Guerre, punto – La pace è in stallo. Le guerre no: raid russi sull’Ucraina ogni notte sempre più intensi; morti ogni giorno a decine nella Striscia di Gaza, dove il numero delle vittime ha appena superato le 55 mila. Le notizie cruente abbondano. I negoziati, se vi sono, restano sotto traccia: da quando il presidente Usa Donald Trump s’è messo in un canto ad aspettare che altri conducano le trattative, i protagonisti sembrano lavorare più al rilancio delle guerre che alla ricerca della pace. In questo quadro così frastagliato e minaccioso, potrebbe forse aprirsi uno spiraglio per la diplomazia vaticana.
Guerre, punto: Ucraina, droni e sanzioni, tatticismi negoziali

Sull’Ucraina, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky sprona europei ed americani al alzare la barra delle pressioni sulla Russia: gli europei gli danno retta: è pronto l’ennesimo pacchetto di sanzioni anti-russe, che dovrebbe essere sbloccato al Vertice europeo di fine giugno (ci sarà prima il G7, all’inizio della prossima settimana); gli americani, invece, sembrano rispondere picche, preannunciando, anzi, una riduzione degli aiuti a Kiev.
Dal canto suo, il presidente russo Vladimir Putin assume posizioni apparentemente concilianti, ma colpisce con frequenza e violenza crescenti Kiev, Odessa, Kharkiv e altre città ucraine – fino a quasi 500 droni la notte, oltre a decine di missili -. Il cancelliere tedesco Friedrich Merz giudica “sproporzionate” le reazioni russe agli atti di sabotaggio ucraino in territorio russo, che fanno danni, ma hanno fin qui causato poche vittime civili.
In attesa del terzo round a Istanbul di colloqui diretti Ucraina–Russia, lo scambio di prigionieri e di caduti concordato nel secondo round fatica a concretizzarsi: un segnale della diffidenza che persiste fra le parti.
E il segretario generale Nato Marc Rutte prepara il terreno per forti aumenti delle spese militari dei Paesi alleati, dicendo, in un’intervista a Politico: “Ora, la nostra attenzione è tutta puntata sul fianco orientale dell’Alleanza atlantica”: la minaccia di Putin giustifica, agli occhi di Rutte, che si fa portavoce di Trump, un aumento delle spese per la difesa definito “pantagruelico” dall’intervistatore.
Guerre, punto: Striscia di Gaza. tra Greta e Adam, cresce sensibilità internazionale
In Medio Oriente, Israele non allenta la pressione sui palestinesi nella Striscia di Gaza e continua a centellinare gli aiuti umanitari, la cui distribuzione resta caotica e inadeguata.
In questo contesto drammatico, la vicenda, oggettivamente minore, di un’imbarcazione dell’ong Freedom Flotilla diretta a Gaza con viveri e medicinali e abbordata da unità israeliane in acque internazionali, in violazione del diritto del mare, per poi essere scortata in Israele, dove è stata sequestrata, assume grande rilievo mediatico, per la presenza a bordo dell’attivista ambientalista svedese Greta Thunberg. I volontari erano una dozzina, da diversi Paesi: c’era pure l’eurodeputata franco-palestinese Rima Hassan. Otto attivisti, la cui Hassan, rifiutano l’espulsione e sono trattenuti in Israele: non è chiaro quale sarà la loro sorte.
Al ritorno in patria, a chi le chiedeva se avesse avuto paura quando l’imbarcazione dell’ong è stata abbordata, Greta ha risposto: “Ciò di cui ho paura è che la gente rimanga in silenzio mentre si sta compiendo un genocidio”. E, in effetti, la mobilitazione internazionale per quanto avviene a Gaza – un massacro di civili che va avanti da oltre 600 giorni – sta crescendo, come dimostra anche la manifestazione svoltasi a Roma sabato scorso: 300 mila persone a chiedere libertà per la Palestina, senza negare il diritto d’Israele a esistere e senza in alcun modo condonare i crimini terroristici compiuti da Hamas il 7 ottobre 2023 – 1200 le vittime dei raid in territorio israeliano e oltre 250 gli ostaggi presi -.
A proposito di ostaggi, quelli non ancora restituiti alle loro famiglie sono una cinquantina (solo una ventina sarebbero ancora vivi). L’esercito israeliano ha recuperato nei giorni scorsi i corpi di due israelo-americani e di un cittadino thailandese, che in Israele svolgeva lavori agricoli.
Altro segnale dell’accresciuta sensibilità internazionale la decisione di Gran Bretagna e alcuni altri Paesi di colpire con sanzioni due ministri estremisti del governo del premier israeliano Benjamin Netanyahu, colpevoli di avere aizzato violenze contro i palestinesi in CisGiordania. La decisione è stata contestata dagli Stati Uniti come “estremamente inutile”.
In tanta disumanità, uno squarcio di luce e di speranza lo getta la vicenda del piccolo Adam, l’unico dei 10 figli della dottoressa Alaa al-Najaar sopravvissuto al bombardamento israeliano della loro casa, in cui è morto pure il padre, dottore anch’egli. Adam, che è accompagnato dalla mamma, è giunto mercoledì all’aeroporto di Linate e sarà curato al Niguarda di Milano: viaggiava insieme ad altri bambini palestinesi che saranno curati in ospedali della Lombardia e del Piemonte.
Il piccolo ha delle fratture alle braccia e lesioni ai nervi. Il Niguarda si farà carico anche dell’accoglienza dei familiari: oltre alla mamma, una zia paterna e i suoi figli. S’è pure affrontato il problema linguistico: a occuparsi di Adam, ci saranno medici e infermieri d’origine palestinese, che parlano l’arabo.
Guerre, punto: pace, il ruolo di Leone XIV, “creare ponti e occasioni di dialogo”

La pace tra Ucraina e Russia resta lontana, anzi appare più lontana oggi che all’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, quando qualcuno magari s’illudeva che gli atteggiamenti da gradasso del magnate presidente potessero intimorire Volodymyr Zelensky e persuadere Vladimir Putin. Ma, sulla via della pace, c’è un nuovo protagonista: è Robert Francis Prevost, Papa Leone XIV, la cui figura e il cui ruolo emergono nel momento in cui Trump, “frustrato” dai suoi insuccessi, si tira indietro (“Vedetevela voi”, dice a Russia e Ucraina) e lascia che Zelensky e Putin se la sbrighino da soli, a suon di caduti al fronte e morti ammazzati nei raid aerei notturni.
Dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, il 24 febbraio 2022, Papa Francesco aveva cercato e implorato la pace per oltre tre anni, senza mai ottenere un’eco positiva ai suoi appelli e senza conquistare la fiducia né di Zelensky né di Putin, nonostante le missioni di buoni uffici, anche del cardinale Matteo Zuppi. E l’Occidente, sotto la guida di Joe Biden, aveva come obiettivo una pace che fosse una sconfitta per la Russia.
Come Francesco, Papa Leone XIV parla molto di pace e sempre, ma con un‘accezione meno direttamente collegata ai contesti di guerra; e Kiev e Mosca mostrano disponibilità al dialogo (magari solo per gettare fumo negli occhi a Trump). E, inoltre, è in atto una ‘corsa dei leader’ ad ‘appropriarsi’ del nuovo Papa: Donald Trump celebra “il primo papa nord-americano” e manda al suo insediamento il suo vice JD Vance, un cattolico convertito integralista; Zelensky viene di persona all’insediamento e gli telefona; Putin lo chiama, immediatamente dopo l’ennesima inconcludente conversazione con Trump..
Soprattutto il colloquio tra il Pontefice e il presidente russo, una settimana fa, il 4 giugno, sembra avere smosso le acque, nonostante le letture prudenti delle diplomazie vaticana e russa. Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa vaticana, nota che “c’è stata particolare attenzione per la situazione in Ucraina e la pace”: il Papa chiede che la Russia “faccia un gesto” che favorisca la pace e sottolinea l’importanza del dialogo per cercare soluzioni al conflitto.
Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov rileva che Leone XIV e Putin non hanno discusso, “in modo pratico e concreto”, di una soluzione negoziata della guerra ucraina, ma ammette che Putin ha “espresso un alto apprezzamento del contributo del Vaticano alla soluzione di diverse questioni umanitarie” – fra le altre, la questione dei bambini ucraini sottratti alle loro famiglie, gli aiuti ai civili in difficoltà, gli scambi di prigionieri.
L’ambasciata russa presso la Santa Sede dice che la telefonata “è stata ben più di una chiamata di protocollo”: “Speriamo segni un passo verso una soluzione duratura e giusta del conflitto”. Il post su X contiene un riconoscimento al lavoro svolto dal cardinale Zuppi e getta un ponte tra la Santa sede e il Patriarca Kirill, che aveva rapporti contrastati con Papa Francesco, che l’aveva definito “chierichetto di Putin”. Parlando con il presidente russo, il Papa americano avrebbe “ringraziato Kirill per gli auguri ricevuti all’inizio del suo pontificato e sottolineato come i comuni valori cristiani possano essere una luce che aiuti a cercare la pace, difendere la vita e cercare un’autentica libertà religiosa”.
Ancora più positiva la lettura dell’ambasciatore ucraino presso la Santa Sede Andrii Yurash, che strumentalmente vede “le posizioni della Russia indebolite” e “il desiderio di cercare punti di cooperazione e di supporto nuovi”. Per Yukas, Trump vuole indurre Putin ad accettare come luogo per i negoziati il Vaticano”: “Il rifiuto categorico della Russia della Santa Sede come piattaforma per i colloqui non è più così categorico”.
In realtà, non siamo ancora a questo punto: i primi due round di colloqui diretti tra Russia e Ucraina si sono svolti a Istanbul e un terzo è in calendario lì la prossima settimana, sempre sotto l’egida del presidente turco Recep Tayyip Erdogan, che tiene molto al ruolo di mediatore tra Putin e Zelensky. E gli Usa di Trump danno la priorità alle trattative sul nucleare con l’Iran che, nel fine settimana, in Oman, giungeranno al sesto round: evidentemente, percepiscono più possibilità di regolare quel contenzioso che di sbloccare i conflitti in Ucraina o tra Israele e Hamas.
E, dopo la telefonata di Putin a Leone XIV, l’intensità dello scontro tra Russia e Ucraina non è affatto scemata. Anzi, azioni di sabotaggio di Kiev condotte con efficacia sul territorio russo – come l’Operazione Ragnatela, con incursioni di droni ucraini su basi aeree russe lontane migliaia di chilometri dal confine, gli attacchi a treni e il danneggiamento del ponte di Kerch – hanno innescato, per tutta risposta, i bombardamenti più virulenti che mai su città ucraine.
Ma in Vaticano si continua a lavorare per la pace, non solo sul piano umanitario, ma anche perché il dialogo fra le parti acquisti continuità e concretezza, magari in una sede proposta dalla Santa Sede, come più volte offerto dallo stesso Papa. Vanno in questo senso, l’incontro, mercoledì, tra Leone XIV e il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres e le parole dette dal Pontefice a un centinaio di nunzi apostolici riuniti martedì in Vaticano: il loro obiettivo, come quello dell’esperta diplomazia della Santa Sede, è “creare ponti e occasioni di dialogo”.