Nell’America di Trump che vuole chiudere le frontiere a musulmani, rifugiati e immigrati, salta fuori un bianco progressista di 66 anni che, sparando all’impazzata, semina sangue e terrore – fortunatamente senza ammazzare nessuno – fra i deputati repubblicani che s’allenano su un campo di baseball in Virginia, ad Alexandria, appena al di là del Potomac, il fiume di Washington.
L’uomo è un ‘sanderistas’, uno degli irriducibili sostenitori di Bernie Sanders, senatore ‘socialista’, che, nelle primarie 2016, contese la nomination democratica a Hillary Clinton: viene da Belleville, nell’Illinois; spara a raffica decine di colpi dopo essersi informato se ad allenarsi in campo ci fossero i repubblicani o i democratici; viene affrontato da agenti di scorta e poliziotti ed abbattuto. Cinque i feriti, fra cui due agenti.
Nella giornata del compleanno del presidente, che fa 71 anni, giunge pure notizia d’una sparatoria nell’area di a San Francisco, in California, nei pressi di uno stabilimento della Ups: quattro morti, diversi feriti, lo sparatore – un dipendente – ucciso. Problemi di lavoro pare siano all’origine del dramma.
Ad Alexandria, sobborgo di Washington elegante, cittadina coloniale del XVIII Secolo, i deputati s’allenavano in vista di una sorta di ‘partita del cuore’ di baseball in programma oggi, repubblicani contro democratici. Fra i feriti, il più noto è Steve Scalise, in ‘numero tre’ nella gerarchia repubblicana alla Camera, dopo lo speaker Paul Ryan e il capo della maggioranza Kevin McCarthy.
Scalise, di ascendenza italiana, fa parte del caucus italo-americano del Congresso: i suoi bisnonni venivano dall’Italia e lui porta sempre con sé una fava, a testimoniare “la sua fede e le sue origini italiane”. Il deputato, che non è in pericolo di vita, è il coordinatore del gruppo repubblicano: tiene, cioè, i collegamenti tra l leader del partito e il gruppo stesso, s’assicura che i deputati siano presenti quando si deve votare e che rispettino le indicazioni del partito. Lui è quello che, nel gergo politico statunitense, si chiama ‘the whip’, la frusta.
Eletto in Louisiana, Scalise, presidente della commissione studi del partito, ha recentemente avuto un ruolo chiave nell’approvazione alla Camera della riforma sanitaria repubblicana. Ed è anche fervido sostenitore del secondo emendamento, quello su cui si basa il diritto a possedere e portare armi.
Forte sostenitore dell’ortodossia conservatrice, Scalise rimase coinvolto tempo fa in una polemica, dopo la pubblicazione di un discorso del 2002, davanti a un gruppo che sosteneva la superiorità della razza bianca, quando era un deputato locale. Ma, ricordano i media Usa, s’era poi detto rammaricato per quell’intervento e l’incidente non aveva ostacolato la sua ascesa nel partito.
Lo sparatore ucciso. James Hodgkinson, risulta titolare di un’impresa che fa perizie immobiliari, anche se la licenza, scaduta nel novembre 2016, non è più stata rinnovata. Nell’aprile 2016, fu accusato di percosse e di danneggiamento di un’auto, ma il procedimento venne poi archiviato.
Suo fratello racconta al NYT che James era un oppositore di Trump ed era arrabbiato, “non era contento di come stavano andando le cose”. Sul suo profilo Facebook, Hodgkinson, con soltanto 374 amici, aveva più volte criticato il presidente, specie per la sua contro-riforma sanitaria.
Lunedì, quando forse aveva già deciso di passare all’azione, scrivea: “Trump è colpevole e dovrebbe andare in carcere per tradimento”, un post ispirato agli sviluppi del Russiagate e accompagnato dalla condivisione di un video per l’impeachment del presidente. Ovunque, immagini e riferimenti a Sanders, che ha ammesso che lo sparatore fosse un suo volontario condannando l’accaduto: “E’ un atto deplorevole. La violenza sotto ogni forma è inaccettabile”.
Il presidente Trump denuncia l’attacco brutale compiuto da un oppositore politico, elogia la polizia e lanciare – lui, il ‘divisore in capo’ – un appello all’unità: “Steve Scalise è un caro amico – dice -. E’ un combattente, si riprenderà”. La partita di baseball oggi si farà.
La sparatoria sul campo di baseball interrompe l’intreccio di commenti sulla deposizione, martedì, di fronte alla Commissione Intelligence del Senato, del segretario alla Giustizia Jeff Sessions, che ha respinto le accuse mossegli e ha fatto scudo a quelle potenzialmente rivolte al presidente.
Fonti della Casa Bianca confermano al NYT che Trump ha davvero ‘flirtato’ con l’idea di licenziare il procuratore speciale sul Russiagate Robert Mueller III, ma che non ha più l’intenzione di farlo, “anche se ne ha il diritto”.
Il presidente deve ora decidere se porre il veto o meno sulle nuove sanzioni contro la Russia votate dal Congresso, come ritorsione alle interferenze russe nelle elezioni Usa – interferenze che Trump liquida come ‘fiction’ -. Intanto, circa 200 deputati e senatori s’apprestano a presentare un esposto alla magistratura accusando Trump di trarre profitti illeciti da affari con Paesi Terzi.