Entra nei 40 anni con la proposta “Make our planet great again”, parodia del celebre slogan elettorale di Donald Trump. Emmanuel Macron, classe 1977, è il più giovane leader della storia francese. Il suo movimento politico fondato nel 2016, En Marche, ha battuto l’avversaria Marine Le Pen alle elezioni del 7 maggio 2017, conquistando l’Eliseo e diventando Presidente della Repubblica francese.
Il fenomeno Macron porta con sé un’ondata di euforia che esce fuori dai confini francesi. Influenza l’Europa e non solo, a prova del fatto che, in una moderna democrazia, c’è sempre più bisogno di un potere che decida in modo repentino e con l’appoggio e la legittimità di una salda maggioranza.
La Francia sembra inoltre cavalcare con destrezza l’onda della crisi di leadership che stanno attraversando i suoi vicini di casa: la Gran Bretagna del post Brexit, la Spagna della rivolta catalana e l’Italia preelettorale. Della serie o bevi o affoghi. E il giovane presidente, ha dimostrato di saper nuotare anche nelle quasi sempre tempestose acque internazionali, orientando la sua leadership verso la sfida del clima.
Tutto ha avuto inizio lo scorso giugno, quando Macron, in un video rivolto agli studiosi americani, prometteva accoglienza e fondi per un lavoro scientifico sul cambiamento climatico. L’occasione per il leader francese di dare concretezza alle sue intenzioni è arrivata con l’allarme lanciato dal programma WMO Global Atmosphere Watch che stabilisce, attraverso carotaggi nei ghiacciai, le variazioni dei livelli di anidride carbonica nell’aria. I risultati del rapporto ONU presentati a Ginevra mostrano che, nel 2016, si sono registrate concentrazioni di CO2 fino a 403.3 parti per milione: un livello simile fu registrato solo tra i 3 e i 5 milioni di anni fa. La scienza parla chiaro: all’aumento di anidride corrisponde un innalzamento di temperature.
Macron ha così convocato, lo scorso 12 dicembre, l’One Planet Summit. Il vertice d’emergenza ha riunito le maggiori potenze mondali, eccetto USA, per discutere di finanza e, in particolar modo, dei fondi da stanziare per la lotta contro il surriscaldamento. Tra i più influenti finanziatori del progetto di Macron compaiono i nomi dell’ex sindaco di New York Michael Bloomberg e dell’attuale governatore della California Jerry Brown: promotori dell’America’s pledged, un impegno preso da più di 1400 aziende americane nel ridurre le emissioni di CO2. A loro si aggiungono i coniugi Gates con la promessa di donare 315 milioni di dollari in aiuto ai contadini africani per il cambiamento climatico o gli aiuti economici dalla Banca Mondiale pari a 4,5 miliardi di dollari. Il Summit si è concluso con l’annuncio di 12 azioni tra cui: lo sviluppo di auto elettriche in 8 stati americani, un fondo d’investimento per i paesi caraibici colpiti dagli uragani e un gruppo di oltre 200 banche pronte a tutelare i propri clienti dai rischi del surriscaldamento.
I presupposti di Macron sembrano essere buoni, senza dimenticare che la Francia è l’unico paese europeo nel consiglio di sicurezza dell’ONU. Il giovane leader ne vuole approfittare per migliorare il benessere dell’intero pianeta. Un’impresa titanica quella di Macron che però sembra avere le idee molto chiare a riguardo: a gennaio 2018 il governo annuncerà una nuova lista di scienziati internazionali pronti a trasferirsi in Francia e a lanciarsi nell’ardua sfida.
Di certo il contributo del leader francese è stato di tutt’altro spessore rispetto a quello di Trump che, ha voltato le spalle agli accordi di Parigi, definendo in un tweet il nesso cambiamento climatico-attività dell’uomo una vera e propria bullshit (“una cagata”). Sarà quindi in grado Il leader francese di risollevare il nostro pianeta?
Hermes