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Trump Netanyahu, slalom paralleli tra guai internazionali e beghe interne

Scritto il 17/07/2025 per The Watcher Post https://www.thewatcherpost.it/news/trump-e-netanyahu-slalom-paralleli-tra-guai-internazionali-e-beghe-interne/

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Forse ispirandosi l’un l’altro, Donald Trump e Benjamin Netanyahu sono protagonisti in queste ore di slalom paralleli fra attualità internazionale e questioni interne: entrambi, quando sono alle strette su un fronte, ne aprono un altro, loro favorevole, di tutt’altra natura. Così, il premier israeliano, che fronteggia l’ipotesi di collasso della sua maggioranza, perché gli estremisti religiosi non vogliono essere tenuti per legge a fare il servizio militare, si inventa una vocazione alla protezione dei drusi di Siria e bombarda Damasco.

E, intanto, il presidente statunitense, che fa la voce grossa sull’Ucraina, ma non smuove di un dito il leader russo Vladimir Putin, sposta l’attenzione, e il nervosismo, su beghe interne, tipo il presidente della Fed Jerome Powell o il magnate pedofilo Jeffrey Epstein, morto suicida in carcere nel 2019: due ‘spettri’ che agitano la base del suo movimento, il Maga, Make America Great Again, ben più di quanto facciano i bimbi palestinesi uccisi a Gaza e i bombardamenti notturni sulle città ucraine.

Israele-Siria: fiammata guerra paravento tensioni interne maggioranza Netanyahu

Se cava d’impaccio – quanto a lungo, è difficile dirlo – Netanyahu. la fiammata di guerra di Israele in Siria rischia di imbarazzare Trump: il magnate presidente ha dato credito al nuovo leader siriano Ahmad Husayn al-Shara, già noto come capo jihadista con il nome di battaglia di Abu Muhammad al-Jawlani, ricevendolo di persona a metà maggio in occasione della sua missione in Medio Oriente, definendolo “giovane e attraente” e levando le sanzioni alla Siria.

Scoprire ora il nuovo sodale siriano ai ferri corti col vecchio amico israeliano è fastidioso. Perciò Washington vorrebbe che la situazione si acquieti: il governo siriano e la minoranza drusa, dopo violenze che hanno fatto in pochi giorni centinaia di vittime, hanno concordato un cessate-il-fuoco. Ma Israele aveva già bombardato in diretta tv la capitale siriana e i palazzi del potere politico e militare.

“I colpi più pesanti sono partiti” ha detto il ministro della Difesa israeliano, l’oltranzista Israel Katz. Israele aveva avvisato la Siria che avrebbe reagito, se le truppe del regime non avessero lasciato Sweida, una città drusa nel sud insorta contro il potere centrale siriano, che, da dicembre, dopo avere deposto e cacciato il dispotico leader Bashar al-Assad, fatica a consolidare il proprio controllo sul territorio nazionale.

La minoranza drusa, già collusa con il regime di al Assad e i cui membri s’erano spesso arruolati nell’esercito siriano, era stata protagonista, nei giorni scorsi, di scontri letali con tribù beduine e forze governative, scoppiati lunedì quando un druso era stato fermato a un posto di blocco beduino.. Nel Paese, che non ha ancora superato 14 anni di guerra civile, c’è un clima di violenza latente.

Fin dal rovesciamento di al Assad, nel dicembre del 2024, Israele ha un atteggiamento aggressivo nei confronti del nuovo regime siriano, perché non vuole ai propri confini integralisti musulmani: ha preso il controllo di porzioni del territorio siriano e ha bombardato la flotta siriana a Latakia e altri obiettivi militari.

Striscia di Gaza: colloqui per tregua in stallo, uccisioni continuano

Tutto ciò mentre i colloqui a Doha, in Qatar, per una tregua nella Striscia, sembrano essersi arenati e mentre la sorte del governo israeliano è in bilico: gli ultra-religiosi vogliono che il conflitto vada avanti, ma vogliono pure conservare l’esenzione dalla chiamata alle armi, tema sempre più divisivo con il protrarsi della guerra. Se venisse meno la maggioranza alla Knesset, Netanyahu dovrebbe indire elezioni ed esporsi al rischio di perderle: l’esito d’un voto si profila estremamente incerto. Continuare ed ampliare il conflitto e ammazzare palestinesi sono antidoti alla caduta del governo.

La visita di Netanyahu a Washington la scorsa settimana non ha avuto esito: i palestinesi accusano il premier “di bloccare un ciclo di negoziati dopo l’altro”, nonostante entrambe le parti esprimano “la volontà di trovare un accordo per un cessate-il-fuoco e il rilascio di ostaggi” – ne restano una cinquantina, una ventina dei quali ancora vivi -. In particolare, Israele sarebbe flessibile sul ritiro dell’esercito israeliano e sul contestato progetto di una ‘città umanitaria’ a Rafah.

Nella Striscia, intanto, bombardamenti e rastrellamenti proseguono: l’esercito israeliano annuncia l’eliminazione “con metodi di combattimento unici” di oltre cento esponenti di Hamas a Jabaliya, nel Nord; ma ammette pure vittime civili per non meglio specificate “malfunzioni d’arma”, quando un missile caduto su un sito di distribuzione dell’acqua ha fatto decine di morti, fra cui almeno otto bambini.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani aveva registrato almeno 798 uccisioni – dati fermi al 7 luglio – sia presso i punti di soccorso gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation, sostenuta da Usa e Israele, che vicino ai convogli umanitari gestiti da altri gruppi, tra cui l’Onu – rispettivamente, 615 e 183 vittime -. L’esercito israeliano ha detto di aver impartito nuove istruzioni per evitare che i civili finiscano sotto il fuoco dei soldati quando si avvicinano ai punti di soccorso.

Restano poi aperti gli interrogativi sull’efficacia, o meno, dei bombardamenti americani e israeliani, a giugno, sugli impianti nucleari iraniani: fonti israeliane dicono al New York Times che Teheran mantiene in parte le sue capacità, anche se non è chiaro quanto le ci vorrà per riparare i danni subiti.

Ucraina: la svolta di Trump non impressiona Putin
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Lunga telefonata tra i presidenti Usa Donald Trump e russo Vladimir Putin (Fonte: Facebook)

La svolta di Trump sull’Ucraina è “un fatto grosso”, ma “probabilmente non lo è per Putin”: la Cnn è scettica sull’impatto che la giravolta del magnate presidente verso il leader russo avrà sul conflitto che da 41 mesi insanguina il Paese invaso e atterrisce tutta l’Europa. Ci si chiede fin dove Trump si spingerà nel sostegno all’Ucraina e fin quando durerà l’irritazione con la Russia.

Interrogativi giustificati dalla volubilità di Trump, con la protervia l’unico suo tratto costante. Ma un effetto la giravolta da sodale di Putin a improbabile spalla del presidente ucraino Zelensky l’ha già avuto: i senatori repubblicani, per non contrariare il loro vendicativo presidente, ora sostengono gli aiuti a Kiev, dopo essere stati sempre contrari a darli quando li chiedeva Joe Biden.

In attesa di un possibile – ma non ancora certo – terzo round di colloqui tra Kiev e Mosca, la Russia martella ogni notte le città ucraine con centinaia di droni e missili. Trump dice che la Germania ha già inviato missili Patriot all’Ucraina per la difesa aerea, in base all’accordo tra Usa e Nato definito lunedì. Il ministero della Difesa tedesco non conferma, ma annuncia, per lunedì prossimo 21 luglio, un consulto fra gli alleati per decidere come fornire a Kiev copertura bellica.

Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov chiede in modo indiretto agli Stati Uniti di fare pressione sull’Ucraina per giungere alla tregua: “Kiev interpreta ogni parola di sostegno non come una spinta per la pace, ma come un segnale per continuare la guerra”.

Trump 2: Powell ed Epstein, i fronti interni
Epstein
August 10, 2019, New York, New York, USA: – FILE – Financier Jeffrey Epstein reportedly killed himself while awaiting trial on sex-trafficking charges in New York. Epstein was found unresponsive in his cell at the Metropolitan Correctional Center Saturday morning, according to a statement from the Federal Bureau of Prisons. PICTURED: July 6, 2019, West Palm Beach, Florida, USA: Billionaire financier Jeffrey Epstein pleaded guilty in 2008 to felony solicitation and procuring a person under the age of 18 for prostitution. He was sentenced to 18 months in jail. (Credit Image: © Uma Sanghvi/The Palm Beach Post/ZUMApress.com)

In che misura tutto ciò inciderà sull’andamento della guerra e se ne accelererà la conclusione non è per nulla chiaro. Ma lo spostare l’attenzione sull’Ucraina è stata un’altra genialata tattica di Trump, dopo che, con la ‘guerra dei 12 giorni’ di Israele all’Iran e il suo bombardamento delle installazioni nucleari iraniane, aveva puntato l’attenzione sul Medio Oriente; e, poi, sui dazi.

Di distrazione di massa in distrazione di massa, ora siamo alle vicende Powell ed Epstein. Powell, presidente della Federal Reserve, la Banca centrale degli Stati Uniti, è uno dei bersagli preferiti delle critiche di Trump, che vuole che la Fed abbassi il costo del denaro mentre Powell non lo fa temendo in prospettiva un aumento dell’inflazione, che a giugno c’è già stato, come conseguenza proprio della ‘guerra dei dazi universale’ scatenata dal presidente.

In un incontro privato, i cui contenuti sono trapelati, Trump ha mostrato una lettera di licenziamento – asserita – di Powell, che avrebbe già scritto, ma poi ha negato di avere l’intenzione di sostituirlo, anche se avrebbe già scelto il successore, “a meno che non debba dimettersi”. Il mandato di Powell, che fu nominato dallo stesso Trump nel 2018 e il cui mandato venne confermato da Biden, scade nel 2026 e non è nei poteri del presidente abbreviarlo.

Il Wall Street Journal spiega l’intricata vicenda della ristrutturazione della sede della Fed, cui nessuno aveva finora badato e su cui i ‘trumpiani’ agitano sospetti di corruzione e malversazione per mettere in difficoltà Powell e indurlo a dimettersi. Sempre il WSJ spiega che “i politici vogliono sempre che il costo del denaro sia basso, ma il compito della Fed è di mantenere i prezzi stabili.

Altrettanto intricata, e meno chiara, è la storia dietro il titolo d’apertura della Fox: il licenziamento di Maurene Comey, procuratrice federale a New York, figlia di Jim Comey, ex direttore dell’Fbi. Maurene sostenne la pubblica accusa nel caso Epstein, il magnate pedofilo la cui fine e i cui files agitano il popolo Maga, e ha di recente sostenuto l’accusa contro il rapper Sean Diddy Combs, che è stato assolto dalle accuse più gravi mossegli, traffici sessuali e sfruttamento della prostituzione.

Le ragioni del licenziamento non sono state rese note, ma Maurene Comey evoca molti ‘fantasmi’ della presidenza Trump: l’avversione per il padre, Jim, recentemente finito sotto inchiesta per l’operato alla guida dell’Fbi, e il caso Epstein, che sta in questi giorni scuotendo l’universo Maga, cioè i sostenitori del presidente, che s’aspettavano rivelazioni che non ci sono state.

Il magnate presidente è apparso molto nervoso sulla vicenda Epstein. Se l’è presa con i suoi fans: dopo avere per anni promesso di desecretare i files che avrebbero smascherato i “ricchi e famosi” collusi con il magnate pedofilo, adesso dice che quei files non contengono nulla d’interessante e rimprovera ai suoi sostenitori di essere caduti in una macchinazione democratica. Una piroetta, l’ennesima, che il popolo Maga potrà forse perdonare a lui, ma non alla segretaria alla Giustizia Pam Bondi.

 

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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