Trump 2 – Le Monde ha capito qual è ‘l’età dell’oro’ cui Donald Trump si riferisce quando dice di volere fare l’America ‘di nuovo grande’. Di nuovo, rispetto a quando?, mi sono spesso chiesto. E non credo di essere stato l’unico. Ora, Le Monde ha trovato diverse analogie tra gli Usa di Trump e quelli della Gilded Age, l’Età dorata, dei ‘baroni ladri’ dell’ultimo decennio del XIX Secolo: fortune di pochi costruite con percorsi non sempre limpidi e consolidate da monopoli; una società in cui l’1% della popolazione possedeva il 50% del patrimonio.
Bene, Trump – assicura il giornale – è un entusiasta di quell’epoca, che è quella in cui suo nonno Friedrich (poi Frederick), emigrato dalla Germania – anzi, fuggitone, per evitare il servizio militare – mise le basi della fortuna della famiglia, gestendo bordelli per cercatori d’oro nello Stato di Washington, per poi morire di spagnola a New York nel 1918, una delle prime vittime americane della terribile epidemia.
Le Monde trova numerose analogie tra l’America di Trump e quella dei ‘baroni ladri’. Di sicuro, vi avvengono episodi che, in qualsiasi parte del Mondo, con un altro leader, desterebbero clamore, disagio, disapprovazione, proteste, mentre nell’America di Trump nessuno se ne stupisce e quasi nessuno ha più la capacità di scandalizzarsi. Anzi, una società assuefatta alla ‘post-verità’ finisce per dargli ragione solo perché lui dice di averla.
Se non fosse avvilente, sarebbe divertente il racconto che il New York Times fa delle “acrobazie” dei repubblicani in Congresso per “allinearsi” al magnate presidente, anche quando dice, o fa, l’esatto contrario di quanto aveva detto, o fatto, fino al giorno prima o sottopone loro candidature che sarebbero irricevibili dal punto di vista della competenza e dell’etica. Gli ultimi due clamorosi casi sono quelli della procuratrice federale per il Distretto di Columbia Jeanine Pirro e del giudice d’appello federale Emil Bove.
Trump 2: indagare gli indagatori del passato per scoraggiarli tutti
Abbiamo raccolto qualche episodio, pagine recentissime, senza scavare troppo nel passato: tutte o quasi notizie d’agosto, che forse avete già letto qui o altrove; ma ogni settimana ne è piena. Licenziamenti per ritorsione; sentenze non rispettate; ‘ricatti’ a università, istituzioni e studi legali: il cammino interno del Trump 2 è lastricato di episodi del genere, che gli zig-zag su Medio Oriente, Ucraina, dazi rendono più difficile vedere dall’esterno.
Se hai perso le elezioni e hai poi organizzato una sommossa per restare al potere rovesciando l’esito del voto, e sei riuscito a cavartela tirandola in lungo con i cavilli della giustizia, la cosa da fare, una volta tornato al potere, è mettere sotto accusa il procuratore speciale che ti ha perseguito: ne colpisci uno, li intimorisci tutti.

Così, la vendetta di Trump s’abbatte su Jack Smith, l’ex procuratore speciale che istruì contro di lui le accuse per i documenti classificati sottratti alla Casa Bianca e (mal) custoditi nella sua dimora di Mar-a-lago e per l’assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021. L’indagine formale nei suoi confronti è stata aperta dopo che il senatore repubblicano Tom Cotton, vicinissimo al magnate presidente, l’ha apertamente accusato di “iniziative politiche” per ostacolare la corsa di Trump alla presidenza e ha chiesto che sia perseguito.
Quasi contemporaneamente, la segretaria alla Giustizia Pam Bondi, ex legale di Trump, ha aperto un’inchiesta sulle elezioni del 2016, vinte dal magnate, dopo che un rapporto della direttrice dell’intelligence Tulsi Gabbard aveva accusato l’Amministrazione Obama di cospirazione.
Bondi ha ordinato a un procuratore federale, il cui nome non è stato reso noto, di avviare un’indagine e di presentarne i risultati a un gran giurì: se ne risulteranno i presupposti per farlo, verrà poi avviato un procedimento penale. La tesi di Gabbard è che l’Amministrazione Obama abbia alimentato voci senza fondamento di collusioni della campagna di Trump con la Russia.
Trump 2: se i dati non sono buoni, licenzia gli statistici
Se i dati dell’occupazione non sono buoni, perché l’economia patisce le incertezze sui dazi, i timori sull’inflazione e i dissapori tra Trump e il presidente della Federal Reserve Jerome Powell, la soluzione è licenziare la responsabile dell’Ufficio delle Statistiche del lavoro, accusandola, senza offrire elementi di prova a conforto, di manipolare i dati “per motivi politici”.
L’Ufficio aveva appena pubblicato un rapporto secondo cui gli ultimi tre mesi sono stati i peggiori, dal punto di vista della creazione di posti di lavoro, dai tempi della pandemia. A luglio, i posti creati sono stati appena 73 mila. E c’è stata una revisione al ribasso dei dati dei mesi scorsi. Trump bolla il rapporto come “un falso” e licenzia, con un post sul suo social Truth, Erika McEntarfer, che aveva il peccato originale d’essere stata nominata da Joe Biden.
Nell’analisi del New York Times, il dato sul lavoro si abbina a quello sulla borsa, che aveva appena concluso la peggiore settimana da mesi in qua, alimentando di nuovo preoccupazioni sull’economia, mentre la nuova andata di dazi entrati in vigore o annunciati sono stati uno shock per gli investitoti in tutto il mondo.
Ma siccome la fortuna è cieca e aiuta gli audaci, ma pure i prepotenti, ecco le dimissioni, del tutto inattese, di Adriana Kugler, una dei governatori della Federal Reserve, che annuncia l’intenzione d’andarsene prima del termine del mandato a gennaio. Questo dà a Trump l’opportunità di mettere nell’ufficio dei governatori un elemento di sua scelta.
Nell’ultima riunione, la scorsa settimana, due membri avevano contestato la posizione di Powell, contraria a ridurre il costo del denaro – erano decenni che una cosa del genere non succedeva -. Trump, che sembra essersi rassegnato all’idea di non potere licenziare Powell, il cui mandato scade l’anno prossimo, sta ora invitando il collegio dei governatori a usurpare il potere del presidente che non fa quello che lui vuole.
Anche in questo caso, l’analisi dei media non coincide con quella del presidente. Il Wall Street Journal evidenzia “la settimana selvaggia dell’economia statunitense” tra fine luglio e inizio agosto, che giustifica ampiamente la prudenza di Powell di fronte alle pressioni del Trump 2.
Trump 2: 1984 di Orwell, sala da ballo e Kennedy Center Melania Trump Center
A dimostrare che l’America di Trump, e il Mondo che gli va dietro e lo lusinga, sono piombati in un’anomalia tipo ‘1984’ di Georges Orwell, cioè la riscrittura della storia, c’è la notizia che il Museo nazionale della storia americana, una branca della Smithsonian, la più autorevole istituzionale culturale degli Stati Uniti, ha cancellato, nella sezione dedicata agli impeachment, la menzione dei due cui fu sottoposto il presidente Trump nel primo mandato, uscendone sempre assolto. E’ rimasto il cartello secondo cui solo tre presidenti hanno seriamente rischiato di essere rimossi – due furono assolti, Andrew Johnson e Bill Clinton; uno, Richard Nixon, si sottrasse alla condanna dimettendosi -.
Altre curiosità non mancano. Trump ha un piano per ristrutturare la East Wing della Casa Bianca: vuole spendere 200 milioni di dollari e realizzare una sala da ballo, forse la maggiore innovazione in oltre un secolo. In tal modo, il presidente risolverebbe una propria frustrazione: la mancanza d’una sala per grandi ricevimenti. La sala da ballo sarà in grado di accogliere 650 persone, il triplo della attuale capacità della East Room.

E ancora, c’è chi, fra gli adulatori del presidente nel Congresso, non esita a proporre di intitolare l’attuale Kennedy Center a Melania Trump: il Kennedy Center, di cui Trump s’è assicurato controllo totale, è il tempio delle arti della capitale federale ed è intitolato al presidente che ne volle la realizzazione.
Infine, se mai qualcuno si chiedesse che fine hanno fatto centinaia di migliaia di dipendenti federali che Elon Musk si vantava di avere ‘eliminato’ con il suo Doge, il Dipartimento per l’efficienza della Pubblica amministrazione, il Washington Post ha scoperto che 154 mila di essi vengono pagati dal Trump 2 per non lavorare: sono quelli che hanno accettato di andarsene subito con l’assicurazione di ricevere lo stipendio fino al 30 settembre, fine dell’anno fiscale, o fino al 31 dicembre, fine dell’anno solare. Sono dipendenti di decine di uffici o di agenzie federali, i cui posti di lavoro, però, non sono stati ancora eliminati.