È il momento di Elon Musk! Non c’è telegiornale o talk show che non parlino di lui. Il problema è che Elon non è un uomo da titoli per i prossimi cinque minuti, è un protagonista (lui e i simil-Musk) con cui il mondo avrà seriamente a che fare per i prossimi anni.
A richiamare l’attenzione italica la battuta,
“These judges need to go”,
con cui ha commentato i provvedimenti della procura di Roma sui trasbordi dei migranti in Albania. Chi ha applaudito, chi si è inquietato e chi – il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – gli ha mandato a dire che
“L’Italia sa badare a sé stessa nel rispetto della sua Costituzione”.
Cosa porta in dote l’imprenditore di Tesla, Starlink e Space X
Meno clamoroso per i nostri lidi provinciali e sicuramente più denso di prospettive e tutto da scoprire l’incarico che ha deciso di affidargli il neopresidente Trump, a capo di un Dipartimento per l’efficienza governativa, creato per snellire la burocrazia e diminuire le spese federali. È la conferma dello stretto rapporto che, a cominciare dalla campagna elettorale, ha unito Donald all’imprenditore di Tesla, Starlink e Space X, già fondatore di OpenAI e titolare di Twitter ribattezzato X. Basterebbe questo elenco per capire la massa critica che si raccoglie nelle mani di Musk e la potenza di un impero che ha solo i confini del digitale: automotive e satelliti di comunicazione, intelligenza artificiale, interfacce neurali e social.
Non si tratta di dare giudizi, si tratta intanto di capire il nuovo orizzonte che ci arriva dall’America, che sarà pure in decadenza rispetto agli aitanti colossi della geopolitica nascente, ma ci offre un laboratorio sul quale sarà il caso di riflettere per le rivoluzionarie novità che propone.
L’incontro fra Trump e Musk non è un episodio congiunturale, tantomeno un endorsement come quelli a cui gli Stati Uniti ci hanno abituato. Cantanti, divi del cinema, star della tv una volta forse avevano un peso e comunque appartenevano a un tempo in cui al centro della politica c’erano i partiti, mentre sul piano mediatico trionfava la società dello spettacolo.
Un connubio vincente per fare seguire alle parole i fatti
Trump non viene da un partito, semmai fa un’opa tutta personale e dall’esterno a quello repubblicano, e bypassa le territorialità di classe della politica tradizionale. Pesca ovunque con una trasversalità fatta di slogan vincenti – no emigranti, stop all’inflazione, basta guerre, rilancio energetico senza curarsi troppo del cambiamento climatico e comunque Make America Great Again – con un linguaggio che demonizza e demolisce il politically correct, e il piglio ruvido di chi alle parole fa seguire i fatti.
Musk non si aggiunge semplicemente, rappresenta la chiusura del cerchio con una alleanza che si annuncia strutturale tra la versione trumpiana della politica e una tecnologia che s’interfaccia a tempo pieno più che con la società con una personalizzata dimensione individuale, con il sistema economico e quello militare. A un Presidente che riunisce un’affannata middle class, neri, latinos e gli esclusi dalla globalizzazione, porta in dote il marketing più aggiornato e capillare, scala uno a uno, un’infrastruttura che può veicolare il consenso e l’algoritmo per gestire sanità, scuola, amministrazione ed esercito.
La microfisica del nuovo potere: potenza creativa della tecnologia e fatica della democrazia ad adeguarsi alla velocità dei processi
Dentro questo connubio ci stanno tante cose imprevedibili, di sicuro la potenza creativa della tecnologia e la fatica della democrazia non dico a gestire ma almeno ad adeguarsi alla velocità dei processi, al potere invisibile e ormai indispensabile di players sovranazionali che ormai stanno ridisegnando la mappa stessa della politica con la versione più persuasiva, friendly e individualizzata di quella che Michel Foucault chiamava la “microfisica del potere”.
E noi? Il nostro arrancante Stivalino? Qualche anno fa siamo stati anche noi un laboratorio, quando al potere è arrivato il titolare del dominante network televisivo commerciale. Visto da oggi, artigianato nazionale in confronto alla scala globale e digitale che ha assunto la comunicazione.
Si dice che Meloni potrebbe fare da ponte tra il Nuovo Mondo che annuncia l’America e un’Europa che sembra incerta tra i perduranti nazionalismi e la strada di un’integrazione ora-o-mai-più. Ma per fare cosa? Con quale potere di contrattazione? Con un liberismo arrendevole e poco sollecito dei diritti e delle garanzie o con la consapevolezza di una partita del tutto nuova con giocatori che hanno carte che possono sbancare il Palazzo tradizionale e perfezionare su scenari imprevedibili l’ultimo, contagiosissimo e indolore, virus della tecnica? Una consapevolezza che sembra latitare anche fra chi le si oppone.
Quanto a Trump non so se pensi di governare Musk, potrebbe risvegliarsi amaramente e scoprire che non è (più) lui il Burattinaio.
Scritto il 14 novembre 2024 per il Corriere dell’Umbria.