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Usa: Trump, Russiagate e una spirale di guai internazionali

Scritto per La Voce e il Tempo uscito il 22/06/2017 con data 25/06/2017

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Sotto inchiesta nel Russiagate, l’intreccio di contatti tra suoi consiglieri ed emissari del Cremlino prima e dopo le elezioni presidenziali dello scorso novembre, Donald Trump è improvvisamente precipitato, questa settimana, in una spirale di guai internazionali: Siria, Corea del Nord, Afghanistan, Cuba.

Qualcuno se l’è cercato lui, magari come diversivo alle pressioni interne; e qualcuno gli è piovuto addosso. Fra i risultati: un peggioramento del clima delle relazioni con Mosca, che già non erano buone, e un inasprimento delle tensioni con Pyongyank, che già erano roventi, senza risolti positivi su nessun fronte. E l’indagine sul Russiagate avanza, nonostante la sordina mediatica.

A Washington, il clima politico è ancora scosso dalla sparatoria contro dei deputati repubblicani che s’allenavano al baseball – fra i quattro feriti, un deputato della Louisiana, Steve Scalise, ‘trumpiano’ di ferro e strenuo difensore dei diritto a possedere e portare armi -: l’attentatore, James Hodgkinson, ucciso dalle forze dell’ordine, era un ‘sanderistas’, aveva cioè fatto campagna per Bernie Sanders nelle primarie democratiche dello scorso anno.

L’episodio è un segnale del clima d’odio e di violenza creato nell’Unione dalla presidenza Trump: il ‘divisore in capo’ fomenta, con i suoi discorsi e i suoi atteggiamenti, radicali contrapposizioni nella società americana. La ‘partita del cuore’ fra deputati democratici e repubblicani s’è disputata lo stesso, il giorno dopo la sparatoria – netta la vittoria dei democratici -, ma il rito sportivo buonista non è certo bastato a sanare le ferite.

Siria – Gli Stati Uniti abbattono un aereo siriano, che, a loro dire, stava attaccando postazioni curde – i curdi sono alleati degli americani sul terreno, ma i turchi, pure alleati degli americani, li bollano come terroristi; Damasco sostiene che l’obiettivo fossero milizie jihadiste -. La Russia, che è alleata del regime di Assad, condanna l’azione, sospende la cooperazione militare con le forze statunitensi e della coalizione a guida Usa e dice che d’ora in avanti ne farà seguire dalla propria contraerea aerei e droni a ovest dell’Eufrate considerandoli potenziali obiettivi. E l’Iran, per la prima volta, bombarda dal proprio territorio con sei missili postazioni jihadiste in territorio siriano, come rappresaglia per il duplice attacco terroristico del 7 giugno a Teheran, rivendicato dal sedicente Stato islamico. La coalizione riafferma il diritto all’autodifesa, ma Washington dice di volere mantenere le linee di comunicazione con i russi aperte. Il tutto sullo sfondo della crisi tra sauditi e Qatar nel Golfo, in funzione anti-Iran. C’è da perdersene dentro, specie per uno come Trump, che ‘la fa sempre semplice’.

Corea del Nord –  Il regime di Pyongyang rilascia “per ragioni umanitarie” uno studente americano di 22 anni, Otto Warmbier, detenuto da un anno e mezzo per avere tentato di sottrarre un’immagine del leader Kom Jong-un. Ma il giovane, che sarebbe stato torturato, è in coma e muore il 19 giugno, una settimana dopo il ritorno negli Stati Uniti. La famiglia denuncia le violenze subite, i medici non hanno una spiegazione sicura del coma e del decesso, Trump alza di nuovo il tiro contro la Corea del Nord definita un ”regime brutale”. Incerto l’esito dell’escalation verbale, vista l’imprevedibilità dei due leader: Kim sempre sull’orlo d’un test missilistico o – peggio – d’un esperimento nucleare, Trump d’una ritorsione militare.

Afghanistan – Il presidente eletto come isolazionista si smentisce sull’Afghanistan e s’impantana: ora è pronto a inviare 4.000 uomini in più per superare lo stallo di un conflitto che, 16 anni dopo, “gli Stati Uniti non stanno vincendo” – parola del segretario alla difesa James Mattis -. Trump s’è già dimenticato il suo ‘no’ agli “scarponi americani su terreni lontani”: Iraq e Siria avvertiti. E c’è chi a Washington osserva che la Casa Bianca delega al Pentagono le decisioni sugli invii di truppe per sfuggire alle proprie contraddizioni.

Cuba – E’ l’ultima ‘arma di distrazione di massa’ del presidente, che, a Miami, davanti agli esuli, annuncia un cambio di rotta rispetto all’Amministrazione Obama nei rapporti degli Usa con Cuba: “Cancello l’accordo”, perché – sostiene – “le politiche di Obama non aiutano i cubani, ma arricchiscono il regime”. Trump sfida Castro a liberare i prigionieri politici, a rispettare i diritti dell’uomo ed a liberalizzare il sistema. Però, l’ambasciata degli Usa all’Avana rimane aperta e tutta una serie d’intese economiche e commerciali restano operative. E ancora a Washington c’è chi osserva che il presidente colpisce i settori dove non ha interessi e salvaguarda quelli dove ne ha.

Russiagate: indagato, sì, no, forse – La notizia che Donald Trump è sotto indagine per ostruzione alla giustizia esce sul Washington Post: lui prima la ignora e un suo avvocato l’ammette – salvo deprecare che non avrebbe dovuto “venire fuori”-; poi lui l’ammette e un suo avvocato la smentisce.

La confusione è massima. Nel polverone ‘trumpiano’, è chiaro che la colpa è del media e/o di tutti, tranne che del presidente, che e se la prende col procuratore speciale Robert Mueller e col vice-ministro della Giustizia Rod Rosenstein, che avrebbe fatto il doppio gioco: “Sono indagato – twitta Trump – per avere licenziato il direttore dell’Fbi dall’uomo che m’ha detto di licenziare il direttore dell’Fbi. E’ una caccia alle streghe!”, condotta “da persone malvage” che “hanno costruito collusioni fasulle sulla Russia, non hanno trovato nessuna prova e ora vanno avanti sull’ostruzione alla giustizia. Bella roba!”.

La giustizia lo bracca. E la politica gli mette i bastoni tra le gambe. Per il presidente Donald Trump, è il momento più difficile della breve permanenza alla Casa Bianca, 150 giorni … di qui in avanti, il pezzo riprende articoli già presenti in questo blog …

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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