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Afghanistan: talebani in versione soft non convincono, fuga continua

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 18/08/2021

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I talebani si presentano al Mondo concilianti, pacifici, inclusivi, rispettosi dei diritti e delle donne: in conferenza stampa, il loro portavoce Zabihullah Mujahid manifesta l’orgoglio della vittoria (“Dopo vent’anni di lotta, abbiamo liberato il nostro Paese ed espulso gli stranieri”) e assicura che l’Afghanistan “non sarà più un campo di battaglia” né di vendette. “Abbiamo perdonato quanti ci hanno combattuto … Non vogliamo nemici esterni o interni”, dice; e annuncia l’amnistia generale.

Parole che attendono la verifica dei fatti, in una Kabul dove la tensione resta altissima e da cui decine di migliaia di afghani vogliono andarsene, temendo per la propria vita. Pechino e Mosca, anche Ankara, colgono “segnali positivi” nelle prime mosse dei nuovi padroni dell’Afghanistan, che sono, una generazione dopo, gli stessi di vent’anni fa.

I messaggi che filtrano – no all’obbligo di burqa per le donne e sì alla loro istruzione e alla presenza nel governo, “nell’osservanza della sharia”, rispetto della libertà di stampa – mirano al riconoscimento della “legittimità” di un loro governo che gli Usa non escludono e che tutto l’Occidente subordina “al rispetto degli standard internazionalmente concordati sui diritti umani e dell’inclusione” – parole di Boris Johnson al capo del governo pakistano Imran Khan -.

Cina e Russia non vogliono che l’Afghanistan ridiventi un hub del terrorismo internazionale. Mujahid assicura che il Paese non diventerà santuario per i ‘foreign fighters’ dell’Isis o per i miliziani di al Qaida. E si spinge oltre: “L’Afghanistan – dice – non sarà più un centro della coltivazione del papavero da oppio o dell business della droga”, chiedendo sostegno internazionale per promuovere un’alternativa alla coltivazione del papavero.

I talebani sarebbero stati indotti a entrare in Kabul nel fine settimana “per garantire la sicurezza”: “Contavamo di fermarci alle porte della città perché il processo di transizione potesse completarsi senza intoppi. Ma il governo precedente era del tutto incompetente e le forze dell’ordine non riuscivano a mantenere la sicurezza. Dovevamo agire “. C’è ’impegno ad evitare rappresaglie, anche se dalle province vengono notizie di rastrellamenti e uccisioni.

210818 Afghanistan - talebani - fuga da Kabul
August 17, 2021, Kabul, Afghanistan: In a handout photo provided by the US Air Force, evacuees crowd the interior of a U.S. Air Force C-17 Globemaster III transport aircraft, carrying some 640 Afghans to Qatar from Kabul, Afghanistan on August 15, 2021. More than 600 Afghan men, women and children, crammed on the floor of a U.S. military plane and left Kabul after the city was seized by Taliban insurgents. (Credit Image: © U.S. Air Force/ZUMA Press Wire)

Washington e i Paesi della Nato sono impegnati a evacuare quante più persone possibile: 6.000, forse 9.000 al giorno. Un ponte aereo è in atto, dopo il caos di lunedì: 640 afghani in fuga stipati dentro un C-17 decollato a stento, un morto nel vano carrello di un altro.

Parlando alla Nazione lunedì sera, Joe Biden ha difeso il ritiro delle truppe, pur riconoscendo che esso poteva essere condotto meglio: “Preferisco le critiche, piuttosto che tergiversare”. L’intelligence fa sapere che da settimane aveva avvertito che il regime e l’esercito afghani si sarebbero sbriciolati e che i talebani si sarebbero impadroniti del Paese molto rapidamente.

Le immagini dall’aeroporto di Kabul e la notizia che i talebani si sono impadroniti quasi senza colpo ferire di armi ed equipaggiamenti forniti dagli Usa agli afghani fanno precipitare il sostegno al ritiro nell’opinione pubblica, bruscamente sceso dal 69% al 49%. Biden è sotto attacco da destra (anche se l’accordo di ritiro con i tabelani fu fatto da Donald Trump) e da sinistra. George W. Bush esprime “profonda tristezza”. La Cina nota: “Dove vanno, gli Usa distruggono, non costruiscono”.

Abdul Ghani Baradar, il leader dei talebani che negoziò il ritiro, rientra a Kandahar – era a Doha -. Il vice del presidente fuggitivo Ashraf Ghani, Amrullah Saleh, si proclama “legittimo presidente ad interim”. E ricompare Ahmid Karzai, primo presidente dell’Afghanistan ‘post talebani’.

Intanto, l’Ue guarda alla crisi umanitaria e al flusso di profughi che si prospetta e valuta l’apertura di corridoi umanitari – ne parlano Draghi e la Merkel -, mentre la Turchia alza ai confini orientali un muro anti-migranti. Johnson pensa di convocare un G7, i ministri degli Esteri dell’Ue analizzano insieme gli errori fatti e cercano una risposta comune, “una strada sicura”, per i richiedenti asilo – parole del ministro degli Esteri Luigi Di Maio -. I 27 chiedono stop alle violenze in Afghanistan e ripristino dell’ordine.

 

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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