Quando l’America di Trump pareva concentrarsi sui pericoli esterni alla sua sicurezza, a cominciare dalla Corea del Nord, la strage di Las Vegas – 59 morti e oltre 500 feriti – le fa riscoprire, la notte tra l’1 e il 2 ottobre, le sue fragilità e i suoi demoni, mali interni da cui l’ossessione delle armi rende impossibile guarire.
La prima vera carneficina ‘American way della presidenza Trump è anche la più grave nella storia degli Stati Uniti: un bianco di 64 anni spara dalle finestre d’un hotel sul pubblico d’un concerto, decine di migliaia di persone assiepate dall’altra parte della Strip, la strada dei casino, una delle vie più famose del Mondo -. Più vittime e più sangue che a Orlando, in Florida, dove il 12 giugno 2016 un giovane d’origine afghana sparò al Pulse, una discoteca per omosessuali, uccidendo 49 persone e ferendone una cinquantina.
La strage di Las Vegas, la città più grande del Nevada, la capitale del gioco d’azzardo negli Usa, una porta del Grand Canyon, viene prontamente rivendicata dal sedicente Stato islamico, l’Isis. Ci sono però molti dubbi sulla firma integralista in calce al massacro: mancano riscontri oggettivi e, inoltre, la personalità dell’attentatore, la cui presunta conversione all’Islam alcuni mesi or sono è smentita dal fratello, non ha niente in comune con i ‘lupi solitari’ delle cronache europee.
Corea del Nord, l’escalation senza fine di parole – Non c’è paragone con la virulenza tutta verbale del confronto tra il dittatore erede Kim Jong-un e il magnate presidente Donald Trump. Pyongyang, a un certo punto, legge le sortite di Trump come “una chiara dichiarazione di guerra alla Corea del Nord”; e il ministro degli Esteri nordcoreano Ri Yong Ho afferma all’Onu: “Abbatteremo i caccia americani … abbiamo il diritto di farlo anche al di fuori dai nostri cieli.
La risposta Usa, affidata a un portavoce del Pentagono, e ribadita dalla Casa Bianca, è pari nel tono: “Abbiamo un arsenale immenso per affrontare la questione nord-coreana”. E, ovviamente, entrambe le parti tengono “tutte le opzioni aperte sul tavolo”.
Sfoghi verbali, fortunatamente finora senza seguito. Quando il segretario di Stato Rex Tillerson, dalla Cina, lascia intendere che sono stati aperti “canali di comunicazione” per capire se la Corea del Nord è interessata a negoziare l’accantonamento del suo programma nucleare, è lo stesso Trump a scoraggiarlo: “Rex, non perdere il tuo tempo”.
Per Washington, Pyongyang, che tratta il presidente Usa da “psicopatico” e minaccia di trasformare l’America “in un mare di fiamme”, non mostra interesse alla denuclearizzazione della penisola. …
I primi ad averne paura sono Corea del Sud e Giappone, i grandi alleati degli Stati Uniti nell’Estremo Oriente. Il premier giapponese Shinzo Abe scioglie la Camera bassa e convoca elezioni per il 22 ottobre: vuole avere una maggioranza più ampia della attuale per fare le riforme ed affrontare la crisi nord-coreana.
Ma neppure Cina e Russia possono sentirsi tranquilli: Pechino ha – si ritiene -strumenti di pressione su Pyongyang che – se ci sono – è il momento di utilizzare. E pure l’Europa è in qualche misura condizionata dalla situazione: l’Italia, ad esempio, decide di espellere l’ambasciatore nord-coreano.
Il Mondo è un posto meno sicuro – Le parole di Trump al Palazzo di Vetro hanno incrinato – lo si constata a distanza di settimane – la sicurezza internazionale su più fronti: il Mondo è così divenuto un posto più pericoloso. Rimesso sulla lista degli ‘Stati canaglia’, che pareva ormai consegnata agli archivi della storia, l’Iran ha risposto: ha sperimentato un nuovo missile balistico con una gittata di quasi 2000 km e ha espresso l’intenzione di continuare a sviluppare il proprio arsenale, nonostante le obiezioni di Washington. … di qui in avanti il pezzo prosegue ricalcando post precedenti sulla strage di Las Vegas e le tensioni con la Corea del Nord, l’Iran e altri partner internazionali …