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Guerre: punto, Trump è stanco di cercare la pace (senza trovarla); Putin e Netanyahu non sono stanchi di fare la guerra

Scritto il 28/05/2025 per La Voce e il Tempo uscito il 29/05/2025 in data 01706/2025 e, in versione diversa, per il Corriere di Saluzzo del 29/05/2025

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Guerre, punto – Dopo 120 giorni alla Casa Bianca, Donald Trump s’è già stancato di cercare la pace, che doveva trovare in un giorno e che, invece, non riesce a fare. Invece, Vladimir Putin, 39 mesi dopo l’invasione dell’Ucraina, e Benjamin Netanyahu, 600 giorni dopo l’inizio del conflitto, non sono ancora stanchi di fare la guerra. Ogni notte, missili e droni russi colpiscono le città dell’Ucraina e uccidono civili. Ogni giorno, bombardamenti israeliani mietono decine di vittime nella Striscia di Gaza, soprattutto donne e bambini.

Il magnate presidente considerava il leader russo e il premier israeliano suoi sodali. Adesso, viene descritto come “frustrato” e sempre più irritato nei loro confronti. Di Putin, va dicendo che “è impazzito” e che “gioca con il fuoco”: Washington starebbe per varare nuove sanzioni contro Mosca, dopo che Bruxelles lo ha fatto la scorsa settimana –resta da valutarne l’efficacia-.

Con Netanyahu, la frizione è forte sull’Iran: Israele insiste per colpire le installazioni nucleari iraniane, prima che l’arricchimento dell’uranio raggiunga livelli utili ai fini militari; gli Usa hanno in corso trattative con Teheran, giunte al quinto round, e sperano di trovare un’intesa – Teheran rinuncia all’atomica in cambio di un alleggerimento delle sanzioni –.

Fin quando Netanyahu fa ‘pulizia etnica’ nella Striscia e sgombera il terreno pe la ‘Riviera’ che l’immobiliarista presidente progetta, va tutto bene, va tutto bene. Ma il premier non deve ‘fare saltare’ un banco dove Trump siede.

Altrove nel Mondo, invece, l’isolamento internazionale del governo Netanyahu è sempre più forte e percepito, a livello di governi e di opinioni pubbliche.

Guerre: Gaza, la battaglia degli aiuti
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Scena di vita quotidiana a Gaza (Fonte: Euronews)

Mentre Netanyahu e Trump fanno ammoina sull’Iran, la situazione della popolazione civile nella Striscia di Gaza è disperata: circa 200 mila palestinesi sono di nuovo costretti dagli ordini di evacuazione dell’esercito israeliano ad abbandonare le loro abitazioni; e migliaia di persone prendono d’assalto i centri di distribuzione degli aiuti aperti nel sud della Striscia, a Rafah, L’esercito conferma l’entrata in funzione di due dei quattro centri previsti e ammette che colpi d’avvertimento sono stati sparati in aria per disperdere la folla,

Gli incidenti avallano dubbi e polemiche sulla distribuzione degli aiuti affidata alla criticata e contestata Gaza Humanitarian Foundation, un’organizzazione privata appoggiata da Stati Uniti e Israele, che deve distribuire cibo e generi di prima necessità alla gente della Striscia, evitando che viveri e medicinali finiscano nelle mani di Hamas e ‘bypassando’ l’Onu. L’avvio operativo della nuova Fondazione, la cui competenza e legittimità sono messe in dubbio da altre sigle più radicate nell’area e dalle Nazioni Unite, è però contrassegnato da polemiche e dimissioni, oltre che da inefficienze e incidenti.

Il “caos” nella distribuzione degli aiuti – l’espressione è della Cnn -, dopo un lungo blocco, cattura l’attenzione dei media più delle cronache di guerra dalla Striscia, che, però, sono sempre fitte di drammi: una scuola trasformata in centro d’accoglienza per rifugiati colpita, con decine di morti, soprattutto donne e bambini; l’abitazione della famiglia di due medici palestinesi distrutta, i genitori illesi – lei era al lavoro, lui stava rincasando -. nove dei dieci figli uccisi.

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Demonstrators gather Sunday in The Hague in the Netherlands, calling for action from policymakers on Israel (Phil Nijhuis EPA-EFE Shutterstock)

Con un titolo ad effetto, Politico scrive che “Israele vuole la pace”. Ma è la pace commerciale con l’Unione europea, che mette in discussione i presupposti degli accordi in vigore, non certo quella con i palestinesi nella Striscia.

In un’intervista, il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede, ha detto: “Chiediamo che si fermino i bombardamenti e che alla popolazione arrivino gli aiuti necessari. Al contempo, ribadiamo con forza la richiesta ad Hamas di rilasciare subito tutti gli ostaggi che ancora tiene prigionieri, e di restituire i corpi degli uccisi dopo il barbaro attacco del 7 ottobre 2023 contro Israele”, quando raid terroristici di Hamas e di altre sigle palestinesi fecero 1200 vittime e portarono alla cattura di oltre 250 ostaggi. Da allora, le vittime palestinesi del conflitto nella Striscia di Gaza sono state oltre 50 mila.

Guerre: Ucraina, Trump al bivio tra Putin e Zelensky (e gli europei)
250426 - Ucraina - Trump e Zelensky - San Pietro
L’incontro tra i presidenti Usa Donald Trump e ucraino Volodymyr Zelensky a San Pietro

Sull’Ucraina, la lettura dell’atteggiamento di Trump verso Putin divide i media Usa. New York Times e altri scrivono che il presidente deplora che Putin continui a fare vittime, ma “non gliene fa pagare il prezzo”; e rifiuta di unirsi agli europei in una nuova ondata di sanzioni anti-russe.

Per il Wall Street Journal, invece, Trump sta valutando sanzioni alla Russia: sempre più irritato dalla mancanza di flessibilità di Putin nella ricerca della pace in Ucraina, vuole esercitare pressioni su di lui perché accetti di sedersi al tavolo dei negoziati. Ma Trump non è in sintonia neppure con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, che “ogni volta che parla fa danni”.

Intanto, l’Ucraina, la cui difesa aerea fatica a contenere gli ultimi massicci attacchi russi, chiede agli Usa più sistemi di difesa anti-aerea e riceve da alcuni degli europei – il cancelliere tedesco Friedrich Merz in primo luogo – l’autorizzazione a usare le armi fornitele per colpire obiettivi sul territorio russo.

Non è chiaro se l’ok di Merz sia condiviso da Trump. Ma è certo che approfondisce il solco tra europei e russi. Su la Repubblica, Maurizio Molinari scrive: “Le scintille fra Berlino e Mosca sull’Ucraina testimoniano un’accelerazione della sfida di Putin all’Europa, in coincidenza con l’impasse negoziale con l’America”.

Sembra già tramontata l’ipotesi che il prossimo round negoziale Russia – Ucraina, se e quando si farà, si svolga in Vaticano, nonostante la disponibilità manifestata da Papa Leone XIV. E’ probabile che le delegazioni tornino a vedersi a Istanbul, dove si sono già viste a metà maggio: il presidente turco Racep Tayyp Erdogan continua ad accreditarsi come mediatore fra le parti. Prima, però, bisognerà disporre del memorandum che deve essere la base delle trattative: Kiev ha già prodotto la sua bozza, Mosca la tira in lungo.

Guerre: dazi, tra corse in avanti e dietro front c’è chi s’illude che il peggio sia passato
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L’incontro a Roma il 18 maggio tra la presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il vice-presidente Usa JD Vance, per parlare dei dazi tra Usa e Ue (Fonte: Milano Finanza)

Si va avanti a strattoni. Dopo una telefonata domenica con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, Trump fa sapere che i dazi del 50% sull’import degli Usa dall’Ue, appena annunciati venerdì 23 maggio con decorrenza primo giugno, slittano al 9 luglio per lasciare più tempo alle trattative. Notare che Trump aveva scatenato una guerra dei dazi planetaria il 2 aprile e aveva poi proclamato una tregua altrettanto planetaria di tre mesi il 9 aprile (scadenza della tregua, il 9 luglio).

Inspiegabilmente, i mercati finanziari – riferisce il Wall Street Journal – scommettono sul fatto che il peggio dei dazi sia ormai alle spalle. Con più realismo, e un pizzico d’ironia, Politico ‘fa il verso’ a Trump, che chiama la legge finanziaria in discussione al Congresso “grande e bella”: “Un grande, bell’accordo commerciale dell’Ue con gli Usa? Un sogno”; e spiega che i leader europei non hanno nessuna voglia – e, a ben vedere, nessun motivo – di fare grosse concessioni al loro bizzoso interlocutore.

Uvdl scrive sui social: “Ottima telefonata con il presidente Trump. Ue e Usa condividono le più importanti e strette relazioni commerciali al mondo. L’Europa è pronta a portare avanti i negoziati in modo rapido e deciso. Per raggiungere un buon accordo, abbiamo bisogno del tempo necessario fino al 9 luglio”. Sempre sui social, Trump presenta il suo dietro front come un suo successo: “E’ stata una mia scelta”.

I negoziatori delle due parti sono “in costante contatto”. Stefano Feltri, sui suoi Appunti, racconta “il contagio della follia economica”: “Le ultime minacce di Trump non hanno più alcuna logica, ma costringono l’Ue a scegliere tra sottomissione, ritorsione o indifferenza”.

Le trattative commerciali vanno avanti anche tra Usa e Cina. Il New York Times evidenzia elementi di debolezza di Pechino nel match con Washington: cronica lentezza del settore edilizio e alti tassi di disoccupazione giovanile la rendono oggi più vulnerabile di quanto non fosse nel primo mandato del presidente Trump. Per il Wall Street Journal, la Cina – punta sulla domanda interna per sostenere la propria crescita nell’incertezza sui dazi.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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