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Il settimanale 2020 2 – La Fase 2: una dottoressa racconta

Scritto per Il Settimanale 2020 2 - La Fase 2 del 10/05/2020

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“Mantenere le distanze diventa difficile quando il contatto fisico e il contatto visivo sono un elemento imprescindibile del tuo lavoro”. Parliamo dell’emergenza coronavirus con Maria Comito, 61 anni, dirigente medico dell’area di prevenzione vaccinazioni Asl Roma 1. Calabrese di nascita e romana d’adozione, la dottoressa Comito ci spiega come il Covid-19 abbia cambiato il suo modo di essere medico e il rapporto con il paziente.

Dottoressa, che impatto ha avuto l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo sul suo lavoro?
Io mi occupo di vaccinare le persone, ho sempre indossato mascherine, guanti e camice. Ad essere cambiata è stata l’attenzione in termini di protezione individuale del medico e del paziente. Nello studio medico si entra uno per volta: solo dopo avere rilevato la temperatura con il termoscanner e aver igienizzato le mani con uno specifico gel, un operatore sanitario accompagna l’utente fino alla stanza in cui viene effettuato il vaccino. A visita conclusa il paziente viene accompagnato all’uscita dopo aver sanificato un’ultima volta le mani. La procedura di sicurezza prevede una serie di accortezze che allungano i tempi di permanenza del paziente all’interno della struttura, oltre ad aumentare la distanza tra lui e me.

Settimanale 2020 2 - Fase 2 - dottoressa Comito

Che cosa intende per distanza?
Da medico, ho l’esigenza di toccare con le mani il paziente, ma non solo: esiste un linguaggio non verbale necessario per rassicurarlo, farlo sentire a proprio agio tra aghi e siringhe. La mascherina, così come il contatto fisico limitato, costituiscono una barriera che cade come una lastra di ghiaccio tra me e chi mi sta davanti, raffreddandone il rapporto.

E i pazienti come hanno reagito?
All’inizio dell’emergenza non venivano, rinviavano la visita per paura del contagio. Con il passare delle settimane si sono mostrati sempre più coscienziosi e collaborativi, meno impauriti rispetto a prima. Anche perché, ricordiamolo, per contrastare le malattie infettive, l’unico rimedio è la vaccinazione.

I pazienti più piccoli, invece, in che modo hanno risentito di questa situazione
L’atteggiamento dei bambini è diverso in relazione alla fascia d’età: i neonati fino a un anno mostrano un forte smarrimento in presenza di altre persone, contrariamente a qualche mese fa. I bambini più grandi invece, sono diventati più introversi e timidi. Impauriti non rispondono alle domande, sono ormai troppo abituati e stare solo nel loro guscio familiare, ogni faccia nuova diventa nemica. Per me è difficile trasmettere serenità e sicurezza indossando la mascherina, i bambini non possono vedere la mia espressione, non percepiscono visivamente un mio sorriso, un’espressione simpatica. Piangono, molto di più rispetto a prima.

Nella sua realtà familiare invece come è cambiata la sua quotidianità?, il suo modo di relazionarsi a chi vive con lei?
Torno a casa dal lavoro ogni giorno con un bagaglio pieno di apprensione e ansia. Mentre i miei affetti ora, così come nel pieno dell’emergenza, osservano la quarantena, io esco di casa ogni giorno per recarmi a lavoro, correndo il rischio di essere contagiata e contagiare a mia volta. Non c’è più contatto fisico, niente bacio del buongiorno e della buonanotte. Nessun abbraccio. Guardiamo la tv in salotto, ognuno da un divano diverso.

Per finire, dottoressa: una prospettiva sul vaccino…
Come le dicevo prima, per sconfiggere il coronavirus l’unica arma vincente è il vaccino, che però deve soddisfare le prerogative indispensabili di sicurezza ed efficacia. I tempi di attesa per poterne disporre in maniera sicura si aggirano intorno a un anno, un anno e mezzo. Sono questi i tempi della medicina. Fino a quel momento dovremo, con molta probabilità, continuare ad indossare mascherine e guanti e a sederci sul divano non troppo vicini.

La redazione SixPress, composta da Giusy Foschino, Giovanna Galletta, Carlotta Gentile, Alessia Penna, Viviana Pungì, Francesca Ranieri

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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