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Guerre: punto, America First!, Europa da sola, non tutto il Trump nuoce

Scritto, in versioni diverse, per la Voce e il Tempo uscita lo 06/03/2025 in data 09/03/2025, riprendendo anche https:/2025/03/02/ucraina-europa-pace-duratura/ e https:/2025/03/04/trump-2-ok-dazi-stop-ucraina/ il Corriere di Saluzzo dello 06/03/2025 e il blog di Media Duemila uscito lo 06/03/2025 https://www.media2000.it/america-first-europa-da-sola-non-tutto-il-trump-nuoce/

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Guerre, punto – “America First!, Europa da sola”: sintetizzato in un titolo da Politico, suggerito dalle smargiassate del discorso di Donald Trump al Congresso riunito in sessione plenaria nella notte tra martedì e mercoledì, l’accostamento rende bene la situazione di un Occidente sballottato tra l’offensiva Usa delle paci predatorie in Ucraina e anche in Medio Oriente e la difesa dei valori affidata a un’Europa scossa e divisa, ma che cerca di elaborare una risposta tra un vertice e l’altro – a Londra, domenica; a Bruxelles oggi, giovedì 6 marzo -.

Via ai dazi e, quindi a una guerra commerciale di dimensioni planetarie. Stop agli aiuti all’Ucraina. Queste le due decisioni prese da Trump nell’imminenza del discorso al Congresso, che agitano mercati e diplomazie di tutto il Mondo. I leader europei sono chiamati a un vertice da vertigine, quando l’orologio atlantico segna “cinque minuti alla mezzanotte” dell’Apocalisse occidentale, cioè una frattura tra Usa e Ue.

Ma se la boria nazionalistico-imperialista dell’America ‘trumpiana’ dovesse – finalmente – indurre l’Europa a una maggiore coesione ed a una maggiore consapevolezza di se stessa, la spallata data dal magnate presidente all’Unione nel tentativo di smantellarla otterrebbe l’effetto opposto. E sarebbe una buona cosa.

Prendere atto dell’allineamento di fatto di Trump con il presidente russo Vladimir Putin?, magari – c’è chi dice – in funzione anti-Cina. O salire sulle barricate della difesa di un Paese invaso e mutilato? Fra i 27, i leader pro-Putin lavorano per fare deragliare le iniziative per sottrarre l’Ucraina a una ‘pace capitolazione’ e strappare l’iniziativa a Trump – ammesso che sia possibile riuscirci -.

E, intanto, in Medio Oriente, la tregua tra Israele e Hamas nella Striscia di Gaza è appesa al filo religioso-umanitario del susseguirsi tra Ramadan musulmano e Pasqua ebraica. E, anche qui, la voce di Trump suona più minacciosa che pacificatrice: se nel discorso al Congresso aveva parlato poco o nulla di Medio Oriente, ieri, dopo avere visto alcuni ostaggi liberati, il magnate presidente ha dato “l’ultimo avvertimento” ad Hamas, chiedendo che liberi subito tutti gli ostaggi ancora trattenuti, vivi o morti che siano; altrimenti – ha minacciato – “ci sarà l’inferno da pagare più tardi!”.

Sul suo social Truth, Trump ha scritto: “Per la leadership di Hamas, è il momento di lasciare Gaza, finché ne ha la possibilità. Inoltre, dico al popolo di Gaza: un futuro meraviglioso ti attende, ma non se tieni degli ostaggi. Se lo fai, sei morto! Prendi una decisione intelligente. Rilascia gli ostaggi ora, o ci sarà l’inferno da pagare più tardi!”.

Guerre: punto, discorso Trump a Congresso, fronte interno e guerra dazi

Un Donald Trump “combattivo” e “non disposto a riconoscere alcun errore” si impegna a portare avanti “la sua agenda in modo implacabile”, nel primo discorso del suo secondo mandato fatto davanti al Congresso riunito in sessione plenaria: i virgolettati vengono dai maggiori media Usa. Formalmente, non era un discorso sullo stato dell’Unione, ma l’equivalente. Ed è stato il più lungo discorso mai pronunciato da un presidente degli Stati Uniti a Camere riunite: è durato un’ora e 40’.

I parlamentari democratici avevano deciso di riempire le tribune degli invitati di dipendenti federali licenziati da Trump e dal suo sodale Elon Musk, per diminuire i costi e aumentare l’efficienza dell’Amministrazione pubblica.

Il presidente – sintetizza il New York Times – “ha attaccato la cultura ‘woke’, ha elogiato Musk ed ha esaltato le molteplici azioni intraprese nelle prime sei settimane alla Casa Bianca, fra cui i tagli dei posti di lavoro federali e l’eradicazione di iniziativa pro-diversità e anti-discriminazioni”.

Sui media ‘trumpiani’, i toni sono epici. Il New York Post titola a tutta pagina: “Reborn in the Usa”, evocando ‘Born in the Usa’ di Bruce Springsteen (‘The Boss’, ferocemente anti-trumpiano, non ha certo gradito). “Trump – scrive il NYP – esalta la sua vorticosa ‘rivoluzione del buon senso’ e tacita le proteste dei democratici … Comportandosi da turbolento ‘showman in capo’, dichiara che “l’America è tornata” e che “l’era più grande di tutti i tempi” sta arrivando”.

Il Wall Street Journal afferma: “Trump difende la sua agenda in un discorso senza pentimenti … Avalla i dazi e assicura ‘avremo la Groenlandia’ …” – quanto al Canale di Panama rivendicato, hanno già provveduto i privati: la BlackRock americana ha comprato i porti panamensi a un’azienda di Hong Kong -.  “Trump – scrive il WSJ – mette in rilievo gli aspetti più dirompenti del suo ritorno al potere, … gli sforzi per reprimere l’immigrazione illegale, ridurre i dipendenti federali e avviare un confronto con gli alleati degli Stati Uniti”.

Per il Washington Post, “Trump chiede pazienza sui dazi, in vigore da ieri… Il discorso si colloca sullo sfondo di incertezze economiche che derivano dalla decisione di imporre forti dazi ai partner commerciali degli Stati Uniti e dalle azioni condotte da Musk per ridurre l’apparato federale”.

In effetti, la ‘guerra dei dazi’ divenuta effettiva ieri, s’è già mangiata i guadagni in Borsa fatti dopo la vittoria di Trump nelle elezioni del 5 novembre 2024: “I dazi generalizzati del presidente Trump contro Canada, Messico e Cina – e le risposte dei diversi Paesi, ndr – hanno avuto eco sui mercati di tutto il Mondo, aumentando le preoccupazioni degli investitori sull’andamento dell’economia”.

In un commento, Ishaan Tharoor scrive: “Trump impone una ‘terapia shock’ globale i cui obiettivi sono incerti”. L’editorial board del WP spiega “come i dazi impoveriranno l’America”; e il giornale racconta il timore di Wall Street che i dazi “mandino a picco un’economia che stava crescendo”.

Guerre: punto, ammorbidimento sull’Ucraina
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Scena di guerra in Ucraina (Fonte: New York Times)

Dal discorso, il New York Times ricava un messaggio conciliante di Trump al presidente ucraino Volodymyr Zelensky, quattro giorni dopo averlo maltrattato nello Studio Ovale e il giorno dopo avere “sospeso” gli aiuti all’Ucraina. Trump apprezza che Zelensky, da cui ha ricevuto una lettera definita “accomodante”, abbia – nota Politico – “abbassato le penne”.

A quattro giorni dall’umiliazione inflittagli da Trump, spalleggiato dal suo vice JD Vance, Zelensky dichiara “spiacevole” l’incidente nello Studio Ovale, esprime apprezzamento per l’aiuto ricevuto dagli Stati Uniti, assicura che l’Ucraina vuole la pace e pone sue condizioni per un cessate-il-fuoco (in pratica, garanzie di sicurezza).

“E’ il momento di mettere a posto le cose”, scrive Zelensky su X, dicendosi pronto a riprendere a trattare con gli Usa per “firmare in ogni momento” l’accordo sullo sfruttamento economico da parte americana dei minerali e delle infrastrutture ucraini. Il presidente è “pronto a lavorare per la pace sotto la forte leadership di Trump, con una tregua immediata”.

Lo stop agli aiuti – “una pausa”, non una cancellazione, precisa Washington – riguarda le consegne di munizioni, veicoli e altre attrezzature, comprese spedizioni concordate quando Joe Biden era presidente. La Casa Bianca vuole spingere Zelensky ad accettare le condizioni americane e anche ammorbidire Putin. “Vogliamo portare i russi al tavolo delle trattative”, spiega il segretario di Stato Usa Marco Rubio.

Le fonti di Kiev sostengono che la sospensione degli aiuti americani “è dolorosa, ma non è fatale”; che la resistenza agli invasori può continuare per mesi, anche se sarà più faticosa – leggi, cruenta -; e che la fine della guerra potrebbe essere ancora lontana, così come un accordo con il Cremlino. Ma la prospettiva è che le perdite al fronte e le morti di civili aumenteranno perché gli attacchi aerei saranno intercettati in misura minore.

Attualmente, spiega il New York Times, i droni sono le armi più letali sulla linea del fronte: provocano il 70% delle perdite, morti e feriti sommati. Sabato 1, è stato colpito un campo di addestramento ucraino: Kiev ammette “diverse decine di morti e un centinaio di feriti”.

Il Cremlino, dal canto suo, apprezza la sospensione Usa delle forniture belliche all’Ucraina, perché “potrebbe davvero spingere il regime di Kiev verso il processo di pace”. Senza gli aiuti americani, l’Ucraina avrebbe un margine di resistenza di circa sei mesi, secondo fonti di Kiev forse ottimiste. Su X, il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak alterna duttilità e fermezza: “Non trascuriamo la possibilità di negoziati …, ma non riconosceremo mai i territori occupati dalla Russia come territorio russo.

Guerre: punto, Ucraina, l’Europa a consulto a Bruxelles
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Una rivisitazione artistica in chiave attuale degli Accordi di Yalta del 1944

Mentre gli Usa schiaffeggiano Zelensky e ammiccano a Putin, l’Europa, che si riunisce a consulto, tiene la linea del sostegno a Kiev “finché necessario”. La presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen propone un aumento delle spese per la difesa per flettere i muscoli con Putin, ma pure per mostrare determinazione a Trump, anche se c’è consapevolezza che senza l’America l’Europa da sola non è oggi adeguata a garantire la propria sicurezza.

L’idea è quella di incrementare la capacità di produzione di missili, munizioni e difese aeree e d’aumentare e rendere più efficienti gli apparati di difesa. In vista del Consiglio europeo, UvdL propone un piano in cinque punti da 800 miliardi di euro, chiamato ‘Rearm Europe’, con un fondo comune per la difesa da 150 miliardi di euro.

La presidente predica di fare in fretta. “Viviamo in tempi pericolosi, la sicurezza dell’Europa è minacciata in modo serio… La domanda è se sapremo reagire con la rapidità necessaria…”. La bozza delle conclusioni del vertice raccomanda di “aumentare la pressione sulla Russia per ridurne la capacità di continuare a condurre la guerra di aggressione”; mentre la pace “deve rispettare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”.

Le posizioni dei 27 sono diverse, ma quelle d’un gruppo di Paesi più coesi non sono  inconciliabili. L’Italia insiste perché non si crei una frattura Usa/Ue.

Guerre: punto, l’Europa dopo il vertice di Londra

Del resto, l’Europa riunita a Londra domenica non ha abbandonato a se stessa l’Ucraina aggredita dalla Russia e non ha preso a male parole il suo presidente Zelensky, anzi lo ha abbracciato rinnovandogli “solidarietà”. Ma ha anche cercato di tenere aperto il dialogo con gli Stati Uniti, nonostante il bullo alla Casa Bianca sembri intendersela più con l’orco Putin che con i suoi alleati della Nato.

La pace che gli europei s’impegnano a cercare d’ottenere per l’Ucraina è più “duratura” che “giusta”, perché tutti si rendono conto che l’integrità territoriale dell’Ucraina è ormai un’utopia militare e politica e che sarà difficile, se non impossibile, impedire che la Russia ricavi vantaggi dall’invasione, dopo che Washington ha di fatto già concordato con Mosca una spartizione: ai russi, i territori occupati; agli americani, le ricchezze contenute nel sottosuolo ucraino, specie terre rare.

Ci vogliono, però, garanzie di sicurezza, perché quel che resterà dell’Ucraina (e non solo) non resti esposto ai capricci di Putin. Fonti francesi parlano dell’emergere a Londra di “un consenso” attorno all’accelerazione di “una difesa europea propria”, dentro una discussione “sull’impegno americano”.

Convocato dal premier britannico Keir Starmer prima dello scontro di venerdì nello Studio Ovale tra Trump, con il suo vice JD Vance, e Zelensky, il consulto di Londra doveva servire a tirare le fila dei rapporti tra Usa ed Europa dopo l’accelerazione dei negoziati sull’Ucraina tra Washington e Mosca, scavalcando Kiev e marginalizzando l’Ue e la Nato, e dopo le visite a Washington del presidente francese Emmanuel Macron e dello stesso Starmer.

Starmer e Macron, che si consultano prima del vertice, intendono impegnarsi a ricucire lo strappo tra Trump e Zelensky, presentare un piano per un cessate-il-fuoco a Trump e provare a mettere insieme “una coalizione dei volenterosi” per offrire all’Ucraina le garanzie di sicurezza di cui ha bisogno, essendole ormai preclusa – pare certo – la prospettiva di adesione alla Nato (resta, invece, l’offerta di adesione all’Ue). La coalizione suscita però perplessità, anche da parte dell’Italia, ed è osteggiata dalla Russia.

Dalla riunione di Londra, esce, dice il segretario generale della Nato Mark Rutte, che vi partecipa con i leader dell’Ue, l’impegno ad aumentare le spese per la difesa, il che di per sé viene incontro alle richieste di Washington, anche se mancano dettagli in proposito. E Starmer riconosce che l’Europa deve sostenere il grosso dello sforzo per difendere se stessa. A lavori conclusi, Zelensky viene ricevuto a Sandringham da re Carlo III: una sorta di ‘risarcimento’ dell’umiliazione inflittagli alla Casa Bianca. Il presidente ucraino si presenta con la sua solita tenuta militare e nessuno gli contesta la violazione dell’etichetta.

Guerre: punto, Medio Oriente, fase critica
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Fotomontaggio di al Jazeera di immagini tratte dall’osceno video sulla ricostruzione di Gaza realizzato con l’IA e rilanciato da Trump

La riunione di Londra si svolge in un giorno critico anche per la pace in Medio Oriente, dove la fine della prima fase della tregua concordata tra Israele e Hamas coincide con l’inizio del Ramadan, cioè del mese sacro del digiuno musulmano, ma non con l’avvio della prevista seconda fase.

Israele, anzi, blocca l’ingresso nella Striscia di Gaza degli aiuti umanitari: vuole che Hamas restituisca tutti gli ostaggi catturati il 7 ottobre 2023 – ne restano una cinquantina, di cui 35 sarebbero morti -, solo in cambio della liberazione di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane; e non intende ritirarsi dalla Striscia, come era stato previsto. Si negozia, al Cairo e altrove, ma la tregua è appesa a un filo e una pace vera è lontanissima.

 

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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