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Virus: Cina; la Sars, quando Pechino sottovalutò il pericolo

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/01/2020

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Il primo dispaccio dell’Agenzia ANSA in cui si fa menzione della Sars è datato 15 marzo 2003: partendo da un servizio della Reuter da Ginevra, Paolino Accolla, uno specialista d’informazione sulla medicina, raccontava che l’Organizzazione mondiale della Sanità, la Oms, aveva lanciato un’allerta perché un virus misterioso, responsabile di una grave forma di polmonite, aveva varcato le frontiere dell’Asia divenendo ”una minaccia sanitaria mondiale”: uno sconosciuto microrganismo, “segnalato la prima volta il mese scorso in Cina”, dava luogo a una ‘sindrome respiratoria acuta grave’ (la Sars, appunto, dall’acronimo in inglese).

Per due settimane, la chiave dei titoli dei dispacci sulla Sars resta generica: ‘Virus misterioso’. Poi, dal 1° aprile, diventa ‘Virus Cina’. Solo il 23 aprile, Sars s’affranca e diventa una chiave a se stante. In realtà, questa forma atipica di polmonite era stata osservata per la prima volta nel novembre 2002 in Cina nella provincia del Guangdong, la provincia di Canton: c’erano voluti almeno cinque mesi perché le autorità cinesi dessero l’allarme a quelle internazionali. Che, però, a quel punto, erano già entrate in fibrillazione per conto loro perché segnali arrivavano da Usa e Canada, da Hong-Kong e Vietnam e tutto il Sud-Est asiatico.

Questa volta, pare che la lezione della Sars sia stata imparata: l’allerta dalla Cina è venuta quasi subito, le reticenze nella comunicazione sono minori, la volontà di collaborazione con altri Paesi e con le organizzazioni internazionali è dichiarata. Il che, però, non basta ad arrestare la diffusione e la letalità del nuovo coronavirus, che a ieri aveva fatto 80 vittime in Cina e circa 2750 infettati, soprattutto nella provincia di Hubei, quella di Wuhan, che pare essere l’epicentro dell’epidemia.

Allora, mentre cercavano di soffocare il contagio, i responsabili cinesi non informarono l’Oms fino al febbraio 2003, limitando la copertura mediatica per evitare panico ed allarme. Tutto ciò, però, provocò ritardi, moltiplicò i decessi e innescò critiche da parte della comunità internazionale verso il governo cinese, che alla fine presentò scuse ufficiali per la lentezza nell’affrontare il problema.

A rendere meno decisa la reazione contribuì forse il fatto che la Cina viveva una fase di transizione del potere tra Hu Jintao e Jiang Zemin: Hu assunse la guida del partito nel novembre 2002 e quella dello Stato nel marzo 2003, proprio mentre la Sars incubava e iniziava a diffondersi. Pure media e opinione pubblica internazionale apparvero, sulle prime, distratti: forse perché l’allerta dell’Oms coincise con l’inizio dell’invasione dell’Iraq da parte degli Usa e dei loro alleati.

Il primo indizio di una possibile pandemia partì dal sistema sanitario pubblico canadese il 27 novembre 2002. Ma i limiti e le inefficienze del sistema d’allerta internazionale, che è poi stato migliorato e adeguato e che sta oggi rispondendo più efficacemente, fece sì che la messa in guardia dell’Oms arrivò dopo 500 decessi in tutto il Mondo e duemila casi attivi. Ritrosie cinesi e inefficienze internazionali alimentarono, naturalmente, anche teorie del complotto, che non hanno però trovato finora nessun valido appiglio.

Secondo i risultati delle prime analisi, la mappa genetica del virus cinese 2019-nCoV assomiglia quasi all’80% al virus della Sars. Entrambi utilizzano la stessa arma per aggredire il sistema respiratorio umano: un recettore già isolato nel virus della Sars e chiamato Ace2. Il virus, chiamato  coronavirus perché ha forma di corona, dispone di una sorta di chiave che si adatta alle ‘serrature’ delle cellule del sistema respiratorio umano, riuscendo ad aprirle e a invadere così le cellule.

Nell’allerta diramata il 15 marzo 2003, l’Oms notava che per contrarre il virus si deve essere stati necessariamente a contatto con persone affette e consigliava a passeggeri ed equipaggi di navi ed aerei in tutto il mondo di cercare di riconoscere fin dall’inizio i sintomi di questa polmonite, che si manifestava subito con gravi difficoltà respiratorie e febbri elevate. Indicazioni simili a quelle date in questi giorni.

La Sars venne identificata per la prima volta dal medico italiano Carlo Urbani, un microbiologo che ne morì a Bangkok all’età di 47 anni: è mortale circa nel 15% dei casi in cui completa il suo corso e ha un tasso di letalità di circa il 7% degli individui che hanno contratto l’infezione. È attualmente considerata una malattia relativamente rara: la punta si ebbe con 8.096 casi nel 2003.

 

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche. Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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