Trump 2 – Le proteste contro gli arresti e le deportazioni di migranti illegali negli Stati Uniti guadagnano ampiezza, più che intensificarsi e divenire più violente a Los Angeles dove tutto è cominciato: decine le città coinvolte. Erano già state ‘contagiate’, nei giorni scorsi, San Francisco, New York e Seattle; ora, tocca a Chicago, Atlanta e a decine di altre località. In Texas, dove pure ci sono state manifestazioni, il governatore Greg Abbot, un ‘trumpiano’, chiede di mobilitare la National Guard, com’è sua prerogativa.
Los Angeles, dove è in vigore il coprifuoco imposto dalla sera all’alba dalla sindaca Karen Bass, resta l’epicentro delle proteste: il Los Angeles Times, che ovviamente dedica tutta la prima pagina alle notizie dal fronte delle manifestazioni, conta 330 immigrati detenuti, di cui, però, solo 14 accusati di reati federali.

Il giornale riferisce del nuovo attacco del governatore Gavin Newsom al presidente Donald Trump: la democrazia – dice il governatore – è “sotto assalto”; e le autorità dello Stato e della città contraddicono il presidente, che esalta il ruolo della National Guard da lui inviata, sostenendo che, ad affrontare e contenere i manifestanti, sono le forze dell’ordine locali.
L’Ap rivela che almeno 500 dei 4000 uomini della National Guard mobilitati sono stati addestrati per scortare gli agenti della polizia anti-migranti nelle loro operazioni e, con un reportage dal sud della California ,testimonia come i raid in corso creino allarme e preoccupazione anche in comunità di migranti legalmente negli Stati Uniti.
Il Washington Post ha commissionato un sondaggio per valutare la reazione dei cittadini a quanto sta avvenendo: ne esce il solito quadro di un Paese spaccato tra chi condivide le scelte del Trump 2 contro i mnigranti illegali e per l’ordine e chi le critica. In California, l’ostilità al presidente è maggiore, ma lo Stato è fortemente democratico.
Trump 2: Musk si scusa e ritratta le accuse su Epstein

Nonostante il rilievo e l’ampiezza delle proteste, New York Times, Washington Post e Wall Street Journal fanno scelte di apertura diverse, tra l’economia e la guerra dei dazi, le scuse di Elon Musk al presidente Trump e altre beghe interne all’Amministrazione Trump 2.
Musk e Trump si sono parlati lunedì. Dopo, l’uomo più ricco al Mondo ha pubblicamente espresso rammarico per alcune cose scritte sul suo social X, che – parole sue – “sono andate troppo lontano”. In particolare, il riferimento a presunte connessioni tenute celate dall’Fbi tra Trump e il miliardario pedofilo Jeffrey Epstein, morto suicida in un carcere di New York.
Musk aveva già cancellato il post in questione. Non è chiaro se e cosa Musk abbia ottenuto in cambio del suo mezzo passo indietro. Di certo, da giorni Trumpo non fa poiù cenno alla revisione dei contratti con le società del suo ex sodale.
Trump 2: inflazione stabile, nonostante dazi
I dati sull’inflazione s’intrecciano con i negoziati sui dazi. I prezzi a maggio sono lievemente saliti, ma meno del previsto: il che fa scrivere che la spirale dei prezzi, che dovrebbe essere innescata dai dazi, non è ancora partita.
Trump ha intato annunciato una riduzione al 55% dei dazi sull’import dalla Cina, dopo che, nei negoziati a Londra e inizio settimana, Pechino ha concordato di riprendere le forniture di terre rare. La situazione resta fluida, con molti fronti di trattative commerciali aperti.
Trump 2: Medio Oriente, basi in allerta, personale rientra
L’allarme per una possibile azione militare israeliana contro l’Iran induce Pentagono e Dipartimento di Stato, rispettivamente, a mettere in allerta le basi militari nella Regione e ad autorizzare a rientrare il personale non essenziale e i familiari degli staff diplomatico e militare.
La notizia parte dall’Iraq, ma poi riguarda tutte le basi militari e le sedi diplomatiche Usa nell’area. La notizia viene posta in collegamento con uno stallo dei negoziati sul nucleare tra Usa e Iran, che giungono nel fine settimana al sesto round. Potrebbe anche trattarsi d’una forma di pressione su Teheran, su che cosa pootrebbe succedere in assenza d’intesa.