L’uomo che ha sventato in extremis una rappresaglia anti-iraniana e, forse, almeno per il momento, una guerra nel Medio Oriente è un giornalista: Tucker Carlson, conduttore di talk-show e opinionista conservatore, elemento di riferimento della Fox, che è la tv di riferimento del presidente Donald Trump.
Sposato, quattro figli, 50 anni, Tucker Swanson McNear Carlson ha sempre pensato e sostenuto che gli Stati Uniti debbano pensarci due volte prima di intervenire militarmente all’estero; e non è certo che l’Iran sia responsabile dei recenti attacchi contro petroliere nello Stretto di Hormuz e nel Golfo di Oman.
Trump lo ascolta e lo segue. Giovedì pomeriggio, mentre il presidente Trump riceveva i giornalisti nello Studio Ovale, insieme al premier canadese Justin Trudeau, Carlson sarebbe apparentemente riuscito a instillargli un dubbio sull’opportunità della ritorsione. Esordiente a The Weekly Standard, Carlson è stato alla Cnn dal 2000 al 2005, come ‘voce di destra’ del programma Crossfire, e quindi alla MsNbc. Dal 2009 è analista politico della Fox e dal 2016 conduce un suo talk show serale.
La ricostruzione di quanto sia avvenuto e di che cosa, o di chi, abbia davvero convinto il presidente a sospendere la ritorsione dopo l’abbattimento di un drone 10’ prima dell’ora Ics è controversa. Secondo Daily Beast, il parere di Carlson è stato determinante, nonostante Trump si sia circondato di ‘falchi’ che vicono predicando la guerra all’Iran, come il consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton o il segretario di Stato Mike Pompeo.
Il presidente ha più volte affermato di non volere la guerra all’Iran, anche se l’escalation innescata dalla sua Amministrazione, con la denuncia dell’accordo sul nucleare e il ripristino e l’inasprimento delle sanzioni, rischia di condurre la regione a un punto di rottura.
La stampa americana prova a spiegare le ripetute contraddizioni di Trump sull’Iran, fino al cambio di decisione repentino di giovedì. Karen von Hippel, una ex consulente del Dipartimento di Stato, sentita dai media, ritiene “ovvio che qualcuno gli abbia parlato”: “Difficile dire se sia stato Carlson o il premier Trudeau”, la cui influenza su Trump s’è però rivelata in passato modesta, se non controproducente –se Trudeau propone una cosa, Trump fa il contrario, come accadde al G7 2018-.
L’episodio accende una luce su una ‘gara d’influenza’ sul magnate in atto alla Fox tra Carlson e Sean Hannity. Giovedì, Hannity, amico di Trump da molto tempo, invitava gli Stati Uniti “a scatenare un inferno di bombe in Iran”: “Bisogna mandare un messaggio forte che chi se la prende con gli Stati Uniti d’America paga un prezzo pesante. La pace si ottiene con la forza”. Invece Carlson, lunedì scorso, aveva dedicato un segmento del suo show a contestare le fragili prove date dall’intelligence statunitense sulle responsabilità dell’Iran nell’attacco a due petroliere nel Golfo d’Oman: aveva criticato “le malriposte certezze” di Pompeo e fatto un paragone con l’invasione dell’Iraq nel 2003 basata su false asserzioni. “Ne stiamo ancora pagando il prezzo”, aveva ricordato.
Che il merito dello ‘stand-by’ in extremis sia di Carlson o di qualche generale che avrebbe avvertito il ‘comandante in capo’ della sproporzione fra l’offesa subita – l’abbattimento di un drone, senza uomini a bordo – e il danno che sarebbe stato arrecato – 150 vittime stimate -, fatto sta che non è ancora chiaro se l’attacco sia archiviato o solo posposto. Ieri, Trump ha preannunciato un ulteriore inasprimento delle sanzioni contro l’Iran e ha avvertito che “l’opzione militare resta sul tavolo”.
Per il presidente, “le sanzioni colpiscono e colpiranno l’Iran duramente: sono in una situazione economica disastrosa”. “L’Iran – aggiunge – non avrà mai la bomba atomica … Quando saranno d’accordo su questo, diventerò il loro migliore amico”. Il paradosso è che, nel 2015, Teheran firmò un accordo in tal senso, che ha finora rispettato, ma che è stato denunciato proprio da Trump, che ora dice: “Facciamo una nuova intesa, Let’s make Iran great again … Se rinunciano all’atomica, saranno di nuovo un Paese grande e prospero”.
Quanto al cambio di decisione repentino, Trump ci scherza su: “Prima mi accusavano di essere un guerrafondaio, ora mi accusano di essere una colomba”. E ribadisce la fiducia in Bolton, che alla Casa Bianca era il più convinto della necessità dei raid. I suoi alleati e partner sono invece convinti che serva una soluzione politica, come ha ieri ribadito la cancelliera tedesca Angela Merkel: se ne parlerà al G7 di Osaka in Giappone a fine settimana.