Per i potenti, è da sempre un motto di saggezza (e di prudenza): “Dagli amici mi guardi iddio che dai nemici mi guardo io”. Ma dai parenti non c’è santo che tenga; specie quando le famiglie sono numerose e giustapposte. Proprio come quella di Donald Trump, il magnate presidente: tre mogli, cinque figli, un genero che sgomita; e tutti, o quasi, gli procurano guai. Come se non fosse capace lui da solo di cacciarsi nei pasticci.
Il Russiagate, l’insieme dei contatti della sua squadra con emissari russi prima e dopo le elezioni e delle ingerenze del Cremlino sul voto, non dà tregua. La commissione Giustizia del Senato ha ieri ascoltato il nuovo direttore dell’Fbi Christopher Wray, messo da Trump al posto di James Comey, licenziato proprio dopo essersi rifiutato di ‘chiudere un occhio’ sulle interferenze russe.
Wray ha fatto del suo meglio per convincere i senatori di saper essere indipendente dal presidente: ha definito “inaccettabile” ogni ingerenza dell’Esecutivo nell’azione investigativa; ha quasi escluso suoi incontri a quattrocchi con il presidente – uno costò caro a Comey – ed ha apertamente contraddetto l’affermazione di Trump che il Russiagate sia una “caccia alle streghe”, anzi “la più gigantesca della storia”. “Non ho motivo di mettere in dubbio – ha detto – le valutazioni dell’intelligence sulle interferenze del Cremlino”, che ci sono state.
All’attenzione di Wray, come del Congresso e del procuratore speciale Robert Mueller, finirà ora Donald jr, il figlio maggiore del presidente, che martedì ha ammesso di avere incontrato un’avvocatessa russa da cui sperava informazioni utili contro Hillary Clinton. Donald Jr assicura che il padre non ne sapeva nulla, ma si fatica a credergli: il colloquio avvenne alla Trump Tower, nel giugno 2016: c’erano pure il genero e il capo della campagna elettorale.
Il padre, pubblicamente, si comporta con i figli come un italiano che ‘tiene famiglia’: li difende tutti e sempre, qualsiasi cosa combinino. Donald jr diventa un ‘patriota’, che dice la verità per quanto scomoda possa essere (dopo aver appreso che il New York Times sapeva tutto); e Ivanka, che si chiede al tavolo dei Grandi al G20, una vittima del suo status, “tutto le sarebbe più facile se non fosse figlia mia”.
Ivanka è la figlia prediletta, ‘consigliere speciale’ con ufficio quasi adiacente allo Studio Ovale; Donald jr è il figlio ‘testa calda’, tweet facile – chissà da chi ha preso -, ma poco sale in zucca, anche se avrebbe il bernoccolo degli affari – e pure quello chissà da chi l’ha preso -. Eric, a parte qualche giudizio azzardato, dà, per il momento, meno grattacapi.
Vediamo il quadro completo. Le mogli sono tre e, in fondo, di fastidi ne creano pochi: la prima, Ivana, e la seconda, Marla, rimangono discrete – e forse non ci perdono a starsene chete -; l’attuale, la first lady Melania, qualche guaio lo ha dato, copiando a Michelle Obama passaggi del discorso alla convention repubblicana nel luglio 2016; e ha pure alimentato qualche gossip, restandosene a New York, alla Trump Tower, fin quando il piccolo Baron andava a scuola, e mostrandosi poco ‘carina’ con il marito – e un po’ scostante con le ‘colleghe’ – nella prima missione internazionale.
Ma nell’America un po’ sguaiata che ha eletto Donald Trump, Melania, una ex modella bella ed elegante, fa trend: è diventata una icona di stile e detta pure la moda della chirurgia plastica, perché – pare – moltissime donne statunitensi vogliono assomigliarle, a prezzo di interventi e trattamenti. Un chirurgo texano, Franklin Rose, ha ideato il ‘Melania makeover’, un procedimento che consente – assicura lui – di acquisire le fattezze della first lady. Costa, ma consente di realizzare un sogno: quello del dottor Rose di diventare ricco.
Poi ci sono i figli: Donald jr, 40 anni, Ivanka, 35, ed Eric, 33, nati da Ivana; Tiffany, 23 anni, nata da Marla, con cui, in questi giorni, passa una vacanza a Capri; e Baron, 11 anni, nato da Melania. Donald jr, Ivanka ed Eric sono stati accanto al padre nella campagna elettorale; e Ivanka lo ha poi seguito alla Casa Bianca col marito Jared Kushner, ebreo, fatto consigliere per il Medio Oriente e già implicato di suo nel Russiagate per contatti con un banchiere del Cremlino.
Donald jr ed Eric devono invece curare gli affari di famiglia: non è il massimo della correttezza. E, infatti, Walter Shaub, direttore dell’ufficio per l’etica di governo, s’è appena dimesso, dopo avere inutilmente chiesto al presidente di tracciare una linea di demarcazione più netta tra sé e i suoi soldi. Trump, che non rende pubblica la denuncia delle tasse, non ci pensa proprio ad affidare la gestione dei suoi bene a un ‘fondo cieco’. Anzi, non esita a trarre profitto dalla sua posizione per migliorare il business familiare: alberghi affittati a delegazioni estere; quote d’iscrizione ai terreni di golf portate alle stelle; e pubblicità ‘istituzionale’ alla linea di scarpe della figlia (denunciata per plagio da un’azienda italiana). Lamentarsi dei figli? Ma se sono tali e quali al padre…