In missione in Asia, in visita agli amici più fidati degli Stati Uniti nel Pacifico, Corea del Sud e Giappone, il presidente Usa Joe Biden non prova a mettere un cuneo nell’intesa fra Cina e Russia delineatasi dopo l’invasione dell’Ucraina; anzi, in conferenza stampa con il premier giapponese Fumio Kishida, mette in guardia Pechino e dice che gli Stati Uniti aiuterebbero militarmente Taiwan in caso di invasione cinese.
L’affermazione sorprende la stampa Usa, che nota subito come essa si discosti della tradizionale “ambiguità strategica” americana su questo tema. E coglie impreparata pure la Casa Bianca, che, come già fece a fine marzo, dopo la sortita di Varsavia sul ‘cambio di regime’ a Mosca, s’affanna nel tentativo di rettificare il tiro senza smentire il presidente. La Cnn riferisce che si sta elaborando un testo che “chiarisca” la posizione americana.
Scrive il New York Times: “Nessuno s’aspettava una dichiarazione del genere, fatta senza distinguo e senza infiorettature, da parte del presidente. E’ un segno della volontà di proteggere la democrazia di Taiwan più forte di quelli che Biden ha mai dato nei confronti dell’Ucraina”.
Dall’Asia, il presidente Usa lancia pure l’Indo-Pacific Economic Framework (Ipef), nuova alleanza economico-commerciale, cui hanno già aderito 13 Paesi: una piccola Apec in funzione anti-cinese, un cordone di contenimento dell’espansione di Pachino. I Paesi membri dell’Ipef – assicura Biden – ne ricaveranno “benefici economici concreti”.
Del nuovo gruppo nella regione indo-pacifica si continuerà a discutere oggi a Tokyo, nella riunione dei Quad con la partecipazione dei leader di India e Australia. Per il neo-premier australiano Anthony Albanese, laburista, di origini italiane, uscito vincitore dalle elezioni di sabato 21, sarà l’esordio nel ruolo sulla scena internazionale.
Il viaggio in Asia di Biden era iniziato venerdì 20 in Corea del Sud, dove pure il presidente è nuovo di zecca, Yoon Suk-Yeol. Ieri, a Tokyo, Biden ha ribadito che gli Usa sono determinati a difendere il Giappone, con il quale hanno un’alleanza considerata “la pietra miliare” della pace e della stabilità nella regione. Concetti analoghi aveva già espresso a Seul, prima di accomiatarsi da Yoon, guardando lì a Pyongyang più che a Pechino (e senza escludere a priori un incontro con Kim Jong-un, il dittatore nord-coreano).
Della Russia, il presidente Usa ripete che dovrà pagare “un prezzo di lungo termine” per l’invasione dell’Ucraina con l’obiettivo di “distruggerne l’identità “: “E’ il costo che tocca a chi vuole cambiare gli assetti con l’uso della forza”, spiega.
Le parole e gli atti di Biden non passano senza reazione cinese. La Cina sottolinea di volere tutelare l’interesse per Taiwan: “Nessuno dovrebbe sottovalutare la decisa determinazione, la ferma volontà e la forte capacità del popolo cinese di difendere la sovranità nazionale e l’integrità territoriale”.
Quanto alla strategia indo-pacifica degli Stati Uniti, il commento cinese è acido: “le piccole cricche in nome della libertà e dell’apertura” hanno il solo scopo di contenere la Cina e non ci riusciranno. Lo dice il ministro degli Esteri Wang Yi: l’Ipef “è uno strumento politico degli Usa, per mantenere la loro egemonia economica regionale ed escludere miratamente certi Paesi”: “una strada sbagliata”.
I commenti della stampa Usa sono, in sostanza, coincidenti con quelli di Wang: il nuovo blocco –scrive il Washington Post – vuole “contrastare la Cina e riaffermare l’influenza degli Usa nell’area. Cinque anni dopo che Donald Trump si era ritirato da un ampio accordo commerciale nel Pacifico che lui stesso aveva negoziato, l’Ipef ricompone la partnership fra Usa, Giappone, Corea del Sud, India e Australia”. Ci sono pure Indonesia, Singapore, Malaysia, Thailandia, Brunei, Filippine, Vietnam e Nuova Zelanda: insieme rappresentano circa il 40% del Pil mondiale. Fra i Paesi che mancano, oltre alla Cina, Taiwan, la cui presenza sarebbe forse stata una provocazione eccessiva, Myanmar, Cambogia e Laos.
Biden a Tokyo ha atto una sola concessione alla Cina, dicendo che sta “considerando” l’abolizione di alcuni dazi commerciali non imposti dalla sua Amministrazione, per raffreddare il rialzo dell’inflazione.