avanzata dei russi prosegue nel Donbass. Dopo che il Consiglio europeo di Bruxelles aveva riconosciuto a Ucraina e Moldavia lo statuto di candidati all’adesione all’Ue, il Summit del G7 in Germania s’è chiuso rinnovando l’impegno dei Grandi a rimanere al fianco dell’Ucraina “fin quando sarà necessario” ed a fornirle le armi di cui ha bisogno e ad aiutarla nella ricostruzione; e c’è la volontà di rendersi indipendenti dall’energia della Russia e di sventare una guerra del grano a spese del Terzo Mondo.

Nelle sue varie formazioni, l’Occidente sciorina unità e coesione a sostegno dell’Ucraina, il cui presidente Volodymyr Zelensky interviene volta a volta a sollecitare più armi e più aiuti. L’aggressione russa al Paese confinante offre un facile collante all’Unione europea, ai Sette Grandi e all’Alleanza atlantica, che, al Vertice di Madrid, trova una nuova dimensione, con la partecipazione di Giappone e Corea del Sud, Australia e Nuova Zelanda – quanto basta perché la Cina denunci “l’espansionismo” dell’alleanza militare occidentale –. E c’è pure in extremis l’intesa con la Turchia sull’ingresso nella Nato di Finlandia e Svezia.

A Madrid, l’Alleanza vara la nuova versione del suo ‘concetto strategico’, che individua nella Russia “la principale minaccia alla sicurezza atlantica” e che per la prima volta indica la Cina come “fonte di preoccupazione”. Pechino ha già organizzato la sua risposta al gran pavese dei vertici occidentali riunendo virtualmente i leader dei Brics – Cina, Russia, Brasile, SudAfrica e India -: per Xi Jinping, presidente cinese, è stata l’occasione per predicare “l’autentico multilateralismo”, sollecitare l’abbandono della “mentalità da Guerra Fredda” e ribadire d’essere contro “le sanzioni unilaterali”. Vladimir Putin, presidente russo, ha invece denunciato “l’egoismo dell’Occidente”.

Dalla Baviera a Madrid, dal G7 alla Nato, i leader dell’Occidente ripropongono di Vertice in Vertice i loro mantra. E il ‘falco’ Boris Johnson zittisce le ‘colombe’ Scholz e Macron: “Di trattativa, non è l’ora di parlare”. Del resto, la battuta del Cremlino – “La guerra in Ucraina può finire subito, se Kiev ordina alle sue unità di deporre le armi” – non può costituire una base negoziale. Mario Draghi è sulla linea di Joe Biden: le sanzioni “sono essenziali per portare Mosca al tavolo della pace, dobbiamo essere pronti a cogliere gli spazi di trattativa”.

Dietro le certezze di facciata, elementi di dubbio
Ma un conto sono le posizioni di facciata e un altro le valutazioni realistiche: alla Casa Bianca, c’è chi confida alla Cnn dubbi che l’Ucraina possa recuperare la Crimea e il territorio delle repubbliche secessioniste auto-proclamate del Donbass, le filorusse Donetsk e Lugansk. Consiglieri di Biden valutano l’opportunità che Zelensky “moderi le aspettative su quel che le forze ucraine possono davvero ottenere”, accettando l’idea che il territorio ucraino possa irreversibilmente ridursi.

Lunedì, al G7, Zelensky spiegava che avrebbe considerato “una vittoria” costringere le truppe russe a ritirarsi entro i confini del 23 febbraio. A quella data, Kiev non controllava le parti del Donbass occupate dalle repubbliche di Donetsk e Lugansk e la Crimea, annessa alla Russia fin dal 2014. Nelle ultime settimane, però, il quadro è peggiorato: le forze di Mosca avanzano nel Donbass e quelle ucraine subiscono forti perdite, in uomini – “fino a 100 soldati al giorno” – e mezzi – armi e munizioni si consumano “più in fretta di quanto l’Occidente non sia in grado di fornire nuovi sistemi d’arma e di provvedere all’addestramento” -.

Ragion per cui fonti militari ed esperti dell’intelligence giudicano “improbabile che l’Ucraina riesca a mettere insieme la forza necessaria per riconquistare tutto il territorio ceduto alla Russia, specie entro quest’anno”, l’obiettivo temporale indicato ai Grandi da Zelensky.

Madrid – Mosca, punture di spillo reciproche
Nulla di tutto ciò trapela, però, da discorsi e dichiarazioni del Vertice di Madrid: i leader dei Paesi della Nato sono stati ospiti a cena, martedì sera, di re Filippo VI. “È in corso una gara fra autocrazie

e democrazie e noi dobbiamo vincerla”, dice Biden al sovrano. Il dipartimento del Tesoro Usa ha appena annunciato il bando dell’oro dalla Russia e sanzioni contro 70 entità russe della difesa, oltre che contro una trentina di individui. Mosca ha reagito con ritorsioni simboliche, come il divieto d’ingresso alla moglie e alla figlia del presidente Usa e ad altre 23 persone, tutte colpevoli di avere “una linea russofobica”.

Il ministro degli Esteri russo Serguiei Lavrov dice che “più armi gli occidentali inviano in Ucraina, più durerà il conflitto e l’agonia del regime nazista”: “La linea dell’Occidente è del tutto controproducente”, aggiunge Lavrov, parlando ad Ashgabad, capitale del Turkmenistan. Dove lo raggiunge, dal Tagikistan, dove s’è occupato della situazione in Afghanistan, il presidente Putin: c’è un vertice dei Paesi rivieraschi del Mar Caspio (Azerbaigian, Iran, Kazakhstan, Turkmenistan e Russia). Sono le prime missioni all’estero di Putin dall’inizio dell’invasione.

L’ambasciatore di Mosca a Washington Anatoly Antonov avverte che “le continue consegne di armi da Washington a Kiev non fanno altro che inasprire la spirale del conflitto e aumentare la minaccia di un ulteriore aggravamento con conseguenze imprevedibili”.

Per gli Stati Uniti, quello di Madrid è un “vertice storico”, che avviene in tempo di guerra e vede l’Alleanza “più unita che mai”, sostiene il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan: “L’Ucraina sarà al centro del dibattito …”; gli Stati Uniti e alcuni altri Paesi intendono annunciare “un rafforzamento a lungo termine del loro impegno militare in Europa e del contributo alla difesa del fianco orientale”.

E’ acquisito il più importante rafforzamento delle capacità operative della Nato dalla Guerra Fredda: le forze di pronto intervento (‘rapid deployment forces’) supereranno la soglia delle 300 mila unità. Il ministero della Difesa russo annuncia che sta lavorando a piani per rafforzare i confini occidentali di fronte ai “nuovi pericoli” provenienti dalla Nato.

L’Occidente s’aspetta che la Cina “faccia pressione sulla Russia affinché cessi l’aggressione militare e ritiri immediatamente e incondizionatamente le sue truppe” dall’Ucraina. Ma, nel contempo, intende indicare la Cina fra gli elementi di preoccupazione della situazione internazionale. Al che Pechiono replica che la Nato, “come prodotto della Guerra Fredda e maggiore alleanza militare al mondo, ha aderito a lungo a concetti di sicurezza obsoleti ed è diventata da tempo uno strumento per i singoli Paesi per mantenere l’egemonia”. Per la Cina, “il nuovo documento strategico non è altro che ‘vecchio vino in bottiglia nuova’. In sostanza non cambia la mentalità della Guerra Fredda di creare nemici immaginari e impegnarsi in scontri sul campo”.

Pioggia di missili e attacco dalla Bielorussia
Sul terreno, in Ucraina, la situazione è sempre più tragica: 130 i missili sparati dai russi in 96 ore; l’attacco al centro commerciale di Kremenchuk è uno degli episodi più letali di tutto il conflitto; Mosca nega di avere preso di mira obiettivi civili e dice di avere bombardato fabbriche di missili e centri di smistamento delle armi e di addestramento. Secondo le fonti di Kiev, i soldati russi caduti dall’inizio dell’invasione sono circa 35.000: fra le perdite finora inflitte a Mosca, l’esercito ucraino cita 217 caccia, 184 elicotteri e 636 droni abbattuti; e 1.552 carri armati distrutti, con 771 pezzi d’artiglieria, 3.687 veicoli blindati, 14 navi e 139 missili cruise.

Nel Donbass, le forze ucraine stanno riposizionandosi nel settore Severodonetsk – Lysychansk, dove la linea di resistenza è debole, mentre le unità blindate russe continuano ad avanzare. E ci sono voci di avvicendamenti di generali russi e di 007 ucraini. Mikhailo Podolyak, capo negoziatore del team di Zelensky, scrive su Twitter che “la Russia cerca di intimidirci, causando panico fra la gente.. Ma l’Ucraina è pronta a tutto…”. I filo-russi sostengono d’avere ucciso mille ucraini e di averne catturati 800, durante la ritirata da Severodonetsk.

Lo scorso fine settimana, c’è stata la prima azione condotta dall’aeronautica russa dallo spazio aereo bielorusso: l‘intelligence ucraina ipotizza che Mosca voglia coinvolgere la Bielorussia nella guerra. Minsk avrebbe già trasferito in Russia fino a 20 vagoni ferroviari carichi munizioni e continuerebbe a fornire supporto militare. Nel contempo, Putin vuole fornire al regime di Aleksander Lukashenko missili a corto raggio Iskander-M e si offre di ammodernare gli aerei Sukhoi SU-25 in dotazione all’aeronautica bielorussa.

Il fronte – imperfetto – delle democrazie
“Quando le democrazie si uniscono, non c’è nulla che non possano realizzare”. Detta come se fosse un assioma, la frase di Biden sintetizza il messaggio della carrellata di Vertici di questi giorni, Ue, G7, Nato: democrazie all’opera insieme, contro l’aggressività militare della Russia in Ucraina e contro la spinta egemonica economica e commerciale della Cina ovunque nel Mondo.

Biden annuncia investimenti nelle infrastrutture per 600 miliardi di dollari da qui al 2027 – un terzo lo mettono gli Usa – e spiega: “Bisogna sviluppare tecnologie sicure perché le nostre informazioni online non siano utilizzate dagli autocrati” e “colmare il divario nelle infrastrutture globali”.

E il presidente degli Stati Uniti e i suoi partner sono disposti a chiudere un occhio se il ‘campo largo’ delle democrazie occidentali è inquinato da qualche autocrazia potenzialmente ‘doppiogiochista’ – Turchia o Egitto – o da qualche regime adagiato in un oscurantismo medievale – l’Arabia saudita -.

Incontrando il padrone di casa del G7, il cancelliere tedesco Olaf Scholz, Biden spiega: “Dobbiamo restare insieme, nel G7 e nella Nato”: Putin “spera che ci dividiamo”, ma “non è accaduto e non accadrà”. Uniti e in maniche di camicia: il tentativo di smontare il mito dell’uomo forte di Putin e Xi passa anche attraverso scelte d’immagine. Al tavolo di lavoro nel castello di Elmau, in Baviera, Johnson chiede: “Con o senza giacca? Dobbiamo tutti mostrare che siamo più tosti di Putin”. Gli tengono bordone tutti quanti, nonostante che, al Vertice virtuale dei Brics, Putin e Xi si fossero inappuntabilmente presentati in giacca e cravatta.

L’Ucraina serve pure da foglia di fico alle carenze di decisione su altri fronti. Ad esempio, il Vertice dell’Ue, la scorsa settimana, ha lasciato in sospeso ogni questione, a parte riconoscere a Ucraina e Moldavia lo statuto di candidati all’adesione: nulla s’è fatto sul prezzo del gas o su analoghe misure a sostegno delle economia dei 27 e a contrasto dell’inflazione; e nulla sul futuro dell’Unione, a parte il lancio informale di un’Unione politica europea tanto vaga quanto indefinita – una sorta di ‘camera di compensazione’ dove accogliere i Paesi in lista d’attesa per l’adesione: una sala d’aspetto confortevole, ma sostanzialmente vuota -. E il G7 ha messo la sordina alla questione climatica, nonostante la siccità ne sottolinei l’urgenza. E non è quasi rimasta traccia della missione congiunta fatta a Kiev del trio europeo Macron – Scholz – Draghi. Scholz, però, mette un paletto: “Facciamo il possibile per appoggiare l’Ucraina. Ma eviteremo un conflitto fra Nato e Russia”.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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