Un po’ in sordina, Donald Trump procede alla revisione della strategia nucleare degli Stati Uniti, che prevede un’espansione degli arsenali, con un’inversione a U rispetto alla dottrina Obama, e assottiglia credibilità e sicurezza della dissuasione atomica. Il presidente che tiene la sordina sulla Nuclear Posture Review, continua a battere la grancassa dello scontro con l’Fbi, che gli replica senza paura.
L’America ha altro in testa: occhi e cuori sono puntati sul SuperBowl, la finalissima del campionato di football, il più grande spettacolo sportivo e televisivo della stagione Usa: questa notte, i favoriti New England Patriots di Boston si giocheranno il titolo contro le ‘aquile’ di Filadelfia. Nelle pause del match, spot pubblicitari da 5 milioni di dollari per 30” e showtime con Justin Timberlake.
Davanti al televisore, come almeno 50 milioni di suoi connazionali, il presidente Trump, gran tifoso del suo amico Tom Brady, inossidabile quarterback della squadra di Boston.
Nella stagione degli atleti in ginocchio durante l’inno, in segno di protesta e di dissenso con Trump, anche il SuperBowl potrebbe diventare un evento politico. Il presidente non pare, però, curarsene, impegnato com’è, per il momento, a provare a smontare l’inchiesta sul Russiagate, cioè l’intreccio di contatti in campagna elettorale tra il suo staff ed emissari del Cremlino. In un tweet, il presidente si assolve e accusa gli agenti federali: il memo della Commissione Intelligence della Camera “mi scagiona totalmente” e dimostra che “la caccia alle streghe” contro di lui “continua”. Nonostante tutte le prove finora emerse, e le ammissioni fatte da suoi ex collaboratori, Trump ribadisce che “non ci sono state né collusione né ostruzione … Questa è una disgrazia americana!”.
Toni da bullo, come gli aveva rimproverato, commentando il discorso sullo stato dell’Unione, Joseph Kennedy III, deputato del Massachusetts, cui i democratici avevano affidato la propria replica. Il direttore dell’Fbi Chris Wray, scelto da Trump dopo essersi disfatto di James Comey, scrive ai suoi 35mila dipendenti: “Parlare è facile; il lavoro che fate è ciò che resterà … Negli ultimi nove mesi ne avete viste di tutti i colori e so che è spesso inquietante … E gli ultimi giorni non sono stati meglio … Voglio essere chiaro: sono del tutto impegnato nella nostra missione, sono con voi”.
Tra il presidente e i suoi agenti, Wray sceglie di stare con i suoi uomini. E il procuratore che guida l’inchiesta sul Russiagate, Robert Mueller, non fa marce indietro.
Ne fa una, invece, clamorosa e pericolosa il Pentagono, pubblicando una Nuclear Posture Review rivista e vistata da Trump, che aveva chiesto di verificare la strategia atomica definita nel 2010 fin dall’insediamento alla Casa Bianca. Ufficialmente, la revisione conferma la scelta della deterrenza e l’impegno alla non proliferazione; ma il segretario alla Difesa James Mattis insiste sulla necessità “di guardare un faccia la realtà”.
Trump s’era impegnato più volte ad ammodernare e rafforzare l’arsenale nucleare, pur auspicando a parole la denuclearizzazione, il cui momento, però, “non è ancora arrivato” – parole pronunciate facendo il discorso sullo stato dell’Unione. Il nuovo piano prevede, ad esempio, la realizzazione di due ordigni a basso potenziale, da utilizzare anche di fronte a un possibile massiccio cyber-attacco che mandi in tilt la rete elettrica, quella delle telecomunicazioni o la rete internet.
La ‘dottrina Trump’ si abbevera nelle paure degli americani e, nel contempo, le alimenta: vede Cina e Russia, per non parlare di Corea del Nord e Iran, come antagonisti, riesuma missili a medio raggio banditi, prelude a una nuova stagione di ansie atomiche. Il Cremlino la bolla come “anti-Russa”. Il Vaticano, che predica il disarmo nucleare”, la considera “un passo indietro nella storia”. Il professor Stefano Silvestri, analista di sicurezza dello IAI, vede assottigliarsi la credibilità della dissuasione, perché “la produzione d’armi convenzionali sempre più efficaci, lo sviluppo d’ogive atomiche ‘specialistiche’ e la riduzione dei tempi di reazione a pochi minuti abbassano la soglia nucleare e possono indurre a varcarla più facilmente”. E se il dito sul bottone l’hanno teste calde come Kim, o Trump, i rischi aumentano.