HomeDemocrazia FuturaMaia Sandu confermata al ballottaggio presidente della Moldavia

Maia Sandu confermata al ballottaggio presidente della Moldavia

Il rischio di ripresa delle ostilità con la Russia di Giulio Ferlazzo Ciano Dottore di ricerca in Storia contemporanea

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La piccola Repubblica di Moldavia è da qualche tempo una delle caselle della scacchiera euro-orientale sulla quale si muovono le pedine del “grande gioco” tra le liberaldemocrazie occidentali e i regimi autoritari rappresentati dalle due potenze euroasiatiche per eccellenza, Cina e Russia.  Si tratta di una casella molto particolare perché la Moldavia è al contempo uno Stato indipendente, che ricalca il territorio dell’ex Repubblica Socialista Sovietica avente il medesimo nome (un tempo nota come Bessarabia e impropriamente ribattezzata dal governo sovietico Moldavia, come l’omonima regione della Romania), ma anche giustappunto un tassello dell’ex impero sovietico e ancor prima zarista e persino una regione irredenta romena, peraltro già per un breve periodo tornata in seno alla madrepatria (1918-1940 e 1941-1944) e popolata in maggioranza (82 per cento) da cittadini di lingua romena. Al suo interno, come in una matrioska, si nota la presenza di un altrettanto piccolo Stato: una repubblica secessionista (dal 1992) non riconosciuta da nessun Paese, ma protetta da un contingente militare russo rimasto isolato dal 2022 in seguito all’invasione russa dell’Ucraina. Un territorio allungato sulla sponda orientale del fiume Nistru (Dnestr) e noto come Transnistria (ufficialmente Repubblica Moldava Transnistriana, in russo Pridnestrovskaja Moldavskaja Respublika).

Il gioco in questo caso consiste, da una parte, nel riuscire a riportare la Moldavia sotto l’influenza russa, grazie anche alla presenza nel Paese di una nutrita schiera di politici filorussi e di un’opinione pubblica (dato anche l’insuccesso della transizione dall’economia pianificata all’economia di mercato) nostalgica dell’Unione Sovietica e del suo modello assistenziale. E con la presenza della Transnistria controllata da (poche e isolate) forze militari russe come sorta di spada di Damocle pronta all’occorrenza a cadere sul capo dei governi filooccidentali installati a Chișinău, la capitale moldava.

Dall’altra parte si tratta invece di riuscire a portare la Moldavia sotto l’ala protettiva degli Stati che compongono l’Unione Europea, attraverso la sua stessa adesione all’Unione (un percorso tuttavia, stando ai precedenti, molto lento e non privo di incognite) e alla simbolica riunificazione con la madrepatria romena, la quale peraltro gode anche di uno scudo militare offerto dall’Alleanza atlantica (NATO). A sostenere tale percorso in patria sono una maggioranza dell’opinione pubblica (purtuttavia esigua, almeno stando ai risultati del referendum del 20 ottobre 2024 sul sostegno all’adesione del Paese all’Unione Europea, confermato da un risicato 50,4 per cento dei voti) e la presidente Maia Sandu, un’economista e funzionaria dello Stato con esperienze di perfezionamento negli Stati Uniti d’America, tra l’università di Harvard e la Banca Mondiale, che è riuscita a porre fine alle presidenze filorusse del suo poco limpido predecessore, Igor Dodon, vincendo le elezioni del 2020.

Il primo quadriennio della presidenza Sandu è stato caratterizzato da una sterzata filo-occidentale ed europea in politica estera e da una campagna anti-corruzione in politica interna che ha fatto vittime illustri nel panorama politico e istituzionale del Paese, tra cui lo stesso ex presidente Igor Dodon, l’ex procuratore generale della Repubblica di Moldavia Alexandru Stoianoglo, raggiunto da gravi accuse di corruzione e per questo rimosso da suo incarico (ottobre 2021), nonché Ilan Șor, finanziere israelo-moldavo già coinvolto nel 2014 in prima persona nella più nota frode bancaria del Paese e fondatore di un partito politico filorusso ora disciolto.

Come se non fosse sufficiente il già complesso quadro interno sono sopraggiunte la pandemia del Covid, che ha ulteriormente indebolito la già fragile economia moldava, e l’invasione russa dell’Ucraina, che ha rimesso in circolo il timore per le rivendicazioni separatiste transnistriane e fatto temere una risoluzione del conflitto a vantaggio della Russia e delle sue pretese sul Russkij mir, quello spazio storico-culturale russo di cui inopinatamente si sentono parte anche un consistente numero di moldavi di lingua neolatina ma nostalgici del vecchio ordine sovietico.

Peraltro, la stessa “operazione militare speciale” russa e le sue ricadute economiche sull’intero continente europeo non hanno di certo giovato all’economia moldava, ampliando ancor più il divario tra il reddito medio moldavo e quello dei Paesi europei confinanti.

In tale contesto si sono tenute nell’autunno del 2024 tre tornate elettorali, due concentrate lo stesso giorno, il 20 ottobre 2024, l’altra il 3 novembre. Nella prima data i moldavi sono stati chiamati ad esprimersi in merito al summenzionato referendum per l’adesione all’Unione Europea e al primo turno delle elezioni presidenziali, mentre due settimane dopo è stata la volta del secondo turno delle presidenziali. Candidato di punta dell’opposizione filorussa – anche se in grado di dissimulare le simpatie per Mosca dietro a dichiarazioni di facciata, espresse in lingua romena, a favore dell’ingresso del Paese nell’Unione Europea, salvo poi dichiarare esattamente l’opposto, rivolgendosi in lingua russa alla stampa e al proprio elettorato – è stato il rimosso procuratore generale Alexandru Stoianoglo, esponente della minoranza etnica gagauza (turchi cristiani) diffusa nel sud del Paese e compattamente anti-romena. Al primo turno Maia Sandu, ricandidatasi alla presidenza, ha preservato in termini assoluti il consenso ottenuto quattro anni prima, ma non è riuscita ad ottenere la maggioranza necessaria per essere rieletta. Le due settimane che hanno separato il primo e il secondo turno sono state vissute in un’atmosfera di tensione, fra sospetti di frodi elettorali, finanziate grazie anche ai capitali sporchi di Ilan Șor, e funesti presagi rappresentati dall’esito delle elezioni parlamentari in Georgia che, il 26 ottobre 2024, hanno confermato al potere un governo ormai apertamente filorusso.

Il secondo turno delle elezioni presidenziali

Alla fine, è arrivato il momento della verità. Domenica 3 novembre 2024 si è tenuto il secondo turno delle elezioni presidenziali, il ballottaggio che avrebbe deciso il futuro della Moldavia per i prossimi anni. Da una parte la presidente uscente Maia Sandu, con il suo programma di adesione – il più possibile accelerata – all’Unione Europea, dall’altra il chiacchierato e rimosso ex procuratore generale della Repubblica di Moldavia, Alexandr Stoianoglo, anch’egli a parole fautore dell’adesione all’Unione, ma più spesso critico verso la politica euro-occidentale di sostegno all’Ucraina e nostalgico del ritorno a una relazione di buon vicinato con la Russia (attraverso la controllata Transnistria). Le previsioni della vigilia potevano essere nel complesso abbastanza favorevoli all’ipotesi della riconferma di Sandu, ma il rischio di intromissioni russe e di compravendita di voti (almeno secondo quanto denunciato dalla stessa presidente e dai suoi sostenitori) era tale che fino all’ultimo la prudenza non sarebbe mai stata abbastanza. Tanto più dopo aver assistito, appena una settimana prima, alla caduta della debole e mal difesa fortezza Georgia.

In Moldavia, tuttavia, si è realizzato l’opposto di quanto avvenuto nel poco più vasto Stato transcaucasico: la vittoria (55,35 per cento di suffragi), netta, anche se non travolgente, ha favorito la presidente uscente filooccidentale Maia Sandu. In termini percentuali un po’ meno del 57,72 per cento del secondo turno delle precedenti presidenziali (2020), ma in termini assoluti quasi lo stesso ammontare di voti di quattro anni prima: 930 mila contro 943 mila. Qualche minimo segnale di scontento, come già accennato, non ha favorito una rielezione trionfale, ma la fortezza Moldavia ha nel complesso retto piuttosto bene, almeno fino a questo cruciale appuntamento elettorale, ai tentativi di destabilizzazione e alla propaganda filorussa. Il progetto di adesione all’Unione Europea proseguirà, senz’altro non senza ostacoli, ma con la certezza che al timone del piccolo Paese di lingua romena rimarrà (salvo sorprese, magari anche brutte sorprese) in mano a colei che ha già dato prova di competenza, saldezza d’animo e di dirittura morale. Merce rara da quelle parti. Merce rara invero anche dalle nostre parti.

Il voto in Transnistria

Anche questa volta c’è da registrare la curiosità del voto transnistriano, per mezzo dei soliti seggi approntati sulla riva destra del Nistru, in territorio sotto controllo del governo di Chișinău. Qui, pur su un campione assai modesto, vista la scarsa affluenza registrata peraltro in tutto il Paese (poco oltre il 54 per cento la media nazionale), Sandu è riuscita comunque ad aggiudicarsi il 20,6 per cento di voti (5383 preferenze), contro il 79,4 per cento dello sfidante (20.753 preferenze)[1]. Niente male per una repubblica secessionista sostenuta da Mosca e nostalgica del comunismo. E anche il segno che i tentativi russi di far votare in massa i transnistriani per il candidato più favorevole a Mosca, se non sono stati sopravvalutati di certo non hanno prodotto il risultato sperato. Specularmente al caso georgiano, anche per quanto riguarda la Moldavia non sono mancate accuse di brogli. Questa volta, tuttavia, provenienti proprio dalla Russia.

Il portavoce della presidenza della Federazione Russa, Dmitrij Peskov, è uscito allo scoperto il 5 novembre 2024, accusando il governo moldavo di aver impedito di votare a una significativa parte della sua popolazione, ma non ai cittadini moldavi espatriati nei vari Paesi dell’Unione Europea, bollando le elezioni di non essere state democratiche e nemmeno eque. E inoltre, a scanso di equivoci, ha anche aggiunto che Sandu

«non è la presidente del suo Paese perché la maggioranza della popolazione non ha votato per lei»[2].

Lagnanza d’obbligo, per controbilanciare le analoghe lagnanze europee in merito al voto in Georgia, oppure qualcosa di più? Magari il segnale dell’inizio delle aperte ostilità tra la Russia e la Moldavia, piccolo Stato troppo a ridosso dell’Ucraina per sentirsi al sicuro in caso di disgrazia? Lo sapremo presto, già nei prossimi mesi.

Milano, 11 novembre 2024

[1] https://pv.cec.md/cec-presidential-results-tour2.html

[2] Kremlin Calls Moldovan Presidential Election ‘Undemocratic’ and ‘Unfair’, “The Moscow Times”, 5 novembre 2024; https://www.themoscowtimes.com/2024/11/05/kremlin-calls-moldovan-presidential-election-undemocratic-and-unfair-a86906

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Infocivica è una libera associazione di persone fondata da Jader Jacobelli, Gerardo Mombelli, Bino Olivi e da un gruppo di giornalisti, universitari, funzionari e operatori della comunicazione che, dal suo primo incontro ad Amalfi nel settembre 2000, si batte per promuovere lo sviluppo equilibrato del rapporto civico tra sistema della comunicazione, istituzioni e cittadinanza e, oggi, per il rinnovamento e la ridefinizione del servizio pubblico radiotelevisivo e della sua missione nella società digitale e delle piattaforme. Infocivica è presieduta da Stefano Rolando e Giacomo Mazzone.

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