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MO/Ucraina: la pace che non arriva (e che nessun dei protagonisti delle guerre davvero vuole)

Scritto, in versioni diverse, a partire dal 22/08, per l'apertura de l'antifascista 04/25, per il Corriere di Saluzzo del 28/08/2025 e per Il Mondo Nuovo

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L’estate se n’è andata tra speranze effimere di una pace che non è arrivata, né in Medio Oriente, né in Ucraina: accadeva che, quando l’attenzione diplomatica si concentrava su uno scenario, sull’altro il conflitto cresceva d’intensità; e viceversa. La pace d’agosto s’è rivelata elusiva perché nessuno dei protagonisti l’ha davvero voluta – né la vuole ora -. Salvo il papa: Leone XIV, però, la invoca con le armi della fede e della provvidenza, preghiere e digiuno, che, senza un aiuto dall’alto, che non è arrivato, sono inefficaci.

La pace, non la vogliono di sicuro il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il suo governo condizionato dalla destra ultra-religiosa; ma non la vuole neppure Hamas, che, quando il 7 ottobre 2023 scatenò l’inferno in territorio israeliano, sapeva che cosa la sua gente avrebbe dovuto subire e poteva prevedere che la ritorsione non sarebbe stata un fuoco di paglia, ma avrebbe incendiato tutta la regione e inciso sui rapporti di forza tra Israele e l’Iran, oltre che con Libano e Siria.

Sull’altro fronte, non la vuole il presidente russo Vladimir Putin, che più avanza il conflitto meno concessioni pensa di dovere fare, e non la vuole il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, perché quella che gli si prospetta è ben diversa dalla ‘pace giusta’ predicata senza molto costrutto per quasi tre anni dall’Occidente a guida Joe Biden, ma è una pace che premia l’invasore e mortifica l’invaso; ed è una pace che sostanzialmente lascia l’Europa a margine dei giochi, ‘gregaria’ di Zelensky, ma senza posto al tavolo delle trattative.

Adesso, l’Occidente, ammesso che esista ancora, è guidato da Donald Trump. E questo, sulla via della pace, è un ulteriore ostacolo: perché l’uomo che doveva chiudere le guerre nel giro di 24 ore, appena insediatosi alla Casa Bianca, non ha finora ottenuto nessun risultato e procede a strappi, mostrando tutti i limiti di una diplomazia basata sull’improvvisazione e la prevaricazione. E quando si accorge di girare a vuoto, o semplicemente si annoia di un dossier, si dedica ad altro, lasciando che i protagonisti, sul terreno, facciano carneficine.

Usa: annoiato dagli insuccessi sulla pace, Trump fa il diavolo a quattro all’interno
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L’incontro all’aeroporto della base di Anchiarage tra i presidenti russo Vladimir Putin e Usa Donald Trump (Fonte: WP)

La riprova, l’ennesima, l’abbiamo avuta a fine agosto: Trump è stato spettatore passivo del rilancio dell’offensiva di Israele nella Striscia di Gaza e dello sgretolamento del percorso di negoziato sull’Ucraina ipotizzato dopo il vertice di Ferragosto con Putin ad Anchorage in Alaska. E conserva nei cassetti, dove l’ha scovato il Washington Post, il progetto da imprenditore immobiliare di fare della Striscia di Gaza una riviera e una Silicon Valley mediterranea (ovviamente, senza palestinesi): trasformarla in macerie, come sta facendo l’esercito israeliano, eviterà il lavoro di demolizione, basterà sgomberare e ricostruire.

Per coprire gli smacchi subiti sui fronti internazionali, Trump s’è messo a fare il diavolo a quattro sui fronti interni: ha mandato la guardia nazionale a Washington DC per debellare una criminalità che non c’è; e ha deciso licenziamenti eccellenti, di una governatrice della Federal Reserve, la Fed, la banca centrale degli Stati Uniti, e della direttrice, da lui appena scelta, dell’ente che sovrintende alla salute degli americani, colpevole di non essere abbastanza ‘no vax’ – misure ‘sub iudice’, perché contestate in giustizia -.

Ma il magnate presidente ha pure dovuto incassare battute d’arresto nei tribunali sulla deportazione dei migranti e, soprattutto, sui dazi: tutte questioni su cui dovrà pronunciarsi, in ultima istanza, la Corte Suprema.

Cina e Russia lavorano a un ordine internazionale alternativo
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Il vertice della Sco a Tianjin (Fonte: Treccani)

Ma mentre Trump si trastulla provando a fare tutti i ruoli in commedia sul palcoscenico americano, essere presidente, governatore, sindaco, sceriffo, banchiere e amministratore delegato, Cina e Russia portano avanti la costruzione di un ordine internazionale alternativo a quello a traino Usa minato dallo stesso Trump con il manifesto disprezzo per la diplomazia multilaterale, Onu, G7, Nato o Ue che sia, e per i valori occidentali, a partire dal rispetto del diritto e dei diritti.

Il vertice a Tianjin dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai non va sopravvalutato, perché la Sco, come i Brics, manca di coesione e di strutture. Ma non va neppure sottovalutato, come contrappeso a quello che una volta era l’Occidente: lì c’è quasi la metà del Mondo – Cina e Russia, ma anche India, Iran, Turchia e una ventina d’altri – e circa un terzo del Pil planetario; e ci sono rappresentanti di numerose organizzazioni internazionali, fra cui il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres.

L’incontro si svolge in un momento in cui le turbolenti politiche commerciali statunitensi mettono nel mirino diversi Paesi del Sud globale, spingendo, ad esempio, storici rivali, come Cina e India, alla cooperazione. Il presidente cinese Xi Jinping, parlando in apertura dei lavori, ha auspicato che “la Sco faccia ulteriori progressi e contribuisca a rafforzare unità e cooperazione tra i suoi membri, promuovendo la convergenza del Sud globale e un maggiore progresso della civiltà umana”.  Xi ha anche sostenuto che la Sco “sta assumendosi maggiori responsabilità per salvaguardare la pace e la stabilità regionale e per promuovere lo sviluppo in un mondo di crescenti incertezze e cambiamenti accelerati”.

L’Europa: la tattica dell’adulazione non emancipa da Trump

E l’Europa, in tutto ciò? Sull’Ucraina, è praticamente compatta nel sostegno a Kiev e nelle riserve verso Mosca. Sul Medio Oriente, Gran Bretagna e Francia, come Canada e Australia, pensano che Israele abbia passato il segno e hanno deciso di fare a settembre il gesto di riconoscere la Palestina come Stato, ma altri Paesi, come l’Italia e la Germania, che tentenna, non sono pronti a sanzionare Netanyahu.

Per l’Ue, valgono le parole – al Meeting di Rimini – dall’ex premier ed ex presidente della Bce Mario Draghi: “Per anni, l’Ue ha creduto che la dimensione economica, con 450 milioni di consumatori, portasse con sé potere geopolitico e nelle relazioni commerciali internazionali. Quest’anno sarà ricordato come l’anno in cui questa illusione è evaporata… Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi imposti dagli Stati Uniti, il nostro più grande partner commerciale e alleato d’antica data. Siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, una decisione che forse avremmo comunque dovuto prendere, ma presa in forme e modi che probabilmente non riflettono l’interesse dell’Europa”.

Neppure la Cina, non solo l’America del bilioso Trump, tratta noi europei da partner alla pari: Pechino – nota Draghi – “usa il suo controllo nel campo delle terre rare e rende la nostra dipendenza sempre più vincolante”.

In questa estate, s’è visto che tutti hanno ormai imparato come gestire Trump per evitare di litigarci e di esserne aggrediti: basta lusingarlo, fargli complimenti esagerati e assecondare la sua ossessione di vincere il Nobel per la Pace. Ma c’è una differenza sostanziale tra come i leader europei e gli altri interpretano la diplomazia dell’adulazione nei confronti di Trump: gli europei, oltre che riempirlo d’elogi, fanno poi tutto quello che il magnate presidente vuole, che sia spendere per gli armamenti, subire dazi o comprare armi dagli Usa per cederle all’Ucraina. Putin, invece, riesce a fargli fare quello che lui vuole; Netanyahu gli fa vistare tutte le sue decisioni; e Xi tira dritto per la sua strada.

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Giampiero Gramaglia, nato a Saluzzo (Cn) nel 1950, è un noto giornalista italiano. Svolge questa professione dal 1972, ha lavorato all'ANSA per ben trent'anni e attualmente continua a scrivere articoli per diverse testate giornalistiche.Puoi rimanere connesso con Giampiero Gramaglia su Twitter

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