Andiamoci piano, con il passo indietro di Kim Jong-un e i peana conseguenti: “Una grande notizia per la Corea del Nord e per il Mondo intero”, scrive Donald Trump che si conferma uno specialista del fuori misura, nel bene e nel male; “un grande progresso”, aggiunge il presidente americano, che adesso non vede l’ora di incontrare il leader nordcoreano, alias “rocketman”, “palla-di-lardo”, “pazzo che non si cura di affamare o uccidere il proprio popolo” e vari altri nomignoli affibbiatigli di tweet in tweet fino alla ‘grande distensione’ abbozzata a inizio anno.
Nell’imminenza dei Vertici con il presidente sudcoreano Moon Jae-in, venerdì prossimo 27 aprile, e con il presidente Trump, si pensa a giugno, Kim fa un annuncio importante, ma si tiene in mano tutte le sue carte: “La Corea del Nord non effettuerà più test nucleari e missilistici”, perché “non ce n’è più bisogno” in quanto – dice – “siamo in una nuova fase della storia”. Kim, però, non trascura d’elencare i successi militari conseguiti – test nucleari di vario tipo, miniaturizzazione delle ogive e acquisizione di sistemi missilistici adeguati -.
“Chiuderemo anche il nostro sito nucleare nel nord del Paese”, dove sono stati compiuti gli ultimi sei esperimenti atomici, promette il dittatore, rivolgendosi al partito a alla Nazione. Ma le bombe non vengono distrutte – esperti calcolano che ve ne siano una decina negli arsenali nord-coreani – e i missili restano operativi. La via della denuclearizzazione della penisola è ancora lunga e passa attraverso un accordo da negoziare: al tavolo. Kim si presenta avendo già fatto concessioni, che, quindi, non appariranno cedimenti agli occhi dei suoi connazionali.
L’’agenzia di Stato nordcoreana Kcna e la tv pubblica riferiscono le parole esatte del terzo rampollo della dinastia comunista: cogliere “l’opportunità storica” di un riavvicinamento con gli altri Paesi e di un pieno riconoscimento della Corea del Nord da parte della comunità internazionale, concentrandosi – sottolinea il leader di Pyongyang – sulla ripresa economica.
E qui sta una chiave, se non la chiave, del successo del negoziato che verrà: Kim dichiara raggiunti gli obiettivi militari e vuole ora concentrare sullo sviluppo economico. L’obiettivo è che in cambio vengano presto ritirate, magari gradualmente, le sanzioni e che i suoi alleati ed i suoi interlocutori gli diano aiuti – anche umanitari – e assistenza economica e finanziaria. Inoltre, ci sarà da trattare sulla verificabilità degli impegni assunti dal regime nordcoreano, con ispezioni internazionali; e c’è chi s’aspetta che la Corea del Nord aderisca al Trattato contro la proliferazione nucleare e consenta la denuclearizzazione della penisola.
Presentato in tv dalla solita paffutella annunciatrice di rosa vestita dei grandi successi nord-coreani, esperimenti nucleari o lanci missilistici, il messaggio letto da Kim al comitato centrale del Partito dei Lavoratori può avere sviluppi importanti. Si vedono le premesse perché, 55 anni dopo la fine della guerra di Corea, l’armistizio diventi una pace e perché il regime di Pyongyang cessi di essere percepito come una minaccia dagli Stati Uniti e dai loro alleati nell’Estremo Oriente, Corea del Sud e Giappone in prima linea. Ma c’è pur sempre da fare i conti con l’imprevedibilità e la suscettibilità delle due ‘prime donne’ di questa trattativa, Kim e Trump.
E’ possibile che la mossa di Kim sia stata decisa nell’incontro a sorpresa a Pechino con Xi-Jinping, il 28 marzo, e che sia pure stata concordata tra le due Coree. Ma Kim ha pure visto in gran segreto, a Pasqua, Mike Pompeo, il segretario di Stato Usa in pectore.
Entusiasmi di Trump a parte, le reazioni all’annuncio di Kim sono largamente positive: Moon, che è il vero artefice di questo processo e che ora dispone della prima linea rossa mai installata tra Seul e Pyongyang, perché i due presidenti possano sentirsi in ogni momento, vede “progressi significativi” verso la denuclearizzazione della penisola coreana. Il premier giapponese Shinzo Abe, appena rientrato dagli Usa, è più cauto: il passo di Kim è “positivo”, ma “non sufficiente”. Tokyo continuerà a monitorare le mosse del regime: “Le nostre politiche non cambieranno fino a quando non vedremo l’irreversibilità del processo di denuclearizzazione della penisola coreana”, dice Abe.
La Cina plaude alla sospensione dei test, la Russia chiede che ora Usa e Corea del Sud riducano l’attività militare. Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres e Federica Mogherini, a nome dell’Ue, parlano all’unisono di “passo avanti”. I ministri degli Esteri del G7 si consultano, oggi e domani, a Toronto, sugli sviluppi della crisi: per l’Italia, c’è Angelino Alfano.